- Germanico de' Mosconi - voce
Guests:
- sono troppi, ma segnaliamo il mona che sbatte la porta fra tutti
I. Poffare, forse che mi altero? Se avrò l'onore di trovar il fellone che offese il buon nome della santa vergine lo indicherò all'inquisizione
II. Santissimo Dio, se osate appropinquarvi ulteriormente a me la folgore divina vi punirà per la vostra blasfema irrispettosità
III. Qual fellone chiude il portale proclamando esternazioni sgradite ad alta voce?
IV. In vino veritas, in scarpe Adidas, in shampoo Badedas, in elfo Legolas, in gomme Morositas
V. Per vendetta
VI. Privo di maiuscola lettera et signi de punteggiatura nos rendiamo gratia a nostro signore
VII. In magnificentissima gratia de' Dio santissimo onnipotente noi laudiamo la vettura unica santa et apostolica di Niki Lauda il Santo, amen
VIII. Da mihi sis bubulae frustrum assae, solana tuberosa in modo gallico fricta, ac quassum lactatum coagulatum crassum
IX. "Mellita, domi adsum." "O! Plus! Perge! Aio! Hui! Hem!"
X. Quod licet bovi, non licet Bon Jovi
XI. Aio, Consociatio Pediludica Internationalis Mediolanensis est truffaldina ac asinina, tam quam Senex domina (non male cogitate, non sumus societatis malefici nani)
XII. Se non lodo nostro signore, mira...
Deus Bubus
Nota: recensione pubblicata per la vetrina laterale in data 01-04-2010, ora archiviata.
Mirate, lettori, tal classico che vi approcciamo di informarvi, perché scritto fu da monsignor Germanico de' Mosconi, primo esponente del Christian metal della scuola veronese nonché eccelso chitarrista dal sublime estro.
Fatto fu a non suonare come musica da bruti, ma per seguire la strada della virtù e per punire l'oscena irriverenza di chi nomina divinità associandole a specie animali, solitamente suini e canidi. Vi parlo ora di Deus Bubus, registrato sotto l'egida del cardinale illustrissimo Matthew River e di un antenato dei fratelli Leto (quelli dei 30 Seconds to Mars per intenderci), e, non ci sia stupore nel dirlo, della sua musica celestiale.
Io vi annuncio in verità che questo disco anticipa le soluzioni progressive dei Dream Theater, il black jazzato di Ligabue e nessuno dei due.
Se dal punto di vista degli arrangiamenti e delle composizioni, ricercatissime e innovative, monsignor Germano mostra un'enorme maturazione stilistica rispetto ai primi demo (pur mantenendo qualche tratto di normale folk sbeffeggiatore in alcuni punti), da quello vocale non è da meno, con una voce sempre più onirica e sacrale nella sua interpretazione, ipnotica quanto suggestiva, perfettamente espressiva per gli scenari multiformi dipindi dal disco e per la sua anima spirituale universale.
La matrice metal di base rimane una costante imprescindibile. Le radici della musica di monsignor Germanico affondano nel territorio norvegese degli anni '90, in piena epoca black metal, sotto la seminale eredità di gruppi che spinsero ai loro limiti quella musica tanto angosciante. Se poi si considera che questi gruppi dovevano ancora nascere, è chiara la genialità di monsignor Germano, anticipatore dei suoi ispiratori.
Ma Deus Bubus va oltre ciò, è un'opera profondamente intellettuale, abbracciante una dimensione mistica e spirituale mediata tramite canti religiosi medievali, ambient semi-orchestrale/etnico, sepolcralismo che si ricollega a Nico ed un approccio etereo influenzato dal dream pop dei Cocteau Twins (quindi sempre facendosi influenzare prima ancora che le influenze arrivassero). Ciò finisce per sfociare in un black metal cristiano assolutamente atmosferico e avvolgente.
La profonda devozione religiosa e il teatrale senso mistico si smorzano nel finale dell'album, dove tutto inizia ad assumere toni folkloristici un po' scanzonati e ritmati, ma con l'ultimo brano avviene il canto del cigno del disco che presenta così la sua perla più risplendente in cui confluiscono stratificazioni vocali liturgiche, sfuriate arcigne black metal contaminate con distensioni fumose e struggenti, cori da osteria e epiche grida a suon di "oooooh".
Un capolavoro senz'eguali.