- Corb – Chitarra, Voce
- Spin – Chitarra
- Gădineţ – Basso
- Inia Dinia – Tastiera
- Ageru Pămîntului – Voce, Percussione, Xylofono, Flauto di Pan
- Negru – Batteria, Percussioni
1) Pămînt
2) Dacia Hiperboreană
3) Umbra
4) Ochiul Inimii
5) Chei de Rouă
6) Tara de dincolo de Negură
7) Jar
8) Arborele lumii
9) întoarcerea amurgului
Vîrstele Pămîntului
Nuovo album per i Negură Bunget, la cui situazione attuale è figlia di un un buon numero di vicissitudini che meritano d'essere riportate per meglio inquadrare il disco in questione.
Dopo la pubblicazione del criticamente acclamato “Om” (Code666, 2006), il gruppo ha firmato un accordo con l'etichetta tedesca Lupus Lounge per la ristampa di alcuni suoi vecchi lavori e la ri-registrazione di un loro vecchio album, “Măiastru Sfetnic” (Bestial Records, 2000). Quel lavoro, ora rinominato “Măiestrit” (Lupus Lounge, 2010, ma preparato nel corso del 2009) e prossimo all'uscita, rappresenta l'ultimo lascito della vecchia (originaria) incarnazione del gruppo.
Proprio così, perché nel frattempo (primavera 2009) la formazione classica dei Negură s'è divisa in due tronconi come conseguenza di inconciliabili differenze artistiche tra i tre membri storici del gruppo: in seguito allo split i chitarristi Spurcatu e Hupogrammos fondano una nuova band, i Dordeduh, mentre il batterista Negru porta avanti il nome Negură Bunget ricreando attorno a sé una line-up completamente rinnovata, composta da ben sei elementi, di cui un paio già da tempo nel giro della band in qualità di live-members.
“Vîrstele Pămîntului” (Le Ere della Terra) è appunto il primo prodotto di questa nuovissima formazione guidata da Negru, che mantiene le coordinate stilistiche del vecchio moniker ma contemporaneamente modifica, com'è fisiologico che sia, alcuni dettagli del suono Negura.
In linea di massima comunque le nove tracce del platter si muovono su territori ben noti a chi segue la band rumena, non ci sono stati cambiamenti nelle linee-guida del sound che ha sempre contraddistinto il progetto: abbiamo quindi un Black Metal molto personale, con tante influenze mutuate dal Folk autoctono e un ricco sostegno di tastiere magniloquenti, alternanza di voce pulita e scream ferale (tutto sommato non diversissimo dal timbro di Hupogrammos) e composizioni articolate e molto ricche di particolari.
In generale “Vîrstele Pămîntului” risulta leggermente meno sperimentale e ardito di episodi come “Om” o “Inarborat Kosmos” (oppure sarà, forse, l'aver fatto l'abitudine alla loro originalità?) ma la cosa finisce per far parte di un trade-off comunque positivo in termini compositivi, in quanto il gruppo riesce a focalizzare meglio lo sviluppo dei brani, che risultano più concisi e orientati alla forma canzone rispetto a quanto succedeva nelle prime prove del gruppo (si pensi alle lunghissime, e talvolta dispersive, suite da un quarto d'ora ciascuna di “'N Crugu Bradului” del 2002). I pezzi riescono così ad assumere un'identità più marcata, ed è diminuita l'impressione che il singolo brano sia “solo” un tassello di un puzzle generale, a differenza di quanto accadeva nell'ultimo “Om”, un disco molto più denso, profondo e mistico, ma anche molto più complesso da approcciare. L'album rimane comunque particolareggiato e raffinato, come da tradizione Negură Bunget, con alcuni segmenti puramente atmosferici ed onirici (“Jar”) o percussivi (“Umbra”) che fungono da transizione tra i brani più estremi.
A livello di suono, una delle novità che si nota per prima è un diverso modo di utilizzare le chitarre, spesso “alte” e incredibilmente squillanti nei loro tremolo-riff (“Tara de dincolo de Negură”, “Arborele lumii”) che talvolta arrivano perfino a duettare con la voce (“Chei de Rouă”) in vorticose accelerazioni, mentre la chitarra ritmica e il basso lavorano nell'oscurità, sullo sfondo. L'effetto è di una minore stratificazione e di una minore viscosità del suono (cose che rendevano “Om” un disco alquanto misterioso e impenetrabile) e di una maggiore vivacità e luminosità dei brani.
Altra caratteristica molto frequente è la scelta di far spesso accompagnare i riff elettrici da rapide pennate acustiche: una caratteristica che viene poi sviluppata in uno dei pezzi più interessanti dell'album, la traccia finale, “întoarcerea amurgului”, in cui a un tappeto di tastiere, flauti, corni e voci non fa da scheletro una chitarra elettrica, bensì solo la chitarra acustica, ma utilizzata con l'impeto e l'aggressività che solitamente si associa al suono della sua controparte elettrica. Il risultato è l'ascolto di un brano di Black Metal “acustico”, che incredibilmente ha ben poco ha da invidiare in termini di oscurità ed efficacia agli altri brani della tracklist.
Tirando le somme, “Vîrstele Pămîntului” forse non arriva a superare il livello sontuoso del capolavoro “Om” (arrivandoci comunque di certo non lontano), ma indubbiamente mostra una band in piena salute e voglia di fare e contemporaneamente ben conscia della propria storia e tradizione. Nessun grosso strappo col passato nonostante l'abbandono di due terzi della line-up originaria e nessun calo di qualità nella composizione, ma un disco dalla fattura assolutamente pregevole e caratterizzato dalla stessa qualità che abbiamo imparato ad associare al moniker Negură Bunget.
Un must per gli amanti del Black Metal più pregiato e ricercato.