Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Enemieslist
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Dan Barret, Tim Macuga - voce, programming, basso, chitarra

Tracklist: 

1. Wizard of the Black Hundreds
2. Woe Unto Us
3. The Parhelic Circle
4. The Icon and the Axe

Have a Nice Life

Time of Land

Oramai, dopo la monumentale uscita di Deathconsciousness (già due anni sono passati da quel capolavoro), ogni lavoro degli Have a Nice Life viene atteso - essenzialmente dagli appassionati più sfegatati - in maniera quasi viscerale: quello di Dan Barret e Tim Macuga è in fondo diventato un vero e proprio fenomeno, un culto underground fortemente separato dai riflettori del mercato musicale 'di superficie' e che ogni anno continua a fare sempre più adepti.
Il problema è che - dopo il doppio Ep Voids dell'anno scorso - il progetto statunitense tradisce per la seconda volta (in termini di piattaforma, non di qualità) le aspettative dei propri fan, rinunciando nuovamente alla realizzazione di un full-lenght e concentrandosi piuttosto su un altro Ep. Time of Land prende vita nei primi mesi del 2010 e viene completato con grande velocità da parte dei due musicisti americani, capovolgendo di conseguenza quella situazione di lento e interminabile processo creativo in cui era avvolto Deathconsciousness.

A formare la struttura dell'Ep vi sono sole quattro tracce inedite (una in meno rispetto al precedente lavoro) che fungono da collante e da completamento per le atmosfere e le soluzioni messe in mostra da Barret e Macuga nelle prime due pubblicazioni. Se infatti Voids (ovviamente si intende il suo secondo "capitolo" di inediti What Happened Next Was Worse) di Deathconsciousness riprendeva essenzialmente lo spirito dark/post-punk, fatto di batterie pulsanti, atmosfere tese e chitarre distorte, Time of Land approfondisce al contrario il lato più sotterraneo e 'mistico' degli Have a Nice Life, immergendosi quasi completamente in un corposo mare drone-ambient. Wizard of the Black Hundreds mette da subito in luce questo taglio meno rock, dilatandosi in tutti i suoi otto minuti in un'ipnotica e sommessa marcia di atmosfere sottilissime (la lenta apertura ambientale) e droni avvolgenti, seppur tutt'altro che innovativi e originali rispetto a quanto già fatto vedere dal duo statunitense. Alla stessa maniera, la terza The Parhelic Circle rifiuta nuovamente le scorribande post-punk del passato e si concentra in un inquietante rituale ambientale, molto influenzato dalle suggestioni sotterranee e dall'atmosfera gelida del sound dei Labradford. A riportare indietro la mente verso il cuore maggiormente dark wave di Deathconsciousness e Voids è invece Woe Unto Us, episodio sicuramente trascurabile per via della sua eccessiva somiglianza con le creazioni del precedente Ep, del quale riprende in maniera palese l'impostazione strumentale e anche vocale. Discorso simile va fatto infine anche per la conclusiva The Icon and the Axe, in cui il sound post-punk viene però maggiormente rallentato e dilatato, oltre che arricchito da un'atmosfera molto più onirica e meno ruvida.

In definitiva Time of Land, proprio a causa dei pochi stimoli che vi sono alla base, va visto come un'uscita tutt'altro che necessaria, come un lavoro del quale si poteva fare tranquillamente a meno ma che, probabilmente, gli Have a Nice Life hanno voluto portare a termine per mantenere viva l'attenzione dei fan nei loro confronti, visto che oramai l'attesa per il nuovo full-lenght sta diventando quasi spossante. Insomma, interessante per gli ascoltatori più accaniti, trascurabile per tutti gli altri.
 

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