- Christian Bartolacci - Voce
- Marco Vitali - Chitarra
- Simone Mogetta - Chitarra
- Leonardo Ciccarelli - Basso
- Alessandro Morroni – Batteria
1. Red 03:33
2. I’m Not Sorry 04:05
3. Ibrido 04:07
4. Alone In The Wind 06:15
5. Jenny 03:42
6. Night Falling 03:43
7. Night Of Crow 04:54
8. Page 26 06:09
9. Lady Of Darkness 13:42
Ibridoma
Ma quanto sono bravi questi Ibridoma?! L’avevo già detto in occasione della mia recensione di Page 26, il demo del 2008 e lo riconfermo ora alla luce del loro debutto ufficiale in forma di full-length. L’omonimo album si avvale finalmente di una registrazione all’altezza e la SG Records ha visto bene ancora una volta, producendo questo ottimo lavoro che come al solito accosta il classico heavy metal dei nostri musicisti a quelle tinte dark che solo loro riescono a creare. Questi influssi darkeggianti, complici l’atmosfera e la struttura delle canzoni che non si lanciano mai su tempi veloci, ammanta le canzoni in modo incredibile e le melodie che qui potete trovare non si lasciano mai andare a tentazioni commerciali. Esse, invece, danno quel tocco oscuro e a volte malinconico alla struttura della canzone, denotando un ottimo livello di songwriting ed una maturità invidiabile.
Bene, dopo avere praticamente anticipato tutte le mie emozioni all’inizio della mia recensione, lasciandone ben poche per il termine, addentriamoci in questo nuovo album per carpirne ogni particolare. L’apertura è affidata ad una delle tracce più dinamiche del disco, ovvero Red. L’ossessiva marcia della batteria sostiene ottimi riffs groove con sporadiche entrare delle linee soliste a sostenere partiture arrembanti e veramente catchy. I riferimenti ai primi Iron Maiden sono evidenti ma anche questa impronta oscura è degna dei migliori Mercyful Fate. Lo stampo più marcatamente hard rock esce con la catchy I’m Not Sorry, praticamente un clone del classico heavy metal che spopolava in Italia negli anni 80 tra Vanexa, Crying Steel e X-Hero. Il timbro acuto ma mai eccesivo del singer Christian si amalgama alla perfezione ed ancora una volta, in occasione della partitura solista dal tocco epico, i riferimenti alla Vergine d’Acciaio sono più che evidenti, pur mantenendo uno stile personale all’interno della composizione. A dir poco magnifica ed inebriante la malinconica Ibrido, dal tocco così decadente ma allo stesso tempo deciso. Finale da pianti con il primo testo in italiano di quest’album.
La lunga Alone in the Wind, se per alcuni versi si distingue per il riffing roccioso su tempi medi, é anche vero che si possono trovare elementi più melodici come il coro di un refrain da brividi per carica emotiva. Ottima la sezione centrale con un assolo che ne riprende la trama melodica e l’amplifica attraverso note prolungate ed evocative a gettare forti tinte dark sulla composizione. La ballad Jenny entra all’improvviso proprio dove le note malinconiche della canzone che la precedeva stavano finendo, continuandone l’intento di farci riflettere ed emozionare. Eccelsa nella sua semplicità, questa canzone mette anche la voce in rilievo quando la seguente Night Falling pone l’accento sul riffing metallico. Pur essendo di buon fattura, questa canzone non mostra idee esaltanti, complice anche una posizione su disco non felice, dopo una doppietta da urlo. Sempre buono il refrain ma per esempio una più particolare Night of Crow si fa notare maggiormente. La struttura non muta molto rispetto ai canoni Ibridoma tuttavia il riffing si fa sovente più cupo e penetrante. Page 26 è ripresa dall’omonimo demo ma grazie ad una registrazione più potente, i suoni si sono fatti più profondi senza che la classica atmosfera delle tastiere in sottofondo venga meno.
Come ultima canzone troviamo il secondo tributo al passato stesso della band con il rifacimento di Lady of Darkness, tratta dall’omonimo demo del 2005. Di lunga durata, la canzone è una specie di summa degli elementi che caratterizzano il sound dei nostri musicisti. L’inizio è in forma di ballad dal chiaro sapore drammatico e romantico allo stesso tempo. Le tastiere conferiscono al sound un tocco decisamente decadente, anche quando la distorsione degli strumenti si fa più evidente. Le varie cadute nel sinfonico sono a dir poco emozionanti, col basso ad accompagnare a braccetto con gli arpeggi. Il lento svanire degli strumenti preannuncia una traccia fantasma alla fine del disco, cantata in italiano e con un chitarra acustica come solo accompagnamento a termine di un viaggio veramente emozionante ad opera di un band che farà strada. Almeno, è ciò che mi auguro.