- Janto Garmanslund - voce, basso, tastiera
- Jørn Inge Tunsberg - chitarra, tastiera
- Wilhelm Nagel - chitarra
- Remi Andersen - batteria
1. Pagan Triumph (03:43)
2. Hecate (Queen of Hades) (04:07)
3. The Ecstacy of an Astral Journey (06:39)
4. An Oath Sworn in Bjorgvin (04:54)
5. ...Again Shall Be (04:44)
6. The Spirit of an Ancient Past (06:09)
7. Unholy Congregation (05:20)
8. Glorious Again the Northland Shall Become (06:53)
9. Be-Witched (06:15)
10. In the Moonless Sky (05:03)
...Again Shall Be
Una band che ha sempre vissuto ai margini della scena, sfornando due capolavori di Viking black metal. Questa è l’unica possibile definizione che si può dare ai grandi Hades da Bergen, da non confondere con l’omonima band power/thrash anni 80 dagli Stati Uniti. Siamo agli inizi degli anni 90 quando Jørn Inge Tunsberg, già membro degli Amputation e Old Funeral, ovvero due importantissime realtà di culto nella scena death norvegese di fine anni 80, decise di staccarsi per formare una propria band. Allora alcune realtà si stavano formando proprio dallo scioglimento di queste due band madri, basti pensare agli Immortal e ai Satanel, oltre alla creazione del progetto personale Burzum ad opera di un allora dittatoriale Varg Vikernes. Tutte queste nuove band si buttarono a capofitto in una nuova forma di metal che stava esplodendo nella penisola Scandinava, il black metal. I precursori furono i Mayhem (seppur ancora molto grezzi), i Darkthrone e i Bathory, che allora mostravano già alcune inflessioni epiche/melodiche, presto ribattezzate con l’etichetta “Viking”. Ed è proprio da qui che i nostri giovani Hades vollero cominciare. Mischiare le radice black metal con sprazzi di epicità in forma musicale.
Alone Walkyng fu il loro primo demo in cassetta ma ben presto la statunitense Full Moon decise di produrre il loro album di debutto, ...Again Shall Be, registrato ai Grieghallen e limitato a mille copie. Ben presto quest’album divenne un culto nella scena. La perizia della band nel ricreare atmosfere oscure ed epiche senza appoggiarsi a strumenti a fiato o sbrodolamenti di tastiera stava a significare quanto i membri coinvolti nel progetto tenessero a non perdere mai di vista la loro anima che ardeva per il black metal. Per essere più precisi e chiari, qui non troverete melodie alla Falkenbach o inflessioni fin troppo pacchiane delle ultime uscite discografiche del genere. Tutto è strettamente legato all’oscurità di un black metal mai veloce, che mostra chiare inflessioni doomeggianti stile Samael dei primi tempi, alle quali si va ad unire il tocco epico di alcune sezioni di chitarra acustica arpeggiata o semplici, brevi sottofondi di tastiera. La voce è uno scream acido, demoniaco che a volte si miscela a sporadici cori vichinghi che donano un tocco epico sempre raggelante. Come detto in precedenza, nulla è votato a ricreare atmosfere festaiole o pacchiane.
La strumentale Pagan Triumph mette subito le cose in chiaro e ci mostra tutta la versatilità epica che gli Hades riescono a sprigionare. Rulli di tamburi, atmosfera catacombale, tempi medi e intreccio vocale da brividi a sostenere le chitarre in arpeggio su tonalità distorta. Hecate (Queen of Hades) ci introduce invece nella parte black metal del gruppo con lo scream che appare per la prima volta e i riffs decisamente più grezzi, supportati sempre da tempi mai velocissimi. Non troverete up tempo o blast beats tra le canzoni degli Hades, ma al massimo parti di abbastanza veloci doppia cassa. Tuttavia, proprio quando non te lo aspetti ecco che la band inserisce nella struttura della canzone un semplice riffs che non ti si scolla più dalla testa perché, anche se composto da due note, esso risulta facilmente memorizzabile. Nulla è importante come la sensazione di questa oscura epicità che la band vuole farci provare. La velocità e l’aggressività sono semplici riempitivi che la band decide di non aggiungere, giustamente, perché fuori luogo in uno stile che vive di momenti rallentati. Memorabili gli stacchi di chitarra pulita in The Ecstacy of an Astral Journey o nella magnifica, emblematica Glorious Again the Northland Shall Become. Piccoli gioielli di stile in questo genere musicale.
Come dimenticare e non farsi catturare dal riffing melodico ma sempre grezzo di An Oath Sworn in Bjorgvin che trasuda di polvere, di tempo, di antico, di albori del genere oppure come rimanere impassibili di fronte all’oscura marcia epica della title track. Non ci sono parole per spiegare le emozioni che gli Hades riescono a trasmettere con semplici accordi e combinazioni. Strutture semplici, lineari, oscure ed incredibilmente evocative. Se volete ascoltare una canzone con chiare inflessioni death nel riffing, vi propongo The Spirit of an Ancient Past la quale racchiude in sé alcune sorprese come sporadiche uscite di tastiera e di linee soliste, di uno stridulo e freddo come solo il vento che soffia in Norvegia, prontamente ripreso dalla finale, acustica In the Moonless Sky; sigillo di un album di grande importanza nel panorama oltre che composto da ottima musica. Difficilmente troverete in giro un album che sappia miscelare così sapientemente e bilanciare in modo sopraffino diverse influenze del passato con alcune dell’allora presente. Gli Hades successivamente si sapranno ripetere sugli stessi livelli col magnifico e sempre misconosciuto The Dawn of the Dying Sun confermando che gran parte della storia del Viking black metal passa da loro, dalle loro note e dalle loro idee.