- Charlotte Gainsbourg - voce
- Beck - musiche e arrangiamenti
1. Master's Hands
2. IRM
3. Le Chat Du Café Des Artistes
4. In The End
5. Heaven Can Wait
6. Me and Jane Doe
7. Vanities
8. Time Of The Assassins
9. Trick Pony
10. Greenwich Mean Time
11. Dandelion
12. Voyage
13. La Collectionneuse
14. Looking Glass Blues (Digital Edition's Bonus Track)
IRM
Quando personalità provenienti da differenti sponde artistiche (arte, cinema, teatro, giornalismo, letteratura) si avvicinano alla musica, attorno si viene sempre a creare un'aura di enormi aspettative e curiosità. Discorso che però perderebbe d'importanza nel caso in cui al centro delle nostre discussioni ci fosse Charlotte Gainsbourg, figlia d'arte di Serge e della splendida attrice/cantante Jane Birkin: perderebbe d'importanza non per il poco peso ricoperto dalla bella Charlotte, quanto più che altro per il fatto che la sua carriera musicale è ormai bella che inoltrata, con già tre dischi all'attivo ed una notorietà che, di questo passo, raggiungerà prima o poi quella in campo cinematografico. In poche parole, Charlotte Gainsbourg deve essere considerata come una vera e propria cantautrice e non più come una semplice attrice venduta alla musica per semplici fini commerciali. Questa doppia carriera della franco-inglese, iniziata nel 1986 con lo sfortunatissimo Charlotte for Ever, ritrova tra 2009 e 2010 un nuovo e inaspettatamente brillante corso: IRM (titolo che sta per Imagerie par Resonnance Magnétique, parole strettamente legate ad un incidente subito nel 2007 dalla Gainsbourg) viene terminato e distribuito in Belgio, Francia, Svizzera e Canada nel Dicembre dello scorso anno, per approdare infine in USA e Gran Bretagna tra 25 e 26 Gennaio 2010.
Così la Gainsbourg, a più di tre anni di distanza da quel 5:55 che per la prima volta ci aveva dato una testimonianza 'seria', elegante e non infantile della sua passione musicale, torna con un disco stranamente bello e affascinante, di gran lunga superiore a tutto ciò che è stato da lei in precedenza pubblicato. Se in 5:55 l'artista francese poteva contare sul fenomenale appoggio degli Air, di Neil Hannon dei Divine Comedy e Jarvis Cocker dei Pulp (portando di conseguenza a termine un prodotto molto dandy e tipicamente transalpino), in IRM la Gainsbourg è letteralmente tenuta in braccio dal genietto Beck, qui in veste di produttore, compositore e strumentista in quasi tutte le tracce dell'album. Il problema fondamentale è questo, ovvero se considerare IRM come un album della Gainsbourg o come un'opera beckiana in tutto e per tutto.
In ogni caso, se il disco piace ed emoziona il merito va attribuito ad entrambi: è di Beck per gli arrangiamenti sensazionali, per il tocco strumentale ricercato e per le melodie d'altri tempi qui create, ed è della Gainsbourg per tutti quei cullanti giochi vocali e quelle atmosfere sognanti che avvolgono per tutta la durata dell'album. In poche parole, l'alchimia tra i due artisti è solida e funziona in maniera quasi perfetta, donando all'ascoltatore un prodotto ben fatto e affascinante. Catalogare IRM come semplice 'Pop' sarebbe insomma riduttivo per il grande collage di suggestioni esotiche (il tribalismo percussivo di Voyage), ritorni al passato (il blues con archi di Dandelion), reminiscenze beckiane (le più toste atmosfere di Trick Pony e della bonus track Looking Glass Blues) raffinati 'francesismi' e profonde orme cantautorali che il disco elegantemente sciorina nei suoi tredici brani. La partenza è straordinaria grazie al perentorio susseguirsi di alcuni tra i migliori episodi dell'album, ovvero Master's Hands e i suoi emozionanti fraseggi strumentali, l'ipnosi dell'omonima IRM (che nel suo collage di percussioni e suoni sintetici va ricreare in musica la risonanza magnetica che dà titolo al lavoro), i toni più cupi e leggiadri di Le Chat Du Café Des Artistes e il toccante carillon di In the End. Una serie di piccoli gioielli spezzata solo dalla più banale ed eccessivamente beckiana Heaven Can Wait ma pronta a riprendere il proprio corso col toccante intimismo della splenida Vanities, probabilmente l'episodio più intenso e intriso di malinconia dell'intero album. Poetico, raffinato ma altrettanto semplice ed accessibile, IRM - escludendo la sola Greenwich Mean Time, irritante e per nulla emozionante - non sbaglia un colpo e, senza la minima fatica, si svela ed evoca lentamente tutti i suoi fascinosi particolari, lasciando all'ascoltatore perle rarissime di soavi veli strumentali e toccanti trame melodiche (la delicata La Collectionneuse e il morbido refrain di Time of the Assassins).
Insomma, Charlotte Gainsbourg e Beck hanno fatto centro, in maniera decisamente più incisiva rispetto a quanto fatto vedere dall'artista francese e dai suoi dandy-collaboratori nel 2006 con 5:55. IRM risolleva così in un colpo solo la carriera solista della Gainsbourg (che sembrava destinata ad un ulteriore fallimento) e quella di Beck - uscito decisamente malconcio dalle ultime pubblicazioni The Information (2006) e Modern Guilt (2008) - dimostrandosi un disco maturo, efficace ed emozionante, oltre che lontano da qualsiasi giochino puramente commerciale e integro nella sua posizione concettuale e artistica.