- Kelly Gray - voce
- Leslie - guitarSlimmy Lizard - chitarra
- Pink - basso
- Jon the Orco - batteria
1. Confused
2. Dr. Jeckyll and mr Heyde
3. Down to the stoned house
4. I'm gonna pray
5. Time
Roots
I Guns'n'Roses italiani. Già, fu proprio con questo appellativo alquanto oneroso che l'allora intraprendente One Way Records volle lanciare sul mercato discografico i new comer Gran'Ma Monkey, band proveniente dal sud dello stivale, precisamente da Cosenza, sconosciuta ai più, ma che vedeva militare fra le sue file l'acclamato singer Kelly Gray, autentico girovago della scena hard rock italiana, con un passato speso fra Nasty Licks e Laroxx, band con la quale era riuscito ad approdare addirittura in territorio americano, riuscendo a pubblicare pure un unico disco su cassetta, e ad esibirsi nei migliori locali del Sunset Strip, fra i quali il celebre Troubadour.
E a pensarci bene, la definizione di nuovi "gunners" si addiceva molto alla street gang tricolore, infatti come i loro idoli americani, anche i cinque musicisti di casa nostra riuscivano ad amalgamare le più disparate influenze musicali in un unico contesto sonoro, riuscendo nel non facile compito di far convivere la rabbia e l'irriverenza di un certo punk inglese, l'hard rock mainstream tipico di band di una certa levatura internazionale come Led Zeppelin, Aereosmith e Rolling Stones, con l'amore incondizionato per il blues più sporco e fumoso, il tutto naturalmente riletto in una chiave abbastanza personale, per un cocktail sonoro finale ad alta gradazione alcolica davvero inebriante.
Gran parte del merito di questo melange sonoro abbastanza ibrido, ma al contempo dannatamente affascinante, lo si doveva attribuire alla caparbietà stilistica di due chitarristi della band, vale a dire l'ottimo chitarrista ritmico Leslie ed il solista Slimmy Lizard, che si sapevano completare a vicenda e che, il più delle volte, riuscivano a dettare il tempo al resto della band completata dall'ottima sezione ritmica formata dal bassista Pink e dal futuro Glacial Fear Jon the Orco on the drums.
In un contesto sonoro davvero di ampio respiro, la parte da leone naturalmente se la ritagliava il buon Kelly Gray che, con un'interpretazione molto sentita, consunta ad un'attitudine vocale molto Axel Rose dipendente, riusciva a marchiare a fuoco ogni singola traccia, e a fornire ottime performance canore come nel caso della reprise, totalmente a cappella, del classico di Janis Joplin Mercedes Benz davvero da brividi.
Comunque, è bene ribadire che sono sempre e comunque i brani più frontali ad infondere le sensazioni/emozioni più forti grazie a sapienti commistioni fra generi che disegano un vero e proprio "crossover", inteso come incrocio di diversi stili musicali, a volte davvero claustrofoico e tirato come nel caso dell'opener Confused, che si divide fra accellerazioni street/punk, sapienti divagazioni blues, grazie all'armonica dell'ospite Antonello Iuliano, ed armonizzazioni più velatamente hard rock che non possono non rimandare la memoria alla celebre Welcome to the Jungle di chi sapete voi, a dimostrazione che non bisognava per forza vivere nei sobborghi delle grosse città americane per descrivere a fondo l'insofferenza giovanile dell'epoca. La seguente Dr. Jeckyll and mr Heyde ci concede in parte un'attimo di respiro grazie al suo incedere hard'n'roll fra partiture più glamour e forti richiami al rock di matrice seventies style, mentre Down to the stoned house si ripropone nuovamente come ottimo crocivia di ritmi incalzanti di derivazione street/rock, filtrate da una componente hard rock che risulta il giusto viatico fra gli Slade più lisergici ed i T Rex più monumentali, mentre se I'm gonna pray è una semi ballad dall'incedere molto bluesy, Time, che comunque chiude il lavoro alla grande, è il giusto tributo dei Gran'Ma Monkey alle proprie radici tanto declamate dal titolo dell'album nonchè ai maestri Roling Stones.
Nonostante le buone promesse, ed un contratto di management con la Genious and Monroe all'epoca attiva su più fronti, le difficoltà che affliggevano i nostri erano tante, posizione geografica, scarsa reperibilità del prodotto e scarso interesse dei kids nostrani attratti dall'alternative che, nel 1995 anno di uscita del mini qui recensito, stva prendendo sempre più piede, portarono la band verso uno split prematuro e inaspettato.
Il buon Kelly Gray, che nel frattempo si era trasferito a Bologna, dopo un mini cantato in italiano, si unì ai Tapir Gets Angry, band di Udine di pseudo grunge con due album all'attivo, per poi tornare a vivere in Calabria e tornare attivo con una nuoa band ed un nuovo approccio sessuale con il nome di Cosentina Gray.
La fine di un sogno durato qualche anno e lo spazio di cinque ottimi brani di sano e fottuto hard rock a stelle e strisce, forse i Gran'Ma Monkey non saranno mai stati i nuovi Guns'n'Roses, ma chi ha avuto occasione di vederli on stage si ricorderà a lungo di loro, statene certi......
..I know it's only rock'n'roll but I'm like it....