- Toby Pipes - Voce, Chitarra
- Nolan Thies - Voce, Basso
- Brent Elrod - Chitarra
- Earl Darling - Batteria
- Cooper Heffley - Tastiere
- Taylor Tatsch - Chitarre
1. Makeshift Blinds
2. Robin
3. Snow In June
4. No Hope
5. End Film
6. Mute
7. Prophet
8. Your Side
9. Took It
10. Out of View
11. Simple Kind
12. Queen.
Snow In June
Ennesima rielaborazione dell'ondata dream pop/shoegaze ormai dilagante in gran parte dello scenario musicale alternativo internazionale, i Little Black Dress - complesso texano attivo dal 2005 - sono un'ulteriore testimonianza che questo revival onirico e intimista non conosce soluzioni di continuità, andando ad intaccare sin nel profondo le mentalità degli artisti di tutto il mondo, mai come ora affascinati dalle suggestioni caleidoscopiche che esplosero tra anni '80 e '90 grazie a Cocteau Twins, My Bloody Valentine e derivati.
Non ultimi ma di certo tra i meno conosciuti esponenti del nuovo e impazzante corso shoegaze, i Little Black Dress si immettono direttamente sulle coordinate intraprese da act ben più riusciti e peculiari (Au Revoir Borealis, Autumn Grey Solace), avendo essi elaborato un dream pop estremamente dolce seppur meno inquieto, ricercato e toccante di quello dei gruppi sopracitati.
Snow In June è un disco accessibile, ben suonato ma che manca in troppi casi di mordente, risultando un esperimento spesso incompleto e lasciato in sospeso tra interessanti evoluzioni atmosferiche e improvvise stasi compositive; un perenne contrasto tra leggiadre eco shoegaze e un indie-rock secco ma dolce quello di Snow In June, lavoro che - peccando anche per una tracklist eccessivamente lunga - convince solo a tratti, non riuscendo quasi mai a portare a termine i discorsi più fascinosi e smarrendo ripetutamente la propria vena creativa.
Richiamando anche certe soluzioni alla Gravenhurst (la piacevole psichedelia di No Hope e la conclusiva Queen) principalmente nel tocco e negli intrecci strumentali, le canzoni di Snow In June sono un costante sali e scendi tra emozionanti visioni atmosferiche (la coltre onirica della bellissima opener Makeshift Blinds) e cali melodici tanto improvvisi quanto inaspettati, soprattutto se affiancati ai - seppur in minoranza - migliori brani del lotto: oltre alle già citate, a salvarsi dal tracollo sono infatti solo la più incisiva e placeboiana Rubin e la soave atmosfera acustica di Mute, brani di un altro pianeta se messi a confronto con le mielose noie pop di End Film, Your Side e Simple Kind, episodi chiave per comprendere pienamente le posizioni e - soprattutto - i limiti compositivi dei Little Black Dressed: melodie sdolcinate bagnate da un malriuscito accento sensuale, arrangiamenti scarni e raramente in grado di esprimere in maniera positiva le reminiscenze shoegaze, oltre ad un immediato arenarsi verso soluzioni stilistiche stantie e di maniera (Cocteau Twins) laddove scarseggia ispirazione creativa.
Tra i tanti progetti che hanno provato a ridare vita al sempre più fascinoso passato dream pop/shoegaze, i Little Black Dress non verranno di certo ricordati come tra i suoi migliori esponenti, tantomeno come una sua espressione originale ed elaborata. Meglio hanno fatto i nostrani Arctic Plateau, molto meglio hanno fatto l'anno scorso gli Au Revoir Borealis, meglio hanno fatto (chi in un modo chi nell'altro) i vari Gregor Samsa, Tearwave, Autumn's Grey Solace. A meno di sorprese ed evidenti passi in avanti nel futuro prossimo, per i Little Black Dress la strada continuerà ad essere in salita.