Voto: 
5.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Black Star Foundation
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Mattias Bhatt - Chitarra
- Gustav Almberg - Chitarra, Tastiere
- Kristian Karlsson - Basso
- Martin Hjertstedt - Batteria

Tracklist: 

1. Prahanien
2. Jura
3. Heart of Hearts
4. Still Alright
5. Crystalline
6. Gomez

pg.lost

In Never Out

Il post-rock continua come non mai a sfornare figli da tutti gli angoli del mondo. Vengono fuori dal nulla e in poco, pochissimo tempo si aggregano l'un l'altro, rendendo sempre più fitta ed espansa la rete di un genere che, al di là delle continue critiche, continua a dilagare senza soluzioni di continuità. Si tratta di una tendenza che è propriamente esplosa alle soglie del 2000, col consolidamento definitivo dei mostri sacri del genere (Mogwai e Godspeed You! Black Emperor su tutti) che ha finito per propagarsi in maniera inarrestabile nei territori underground europei e americani, trasformando il post-rock da vaga tipologia musicale riconducibile a una manciata di gruppi a un vero e proprio stile perfettamente definito e riconoscibile. Un discorso che mai come ora è d'attualità vista l'impressionante mole di progetti sorti dal 2000 in poi: anche la Svezia, tutt'altro che rinomata come terra-simbolo del genere, ha portato sotto gli occhi di tutti progetti giovani e rispettabili, come dimostrano le esperienze dei September Malevolence (bello l'esordio del 2005) e dei pg.lost, acts che assieme ai geniali finlandesi Magyar Posse hanno aiutato la Scandinavia a ritagliarsi uno spazio sempre più importante nello scacchiere del rock strumentale moderno.

Apparsi nel 2008 con il primo full-lenght It's Not Me, It's You!, i pg.lost si sono immediatamente collocati sulla scia dei progetti post-rock più moderni ed orecchiabili (a metà tra il riffing pulito di Explosions In The Sky, Mono e Caspian e le distensioni melodiche dei Red Sparowes), senza togliere nè aggiungere molto a tutto ciò che era stato in precedenza fatto da progetti stilisticamente affini. Ad un solo anno di distanza da quello che fu un piacevole esordio, i pg.lost tirano fuori un secondo album, In Never Out, che ne ricalca stile e forme senza però eguagliarne la qualità dei contenuti, ancora una volta sospesi in morbidi crescendo strumentali e malinconici fraseggi melodici.

Nonostante anche l'esordio fosse un lavoro tutt'altro che originale, In Never Out sottolinea in maniera ancor più netta questo stato di cose senza quasi mai eludere la derivatività del progetto e crogiolandosi nella solita, stantia atmosfera pseudo-decadente e malinconica. L'opener Prahanien mette da subito in luce le caratteristiche e il sound dei pg.lost attraverso un costante crescendo di morbide pennate che si intersecano ripetutamente nello stesso schema melodico per tutta la durata del brano, in ogni caso tra i più convincenti dell'album. Anzi, forse l'unico veramente convincente assieme alla splendida Still Alright, incastonata nelle solite forme ma toccante nelle sue distensioni melodiche, ancora all'insegna di una malinconia tenue ma profonda ed estremamente fluida nelle sottostanti trame strumentali. Al di là di questi due episodi, In Never Out smarrisce ispirazione tanto nelle costruzioni e negli arrangiamenti (le cavalcate più dure e travolgenti dell'esordio sono qui svanite del tutto) quanto nello spessore melodico, espresso solo a tratti da Jura e dalla mielosa Heart of Hearts e quasi completamente assente dai due episodi conclusivi Crystalline e Gomez che per l'ennesima volta riciclano l'impostazione stilistica del progetto senza aggiungervi nulla di nuovo, risultando al contempo gli episodi più noiosi di un lavoro che fa tutt'altro che confermare le buone parole spese per il precedente album.

Per sopravvivere all'inesauribile ondata post-rock e non divenire gli ennesimi fantocci di una tendenza mai come adesso globalizzata e standardizzata, è ormai assodato che c'è bisogno di un'ispirazione e di una ricercatezza sempre crescenti, aspetti che i pg.lost - dopo aver illuso con il positivo It's Not Me, It's You! - dimostrano di non avere per nulla nel proprio dna, nonostante la loro musica rimanga piacevole e toccante, seppur solo ad un ascolto superficiale.

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