- Mehdi Ameziane, Solange Gularte - Tutte le musiche, Voce, Chitarra acustica, Fiati Tastiere, Programming, Percussioni
Cd 1:
1. The Fall of Shadow Kingdom (24:45)
2. Gorgon (2:37)
3. For Fear They May Come Back Childrens of the Seventh Girgle the Dark Road (8:21)
4. Cauled Ones and Birth Rugs (5:36)
5. Salty Tongue (5:23)
6. Go Away Disappear (3:35)
7. Os Deus Cannibais (13:51)
8. The Faceless (4:45)
9. The Crystal Bird (10:50)
Cd 2:
1. Sunlone (2:26)
2. Chthonian Odyssey - Hells Foundations - A Birth Mark Like a Scar (23:50)
3. From Their Body at Will (7:10)
4. The Desolated Vampires - Introduced to Fear - Slarer March (12:48)
5. The Vein of Invisibility (3:31)
6. Porridge Stick Into the Fire and Dust in the Direction of the Sun (24:12)
7. A Burialat Sea (5:56)
Shadow Kingdom
Daughter of Darkness, Daughter of Darkness V e adesso, come se non bastasse, un nuovo folgorante colosso (doppio cd per un totale di due ore e mezza di ipnosi spirituale) firmato Natural Snow Buildings. Tutto in un anno, tutto all'interno di un continuo processo di rinnovamento e sperimentazione atto al contempo a conservare il cuore più profondo, l'essenza più pura di una ricerca non solo sonora ma anche emotiva. Shadow Kingdom è il coronamento di un anno di attività creativa vera, senza confini, distaccata e in grado di fondere e abbracciare stili e influenze nella stessa eccitante formula musicale. Seppur figlio delle stesse pulsioni e dei medesimi stimoli dei precedenti dischi, l'ultimo nato in casa Natural Snow Buildings ne rielabora l'impostazione espressiva e l'intera atmosfera, fondendo a piccoli segmenti le principali influenze che il duo francese ha raccolto durante gli anni; eppure in Shadow Kingdom tutto sembra così diverso e filtrato in una realtà sonora nuova e come al solito sovrannaturale, una realtà in cui non c'è nulla da "sentire" ma tutto da "vivere", da lasciar penetrare sotto la propria pelle, fino al cuore.
Lontano dagli spossanti (ma per bellezza irraggiungibili) lamenti avant-folk di Daughter of Darkness tanto quanto dalla commovente atmosfera post-rock di The Dance of the Moon and the Sun, l'ultimo lavoro di Mehdi Ameziane e Solange Gularte catapulta l'universo Natural Snow Buildings in una dimensione ancora più straniante e indefinita, quasi nebbiosa per come le carovane strumentali del disco vengano dissolte e dilatate. Allo stesso tempo Shadow Kingdom risulta essere un lavoro molto meno d'avanguardia rispetto ai due precedenti, in quanto ne abbandona il peso concettuale e le più ricercate contaminazioni per crogiolarsi in uno stile più definibile e sicuramente meno ardimentoso. In ogni caso, che si tratti di ambient o di folk d'avanguardia o di drone, a respirare sotto le imponenti masse sonore vi è sempre la solita indelebile poesia e Shadow Kingdom, seppur in maniera diversa e "minore", ne è comunque splendidamente pervaso.
Al di là di questa sorta di involuzione e di scarnificazione, i Natural Snow Buildings non perdono quell'innata capacità di evocare paesaggi interiori alienanti e avvolgenti, anzi, ce la fanno assaporare sin dai primi secondi dell'opera: l'opener The Fall of Shadow Kingdom è infatti uno dei massimi gioielli del disco con la sua atmosfera lenta e avvolgente, permeata da un piglio malinconico e inquieto perfettamente reso dai continui intrecci di drone e feedback che si susseguono per tutti i 35 minuti del brano. Ma al contrario della perla d'apertura, Gorgon trasforma immediatamente l'atmosfera del disco sottolineando l'abilità mutante dei NSB nella costruzione melodica e nella varietà stilistica; sorretta da una triste chitarra acustica lo-fi su cui si impongono i soffici giri vocali di Solange Gularte, il brano rievoca il cuore più folk e "cantautorale" del progetto, riportando alla mente la splendida Carved Heart che apriva il capolavoro The Dance of the Moon and the Sun. For Fear They May Come Back Childrens of the Seventh Girgle the Dark Road è invece una delle più lampanti testimonianze del nuovo corso NSB: aperto da leggeri rintocchi pianistici, il brano si distende sotto leggere dilatazioni ambientali, di sicuro non originalissime (Fennesz e Tim Hecker sono dietro l'angolo, come accade anche nella settima Os Deus Cannibais) ma come sempre efficaci nel saper cogliere il tono più sommesso e languido del progetto. Lo stesso discorso vale anche per la successiva Cauled Ones and Birth Rugs (specialmente nella parte ambient iniziale), sebbene l'atmosfera si sviluppi in maniera ben più peculiare e studiata (il finale folkloristico).
Shadow Kingdom però apre anche al passato della band, alle melodie e ai sapori di quei ricordi oscuri ma sempre vivi; Go Away Disappear e The Faceless richiamano infatti le malinconiche distensioni acustiche di Ghost Folks, spezzando quel ghigno elettronico-ambientale che si protrae invece con The Crystal Bird, ultima traccia del primo disco ed esperimento che cerca di riaffondare l'atmosfera di Shadow Kingdom nell'inquietudine e nella nebbia effettistica, sebbene a prevalere sia ancora una volta la matrice folk del duo parigino che prende il sopravvento nello splendido finale acustico.
Il secondo disco si apre donandoci un volto ancora sconosciuto e inaspettato dell'opera (come del resto accade anche con The Vein of Invisibility) grazie a Sunlone, un timido raggio di sole che però scompare man mano che gli acutissimi e alienanti frammenti elettronici di Chthonian Odyssey - Hells Foundations - A Birth Mark Like a Scar si propagano in una spettrale danza cosmica. Un contrasto atmosferico continuo quindi, che prosegue con lo scontro tra il mood estremamente dolce di From Their Body at Will e il sound sotterraneo ed inquietante del gioiello The Desolated Vampires - Introduced to Fear - Slarer March, tra i migliori episodi del lotto assieme a Porridge Stick Into the Fire and Dust in the Direction of the Sun, altro monolite di stranianti dilatazioni sintetiche e avvolgenti sottofondi folk che anticipa la conclusiva (e piuttosto inutile) A Burialat Sea.
Sebbene immerso nella medesima aura sotterranea e giocato sul perenne contrasto elettronico/acustico ormai diventato marchio di fabbrica Natural Snow Buildings, Shadow Kingdom giova di troppo sporadici momenti esaltanti, manca della giocata sublime che fa sbarrare gli occhi, dell'invenzione improvvisa che catapulta una volta per tutte in quel mondo sconosciuto e incantato. I gioielli anche qui non mancano (The Desolated Vampires, The Fall of Shadow Kingdom, The Crystal Bird e Porridge Stick Into the Fire... si instaurano di diritto tra le migliori composizioni del progetto) ma a livello complessivo il disco manca della varietà, dell'estasi mistica e della profondità espressiva di un Daughter of Darkness o di un The Dance of the Moon and the Sun, episodi massimi di una carriera sconvolgente che, in un modo o nell'altro, Shadow Kingdom fa proseguire in maniera (quasi) perfetta.
Un'altra piccola perla proveniente dall'anima di due musicisti semplicemente fuori dal mondo.