- Ryan McKenney – vocals
- Brian Izzi – guitar
- Steve Lacour – bass
- Mike Justian – drums
1. Day Nineteen: Fucking Viva
2. Day Twenty Eight: Targets
3. Day Twenty Six: Angles Anonymous In Transit
4. Day Twenty Nine: Reincarnation Of Lost Lones
5. Day Twenty Five: Guignol Serene
6. Day Twenty: Flesh And Below
7. Day Twenty Four: Gutterbomb Heaven On The Grid
8. Day Twenty Three: Invertopia / Day Thirty: Class Warmth
9. Day Twenty One: Roam / Day Twenty Two: Absent Civilians
10. Day Thirty One: Mission Convincers
Seizures in Barren Praise
Gli americani Trap Them senza fronzoli lanciano una scarsa mezz’ora di musica adrenalinica: sto parlando del loro ultimo lavoro, Seizures in Barren Praise, album uscito nel 2008.
Seizures in Barren Praise è un lavoro concepito in modo davvero particolare; partendo infatti dai titoli dei vari pezzi si nota che ciascun brano è intitolato “giorno...” e poi il numero del giorno stesso, senza però una successione numerica, come se i giorni fossero mischiati, come se si intrecciassero.
Ed è proprio questo lo scopo della band: Seizures in Barren Praise nasce come una sorta di racconto delle avventure di un paese fantasma, Barren Praise appunto. Il racconto che scaturisce da questo album è un racconto sghembo, intermittente, confuso ma energico e diretto.
Nella descrizione del sound dei Trap Them non si può prescindere a mio parere dalla matrice punk di band fondamentali come i Black Flag; probabilmente i Trap Them hanno tratto maggiore influenza dal punk hardcore piuttosto che dal metal (ma non mancano nel sound riferimenti a band come i Dismember ad esempio).
Anche il cantato di Ryan McKenney prende più spunto dalle radici punk: è un cantato energico anche se un po’piatto,poco incline a lasciarsi andare alle sperimentazioni, alle novità. Fin dal primo brano, Day nineteen: Fucking viva, si viene colpiti paradossalmente dal fatto che questo album non colpisce subito, si presenta abbastanza poco digeribile, un album che deve essere ascoltato più e più volte prima di poter essere apprezzato per la sua schietta energia. Quando però si è riusciti dopo vari ascolti a digerire e capire Seizures in Barren Praise, si apprezza inevitabilmente la mancanza di fronzoli, di merletti, dell’album: i Trap Them in pezzi di pochi minuti si concentrano sul messaggio che vogliono lanciare, e lo fanno utilizzando un sound semplice anche se poco duttile: la batteria forse avrebbe potuto evitare di creare un tappeto costante e a volte monotono; avrebbe potuto svincolarsi dall’etichetta punk e buttarsi a capofitto in suoni meno scontati, più controtempi, più momenti studiati in modo tale da mettere in risalto la voce (che effettivamente non spicca in maniera particolare) o gli altri strumenti. A parte questo però il lavoro riesce a farsi notare nella galassia dei tanti gruppi degli ultimi anni che, presi dalla moda dilagante dell’hardcore, sfornano album che finiscono in brevissimo tempo nel dimenticatoio.
La brevità di Seizures in Barren Praise è una carta vincente dei Trap Them: credo fermamente che, se non si hanno novità interessanti da aggiungere nei pezzi, meglio decisamente puntare su ciò che maggiormente si sa fare e che convince. Nel caso dei Trap Them la loro bravura sta nell’essere diretti e adrenalinici quanto basta per farsi notare; se l’album fosse stato molto più lungo probabilmente si sarebbe notata ancor di più la ripetitività dei brani.
Una band che sarei molto curiosa di vedere dal vivo per poter apprezzare maggiormente l’energia già evidente in questo loro ultimo lavoro.