Voto: 
6.6 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Anachron
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Ronan Harris - voce, composizione, programmazione
- Mark Jackson - tastiere, pads, batteria, drum-machine, percussioni, composizione, programmazione


Tracklist: 


1. Pro Victoria
2. Sentinel
3. Tomorrow Never Comes
4. Thee Great Divide
5. Ghost
6. Art of Conflict
7. Defiant
8. Verum Æternus
9. From My Hands
10. Where Is the Light?

VNV Nation

Of Faith, Power and Glory

Ritornano i VNV Nation, pionieri della scena elettronica del cosiddetto future-pop, con la loro ultima fatica, intitolata Of Faith, Power and Glory.
Non ci sono colpi di coda o grosse sorprese in quest'album che in verità è più che altro una summa di diveri elementi della loro carriera, incentrata più sulla bontà delle melodie e delle canzoni, sempre più di facile ascolto, che nella progressione sonora. Ritroviamo quindi un complesso di soluzioni che non rivoluzionerà il sound del gruppo ma che riafferma quasi come tappa d'assestamento uno stile personale e consolidato, con stratificazioni di synth, retrogusti malinconici sotto melodie coinvolgenti, la voce espressiva di Ronan Harris, passaggi più cupi e oscuri, beats intriganti, inserti di strings di sfondo a refrain fra ebm e pop, ritornelli trascinanti con singulti emotivi ed un'attitudine tendenzialmente new wave e persino (relativamente, s'intende) soul.

Rispetto ai predecessori, il mood del lavoro tende a distanziarsi dal lato in un certo senso più aggressivo di Judgement per riavvicinarsi a quello più intimista di Matter + Form, ma la tendenza generale è di livellare e assestare tutto il trademark dei VNV con un album di riepilogo diretto ed immediato, tinto dalla consueta vena dolceamara in cui spiragli di solarità si mescolano a vene meste di sottofondo, e interventi da ebm dura che si riallacciano ai primi album si intersecano con le coordinate future pop/synth pop sviluppatesi con gli anni a venire e soprattutto gli ultimi; ma anche per questo ogni tanto il duo sembra un po' a corto di idee, che finiscono così per riciclarsi oppure, come in certi momenti macchiati di house o dark-ambient, ad apparire poco genuine, anche se nel loro piccolo ben assemblate e apprezzabilmente orecchiabili.

Pro Victoria
è la consueta intro strumentale, i cui ritmi epici e marziali introducono (assieme alla copertina) il concept dell'album incentrato sulla guerra. La prima vera canzone è invece Sentinel, che rispecchia appieno le coordinate del gruppo incontrando le caratteristiche prima enunciate incontrando il proprio climax melodico nel coinvolgente ritornello, dopo un'intera struttura elettronica atta proprio a creare l'attesa per un'esplosione sonora ed emotiva.
Tomorrow Never Comes
è un ebm/house che guarda al passato ma che non convince appieno per la sua ripetitività forzata, nonostante diversi spunti melodici riusciti.
Si hanno melodie più dirette ed avvolgenti con The Gread Divide, una delle hit più riuscite dell'album grazie ai propri synth estremamente catchy, a cui seguono due pezzi meno riusciti: Ghost è un industrial/ambient intrigante ma un po' monotono e fine a sè stesso, mentre Art of Conflict è un ebm trito e prevedibile che scorre senza incidere tanto.
Viene ora Defiant, giocosa ed incalzante, adattissima come singolo e meglio riuscita dei due precedenti brani, anche se un po' piattina a lungo andare.
La successiva Verum AEternus è la perla dell'album, con interessanti giochi elettronici ed effetti brucianti ad accompagnare le melodie più ispirate del'album e le ritmiche più coinvolgenti.
Invece From My Hands è l'ennesima ballad sentimentale con pianoforti mesti, strings monotone e "dolce" tristezza a pervadere l'atmosfera; per carità, nulla di brutto all'ascolto, ma ormai certe parentesi suonano banali e di modo - anche se non quanto avveniva con la pur atmosferica As It Fades.
La conclusiva Where There Is Light è forse l'altro episodio più riuscito del disco dopo Verum Aeternus assieme a The Great Divide, con melodie sognanti sovrapposte ad una sezione ritmica prettamente rock (ricordando una via di mezzo con i Depeche Mode di Ultra) e chords minimali ripetuti di chiusura, conclusione e spegnimento (in sintonia anche con il titolo della canzone) adatte come finale d'album.

Of Faith, Power and Glory
è quindi per i VNV Nation non ai livelli dei loro parti migliori se non spesso prevedibile nelle sue soluzioni sonore, comunque godibili nel songwriting che potremmo quindi definire complessivamente senza lode e senza infamia - in ogni caso sfociante in una serie di episodi che non dispiaceranno ai fan del gruppo, di qualsiasi momento della loro carriera.
Solo il tempo ci dirà se questo capitolo è una sosta d'assestamento prima di tentare giochi di mano più ambiziosi in futuro o se il gruppo è definitivamente entrato in riserva d'ispirazione, e preferirà nei prossimi album mantenere d'inerzia uno status quo, certo, elegante e rifinito, ma progressivamente sempre meno fresco e vitale.

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