- Piotr "Peter" Wiwczarek - Voce, chitarra
Session members:
- Waclaw "Vogg" Kietlyka - Chitarra
- Tomasz "Reyash" Rejek - Basso
- Pawel "Paul" Jaroszewicz - Batteria
1. Devilized (03:19)
2. Rise Of The Undead (03:52)
3. Never Say My Name (02:01)
4. Blast (01:50)
5. The Seal (02:10)
6. Dark Heart (02:59)
7. Impure (03:40)
8. Summoning The Future (01:05)
9. Anger (02:14)
10. We are the Horde (03:10)
11. When The Sun Drowns In Dark (07:06)
Necropolis
Il ritorno sulle scene dei Vader con questo Necropolis, rappresenta un’altra buona occasione per ascoltare del classico, non sorprendente ma piacevole, death metal. Questi instancabili musicisti polacchi nel corso della loro carriera hanno sfornato una quantità di album e mini impressionante e Necropolis rappresenta il nono sforzo in formato full-lenght. Se la musica in questo caso non rappresenta la maggior sorpresa, la line-up invece attira immediatamente la nostra attenzione: il buon Piotr "Peter" Wiwczarek si fa notare come unico membro rimasto della vecchia formazione. Ora è lui che si è occupato delle composizioni in Necropolis, solamente accompagnato per le registrazioni da alcuni session-musicians. Questo fatto ha dello strano e personalmente non ne conosco i motivi. Fatto sta che ora è più importante parlare della musica perché sono convinto che ogni amante del death metal possa ancora trovarci qualcosa di interessante.
Come detto in precedenza, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Tutti conosciamo i Vader più o meno: grande aggressività, registrazione pulitissima e assoli di chitarra che ben si fanno distinguere grazie alla loro impronta thrash. Devilizer è un ottimo biglietto da visita poiché il groove e la marcia assidua degli strumenti creano un vero e proprio macigno, anche se per gli episodi più tirati dobbiamo aspettare la successiva Rise Of The Undead e i suoi blast beats. A volte la registrazione così pulita ma anche tenebrosa mi ha fatto tornare in mente i Morbid Angel post-Domination. I momenti rallentati non sono nulla di spettacolare ma riescono a mantenere l’attenzione su buoni livelli. Never Say My Name e Blast seguono lo stesso stile impulsivo e riescono ad essere buone composizioni, infarcite dal quel tocco thrash dei riffs che a volte riesce a districarsi tra una marea di bordate death metal.
Dark Heart e Impure mostrano l’anima groove della band anche se a volte la ripetitività prende il sopravvento e a questo possiamo rimediare con una fucilata che corrisponde al nome di Anger. Tuttavia, la batteria a volte non è abbastanza potente nelle fasi di blast beats, forse complice la registrazione troppo pulita che ha tolto un po’ di pesantezza. Le tinte fosche e macabre di When The Sun Drowns In Dark rallentano il ritmo in chiusura, lasciandoci con la coscienza di aver ascoltato un disco di onesto, non grandioso death metal. Di fronte alle tante, troppe innovazioni del metal moderno, io ringrazio che ci siano ancora album così che pur non essendo perfetti, riescano a portare alle nostre orecchie qualcosa di puro.