- Frank Klepacki - tutti gli strumenti
1. Decible
2. Rocktronic
3. Escape
4. In Yo Face
5. Take Me
6. It Has Begun
7. The Streets
8. In the Tunnel
9. Machines Collide
10. Bring the Fight
Rocktronic
Non passa molto tempo prima che Frank Klepacki, che ormai ci ha preso gusto a comporre in proprio, rilasci un nuovo full-lenght: il secondo lavoro solista esce dopo appena due anni e si intitola Rocktronic, nome che sembra come simboleggiare un intimo connubio fra un'attitudine rockeggiante ed un cuore elettronico pulsante a costituire la materia prima con cui creare i brani.
Dal punto di vista stilistico non si discosta molto del suo predecessore, ma è relativamente più marcata la componente industrial, mentre i bassi funk vengono ridotti e il ruolo delle chitarre è molto più marginale. Si tratta anche di un lavoro più rifinito, coeso e preciso di Morphscape, nota apprezzabile soprattutto nel trittico iniziale di brani che è anche quello più riuscito e coinvolgente, ma che lascia qualche riserva quando successivamente si avverte come un calo di ispirazione nelle traccie.
Certamente rimane vivida e fondamentale la vena catchy di Frank, che porta a melodicizzare o combinare in sequenze orecchiabili anche suoni teoricamente più aspri, sintetici o meccanici, e questo costituisce il pregio principale dei momenti più positivi del disco, quelli cioè in cui si fondono assimilabilità e immediatezza con la matrice più ricercata e caleidoscopica da cui il compositore americano attinge per coniare il proprio stile.
L'opening Decible è già una hit azzeccatissima: riff di basso principale tagliente, beats incalzanti, refrain di chitarre e bassi funky, stacchi elettronici, anima industrial di fondo, tutto condotto con piglio accattivante e ritmo deciso, ma sopratutto con una vena molto catchy.
Non è da meno la titletrack, con gelidi synth a far da sfondo per chords industrial metal in lontananza, tastiere apocalittiche e percussioni che scorrono cadenzate lungo tutto il brano. Il chorus è corrosivo e trascinante, seguito poi da una sequenza più meccanica.
Escape esplora i lati più orecchiabili dell'elettronica industriale, condendoli dei soliti beats accattivanti e di tappeti di tastiera più aggressivi che atmosferici; ma è anche più ripetitiva.
In Yo Face presenta lo stesso problema ma ne soffre meno suonando più trascinante con le sue combinazioni di synths e beats.
Nella successiva Take Me ci adagiamo su sonorità alla Rage Against the Machine, in una versione più stemperata, con riff ed effetti che imitano abbastanza Tom Morello. Non è affatto un pezzo brutto, semplicemente a tratti manca un po' di personalità.
Per contro It Has Begun ripiega sul lato electro-industrial, riacquistando maggiore freschezza dal punto di vista stilistico, ma ormai Klepacki sembra essere andato in riserva con l'ispirazione per quanto riguarda il lato compositivo, diluendo spunti sonori e intuizioni melodiche in assemblaggi complessivi progressivamente meno coinvolgenti. Il suo talento e la sua vena creativa riescono a mantenere uno standard discreto, ma dopo l'eccellente inizio c'è stata come una parabola discendente e i pezzi iniziano a farsi più ripetitivi, basati su meno idee e con in esse il riemergere del problema (già evidenziato nell'esordio) della natura dei brani: più che strumentali vere e proprie, quindi concepite e costruite con una precisa attitudine che le porta a suonare in un certo modo, sembrano canzoni a cui è stato tolto il lato lirico-vocale, a causa del retaggio di Frank come compositore di colonne sonore; col risultato che ogni tanto si assapora un velo di incompiutezza di fondo ai brani.
The Streets ed In the Tunnel hanno buoni ingredienti nella forma dei bassi intermittenti, della sezione ritmica efficace e nel secondo caso anche delle fumose atmosfere notturne, ma nei pezzi sfornati non vengono sfruttati appieno ed essi suonano un poco piatti e monotoni.
Un breve tentativo di destarsi da questo torpore - che per carità, non ci fa avere dei brutti brani, ma abbassa il livello generale del disco che altrimenti potrebbe risultarne migliore - viene tentato con Machines Collide, caustico squarcio verso un futuro freddo e inquietante, tinto di un'aura post-apocalittica che fa da sfondo al contrasto fra i fraseggi meccanici, quasi robotici, e fra le aperture ora più aggressive, ora più spettrali (choirs di tastiera). Gli stessi riff di chitarra combinano una meccanicità da essere artificiale ed una bruciantezza più umana
Infine la conclusiva Bring the Fight torna su coordinate morelliane, ma le filtra molto di più con uno stile più personalizzato abbinandovi patterns industriali, ritmo downtempo, attacchi chitarristici che si avvicinano anche ai Soundgarden. Purtroppo è uno dei pezzi in cui maggiormente si avverte che una presenza vocale non avrebbe stonato, peccato perché le variazioni della seconda metà della traccia (bassi funk, riff ossessivi e granitici, batteria caustica) la rendono interessante e potenzialmente trascinante.
In poche parole, la prova del 9 di Rocktronic mostra definitivamente i pregi e i difetti del Frank Klepacki compositore solista: ottimo ideatore di melodie e ritmiche che prese singolarmente sappiano coinvolgere, catturare e trascinare con un piglio deciso, grintoso e in alcuni casi condito anche da un po' di senso del divertimento e dell'ironia, ma molto più limitato quando si tratta di arrivare al nocciolo della questione con i pezzi interi e finiti, mostrando un potenziale non sfruttato appieno, a tratti persino monotono.
Certe volte Klepacki sembra provi a rimediare setacciando il suo bagaglio di influenze per trarne spunto, qualche idea da implementare nel suo stile, ma quanto prende non lo metabolizza del tutto (probabilmente anche per non compromettere la natura orecchiabile ed immediata della sua musica sperimentando fin da subito soluzioni più ambiziose invece di assimilare gradualmente gli elementi raccolti) e rischia di sminuire la propria personalità, come in Take of Me.