Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Marcello Zinno
Etichetta: 
Relapse Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

Denis Bélanger (Snake) – voce
Michel Langevin (Away) – batteria
Denis D'Amour (Piggy) – chitarra
Jason Newsted (Jasonic) – basso

Tracklist: 


1. God Phones
2. From The Cave
3. Earthache
4. Global Warning
5. A Room With A V.U.
6. Destroy After Reading
7. Treasure Chase
8. Krap Radio
9. In Orbit
10. Deathproof
11. Pyramidome
12. Morpheus
13. Volcano

Voivod

Infini

C’è chi pensa che l’heavy metal sia un genere assolutamente inattaccabile ed intoccabile, che ha motivo di esistere nella sua forma originale (coniata ormai trenta anni or sono), che non vada assolutamente modificato e che una sperimentazione su questo modo di interpretare la musica sia da condannare al pari di un atto vandalico verso una bandiera nazionalista.
Ecco, chi pensa ciò probabilmente non conosce i Voivod.

Dietro questo nome infatti si nasconde una storia fatta di cambiamenti, di coraggio musicale, di tenacia e la cosa che fa più stupire e che il tutto è stato generato dalle menti degli stessi fondatori della band e non da continui cambi di line-up che potevano arrecare nuova linfa al sound della band. Altalenandosi tra un album thrash con un appiglio punk (quasi a sfiorare il rock ‘n’ roll grezzo di Lemmy & Co.) ed uno progressive (attingendo a man bassa dai conterranei Rush e dai Pink Floyd), la storia dei Nostri viene sottoposta ad un fortissimo trauma nel 2005, quando il chitarrista e principale compositore D'Amour muore di cancro lasciando un’eredità che permetterà al nome Voivod di partorire ben due album, Katorz e l’attuale Infini.
Infini, generato dalla formazione originale a meno di Jason Newsted (entrato nella band subito dopo la dipartita dai Metallica e in contemporanea all’esperimento personale dal nome Echobrain) in realtà potrebbe risultare un ottimo compromesso di tutto quello che i Voivod ci hanno regalato negli anni: heavy metal, dark-punk, tempi dispari e sonorità grezze, nonché una radice thrash che (velocità a parte) non mostra alcuna timidezza nel mostrarsi. Un album costante ma con tracce diverse l’un l’altra, duro ma sempre dentro i canoni tipici dei quattro, cupo come lo psicologo di Piggy ci potrebbe maniacalmente descrivere, anche perché se la pubblicazione prende il nome della Relapse Records (etichetta usa diffondere incubi e fobie sonore da psico-metal estremo) un motivo ci sarà!

Sicuramente vanno citate Treasure Chase con il suo incedere stoner ed il cantato schizofrenico (sembra quasi scritta per i Queens Of The Stone Age) e la bellissima Earthace ed il suo intro sabbattiano pronto a tramutarsi in energia rock all’arrivo del ritornello, mentre Global Warning e Morpheus sono i brani che più si avvicinano al “Voivod-sound”, ammesso che esso possa stare dentro una traccia. Inutile cercare di descrivere la velocità di From The Cave (solo erroneamente accostabile ad una composizione semplice) paragonata con l’introspettiva e psicopatica A Room With a V.U. o con la cruda e cadenzata In Orbit.
Nessuna evoluzione sull’evoluzione ma un nuovo oggetto musicale, quest’album, dalla sfuggevole forma geometrica (che addirittura nasconde delle sfumature post-grunge), così come nella tradizione dei suoi avi. Tra l’altro sembra che sia l’ultimo a nome Voivod (probabilmente l’eredità di D’Amour si è spenta con questo Infini) e se così fosse sarebbe una grande perdita per noi, ma d’altra parte ce ne eravamo accorti già quattro anni orsono.


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