- Lisa Gerrard - voce
- Brendan Perry - voce & tutti gli strumenti
1. De Profundiis (Out of the Depth)
2. Ascension
3. Circum Radiant Dawn
4. The Cardinal Sin
5. Mesmerism
6. Enigma of the Absolute
7. Advent
8. Avatar
9. Indoctrination (a Design for Living)
Spleen and Ideal
Ispirandosi agli scritti di Thomas de Quincey e soprattutto del "vate" per il lirismo rock Charles Baudelaire (in particolare l'opera I fiori del male da cui viene anche il titolo dell'album), per il secondo disco Spleen and Ideal il duo anglo-australiano dei Dead Can Dance si evolve abbracciando una dimensione mistica e spirituale mediata tramite canti religiosi medievali, dark ambient semi-orchestrale/etnico, sepolcralismo che si ricollega a Nico ed un approccio etereo influenzato dal dream pop dei Cocteau Twins. La strumentazione si espande, aggiungendo una gran quantità di organi, fiati, archi che enfatizzano il sapore esotico del disco, mentre un'aura sacrale solenne ed insieme inquietante pervade l'intero album, rendendo le canzoni delle isole riflessive in cui si mescolano sinergicamente misticismo, tribalismo, decadenza, in una ricerca angosciata della perfezione, della verità, dell'ideale.
Se dal punto di vista degli arrangiamenti e delle composizioni, ricercatissime e innovative, Brendan Perry mostra un'enorme maturazione stilistica rispetto all'esordio (pur mantenendo qualche tratto di normale gothic rock in alcuni punti), da quello vocale non è da meno Lisa Gerrard, sempre più onirica e sacrale nella sua interpretazione, ipnotica quanto suggestiva, perfettamente espressiva per gli scenari multiformi dipindi dal disco e per la sua anima spirituale universale.
Così, unendo al retaggio del periodo dark-wave le sonorità più mistiche ed esotiche (scandagliando lontane distese medio-orientali come scenari biblici, decadenza medievale e riallacciamenti alle radici tribali umane, per quello che venne definita la "ethereal wave") tramite un approccio certosino quasi maniacale nella ricerca dell'atmosfera più suggestiva e evocativa per ricreare determinati paesaggi e scenari etno-storici, studiando a fondo ogni singolo incastro di note e l'accompagnamento della sezione ritmica ai fiati o all'elettronica per poi rifinire tutto con arrangiamenti eleganti e fortemente caratterizzati, elaborando continuamente testi ispirati per inserirli nel contesto adeguato, i Dead Can Dance realizzano una pietra miliare non solo del movimento dark, ma di tutti gli anni '80.
L'iniziale De Profundiis (Out of the Depth) è una solenne ed inquietante marcia d'apertura dove i corposi tappeti atmosferici accompagnano il canto intenso della Gerrard assieme a tonalità esoticheggianti e fumose. Sul finire Perry intona un dolente canto liturgico accompagnato da un funereo timpano che esalta la decadenza che pervade il pezzo.
Le cupe ed imponenti trombe di Ascension, unite ai sintetizzatori bassi di sottofondo, incutono un timore stemperato solo dai risvolti eterei fra le note, ma a metà traccia tutto si trasforma in un macabro viaggio verso un cosmo rarefatto e opprimente.
Circum Radiant Dawn è ancora più spettrale, con una fisarmonica disumana accompagnata da chitarre malinconiche. Il canto della Gerrard è lontano ed elevato, invita come a raggiungerla rischiando di precipitare nella perdizione, oppure a cercare la redenzione e aprire gli occhi verso la natura e l'universo.
The Cardinal Sin è un goth rock epico impreziosito da esotismi come le trombe e gli archi, mentre è la voce di Perry questa volta a prendere il microfono, scandendo un progressivo susseguirsi di misticismo etereo e decadenza terrena.
Ma è la successiva terrificante Mesmerism a stregare, impressionare e inquietare più di ogni altro brano del disco: percussioni gotiche meccaniche e disumanizzanti, cupo e raggelante synth di sottofondo, note portanti frenetiche che aprono una veduta folkloristica ossessionante, ma soprattutto è l'intenso canto della Gerrard a colpire con i suoi acuti tribali e le aperture più liturgiche - entrando di diritto fra le voci femminile più caratterizzate, carismatiche ed espressive della storia. Il climax emotivo finale con archi tramuta infine la canzone in una danza onirica in cui si apre uno spiraglio di speranza fra i refrain angoscianti.
Enigma of the Absolute, nuovamente con Perry alla voce, accompagna verso sentieri di redenzione con tonalità imponenti accompagnate da fraseggi più placidi e timidi, il finale però accresce la stratificazione sonora facendo assumere alla canzone sfumature di magia e follia.
Advent è più in linea con il canonico goth, con bassi intermittenti, tipica batteria scorrevole, riempimenti atmosferici oscuri. La voce di Perry è più mesta e afflitta.
L'evocatività di Avatar è data dal congiungere questi elementi con il lato più esotico/macabro di Mesmerism, ottenendo una sezione ritmica ancora più ossessiva, melodie sempre più alienanti ed una Lisa ancora ad alti livelli, alternando vocalizzi disperati a refrain suadenti e avvolgenti, mostrando un'ineguagliabile espressività soprattutto nell'esplosione finale.
Infine la conclusiva Indoctrination piange rimpianto e visioni sepolcrali in cui fede e oscurità si immergono, generando un vortice di speranza e afflizione in cui Perry emerge come una luce nel buio. La sezione ritmica ripetuta e le "spezie" strumentali di contorno esaltano l'esotismo oscuro che trova così il suo quasi definitivo compimento, proprio a conclusione del disco, come un percorso iniziato con l'austerità solenne ed eterea di De Profundiis e giunto ad un bivio, pronto per ripercorrere gli stessi passi (in una sorta di cerchio) o andare ancora oltre, esplorando nuovi scenari e trascendendo la già sublime, corposa atmosfericità etnica/dark dell'album.
Questo salto, nel buio più desolante (ma anche nella luce più riflessiva e meditata), ancora più esoterico, poetico, spirituale e medievaleggiante, i Dead Can Dance ce lo mostreranno nelle successive pubblicazioni, testimoniando un'evoluzione lineare ma spiazzante con la quale raggiungeranno lidi ancor più introspettivi e meno terreni.
Una scalata di cui Spleen and Ideal rappresenta il primo tassello fondamentale (pur con primi piccoli semi sparsi nel debutto omonimo) e che proietta verso un immaginario cosmico e mistico che supera lo stesso dream pop per evocatività ed il gothic rock per esistenzialismo.