- David Michael Tibet – Voce, Chitarra, Mix
- James Blackshaw – Chitarra a 12 corde, Piano
- William Breeze – Viola elettrica, Sampler
- Ossian Brown – Sintetizzatori
- John Contreras – Violoncello, Sintetizzatori
- Baby Dee – Piano, Organo Hammond
- Andria Degens – Voce
- Sasha Grey – Voce
- Andrew Liles – Elettronica, Chitarra, Mix
- Alex Neilson – Batteria, Percussioni
- Rickie Lee Jones – Voce
- Alice Rousham – Voce
- Henry Rousham – Voce
- Steven Stapleton – Elettronica, Mix
- Matt Sweeney – Voce, Chitarra
- Andrew W.K. – Basso, Piano, Voce
- Keith Wood – Chitarra elettrica, slide ed acustica, Basso
1. Invocation of Almost (8.50)
2. Poppyskins (5.19)
3. On Docetic Mountain (8.12)
4. 26 April 2007 (5.13)
5. Aleph is the Butterfly Net (5.53)
6. Not Because the Fox Barks (10.15)
7. UrShadow (4.38)
8. As Real as Rainbows (4.36)
Aleph at Hallucinatory Mountain
Almost in the beginning was the Murderer...
“Aleph at Hallucinatory Mountain” è il ritorno attesissimo dei Current 93, a tre anni di lontananza da quel fantastico “Black Ships Ate the Sky” che aveva rilanciato il nome di David Tibet non solo all'interno della scena Neo Folk e sperimentale ma soprattutto, e a livelli forse mai raggiunti prima, davanti alla ben più estesa platea del Rock indipendente ed alternativo.
Ma di acqua sotto i ponti in questo triennio la diga-Tibet ne ha fatta fluire molta, ed oltre alla metaforica acqua, sotto i ponti sono transitati concretamente una varietà notevole di musicisti, influenze e collaborazioni, con il risultato che la direzione della Corrente è finita per mutare in maniera straordinaria.
Vediamo come, partendo da David. In fondo, tutto il resto viene di conseguenza.
E' un dato di fatto che il Nostro nell'ultimo triennio abbia incessantemente rinnovato il proprio interesse per sonorità più sperimentali ed inusuali, cominciando dalla ristampa dei più vecchi lavori di Current 93 (si pensi alla pubblicazione in vari formati e versioni ed ai remix effettuati su “Dogs Blood Rising” o “Nature Unveiled”) e passando per la pubblicazione di opere inedite dal taglio meno ortodosso del solito: il riferimento è al riuscito EP dell'anno scorso, “Birth Canal Blues”, che vedeva Current 93 atto a manipolare, processare, rimescolare i suoi suoni vocali come non succedeva da tempo immemore. Inoltre, abbiamo visto David partecipe in svariati progetti 'avant' il cui esempio più eclatante e recente non può ovviamente che essere rappresentato dallo splendido disco pubblicato quest'anno dagli Æthenor, “Faking Gold and Murder” – insomma, se due indizi fanno una prova, il sentore era che Current 93 fosse pronto a un nuovo salto in avanti. O indietro. O di lato. O a una buffa capriola. Chi poteva sapere cosa avesse in mente quella vecchia volpe.
A confondere ancor più le acque e quindi a confermare i presentimenti di cambiamento, sono state le notizie relative ai collaboratori per i tour degli ultimi anni e poi per questo disco: lo shock più grosso era ovviamente venuto dall'annuncio dell'assenza di Michael Cashmore, ovvero la base, il fondamento, l'ispirazione di tutto il suono acustico Current 93 post-“Thunder Perfect Mind”. Ma altrettanto sorprendenti sono state le new entry: oltre al fenomeno della chitarra acustica James Blackshaw, ad “Aleph” hanno partecipato ex-membri dei Coil come Bill Breeze e Ossian Brown, il musicista elettronico Andrew Liles (sono suoi i remix dei primi due dischi di C93 di cui si accennava poco sopra) ma anche il batterista (!) Alex Neilson, i rocker (!!) Andrew W.K. (sicuramente curiosa la sua carriera solista) e Matt Sweeney (ex-Zwan) e la pornostar (!!!) Sasha Grey, in aggiunta al solito corteo di fedelissimi di David (gli immancabili Contreras, Wood, Stapleton, Degens, eccetera).
Ebbene, con la pubblicazione di “Aleph at Hallucinatory Mountain” è venuto il momento in cui si è potuto fugare i dubbi e verificare cosa è venuto fuori da tutta questa aria di cambiamento: si tratta di un disco inaspettato e quasi incredibile, proprio nel senso che quasi non si crede alle proprie orecchie: una versione Rock, Noise-Psichedelica, quasi-Stoner del suono Current 93, che si rivela ai nostri occhi non appena la tenue introduzione di violoncello e tastiera di “Inocation of Almost” viene squassata da un riff Doom praticamente Sabbathiano e da una desertica distorsione prolungata stile ultimi Earth.
Il trauma non è totale e i legami con il passato Neo Folk riemergono non solo in “Poppyskins”, dominata dal delicato fingerpicking tipico di James Blackshaw ma presto intaccata da distorsioni elettriche che gradualmente sommergono le raffinatezze della 12-corde del londinese, ma anche e soprattutto in “UrShadow” con chitarre acustiche e pianoforti ad incorniciare la recitazione di David, straordinaria e visionaria come da suo intramontabile marchio di fabbrica.
Il suono del disco, tuttavia, generalmente si mantiene su toni di Psichedelia calda e sognatrice, in cui convivono insieme sia slabbrate e massicce stoccate elettriche (con la solista che volentieri si slancia sopra alla ritmica, svolazzando in goderecce evoluzioni da jam Hard-Psych) che raffinati sfondi dipinti da viola o violoncello, chitarra acustica o tastiere, o ancora dall'eccellente lavoro certosino della sezione elettronica del gruppo – accorgimenti ottimi per sostenere, arricchire ed approfondire l'altrimenti poco creativo lavoro eseguito dalla chitarra ritmica (addirittura identica in alcuni frangenti del primo e terzo brano).
In quest'ottica risulta particolarmente stimolante anche l'apporto della batteria (e, nei momenti più quieti, delle percussioni) di un Alex Neilson (già con Jandek, Bonnie Billy, Six Organs of Admittance) in perpetuo movimento e sempre attento a complementare le acide scorribande delle chitarre con una base non solo solida, ma anche variegata e dinamica.
Pur non essendo lunghissimo (ottima idea, tra l'altro), “Aleph” non si fa mancare comunque momenti più sperimentali, (ad esempio il finale distorto e noisy della già citata “UrShadow”), né altri prettamente atmosferici, come testimonia il lento, surreale ostinato per pianoforte e Hammond della conclusiva “As Real as Rainbows”: il connotato migliore del disco è proprio questa capacità dei suoi brani di fluire gli uni negli altri con naturalezza estrema, nonostante ognuno di essi sia dotato di una propria peculiarità.
Insomma “Aleph at Hallucinatory Mountain” si rivela essere il disco Rock che Current 93 non hai mai realizzato pur avendolo sfiorato in più di un'occasione: molti di voi si ricorderanno certamente di come David Tibet flirtasse con la chitarra elettrica già in brani-meraviglia quali “Lucifer Over London”, “How the Great Satanic Glory Faded” o “Hitler as Kalki”, tutti del periodo '92-'94, ma il paragone più calzante è da farsi con gli ultimi due brani (“Tree” e “Horse”) dello spesso dimenticato e sottovalutato EP “Horse” (1990), probabilmente l'antenato Currentiano più vicino al nuovo disco. Proprio come in quel caso, non ci troviamo di fronte ad un'opera musicalmente perfetta, ma ad un album dotato di grande impatto e sicuramente di più pregi che difetti, con i primi ad essere quasi innumerevoli e i secondi principalmente limitati a qualche perplessità sulla finitura della chitarra ritmica, come già detto a volte prevedibile nelle idee ed inoltre dotata di un suono non particolarmente succoso e sfaccettato, quanto piuttosto asciutto e secco, potenzialmente migliorabile in previsione di futuri sviluppi in questa direzione psichedelica.
Minuzie, o poco più: il nocciolo dell'articolo è che “Aleph at Hallucinatory Mountain”, ennesima gemma di una discografia stupefacente, è non solo il disco che conferma, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, lo stato di salute eccezionale dei Current 93, ma soprattutto è la testimonianza di come questa storica band abbia ancora voglia di tentare esperimenti, sorprendere sé stessa e i propri ascoltatori, rinnovare la propria forma esteriore reinventandosi (quasi) da capo nonostante una carriera di tale quantità e qualità da poterci vivere di rendita da qui alla fine del secolo.
Forse è solo l'impressione dettata dalla novità del momento, ma sembra davvero di essere tornati ai tempi di “Swastikas for Noddy” o “Imperium”: aleggia difatti la vaga sensazione che un intero nuovo mondo di suoni Currentiani stia là fuori, appena oltre la montagna allucinogena, pronto per esser esplorato da David Michael e dalla sua sempre più eterogenea banda di bricconi.
Buona scalata a tutti.