:
- Danyhell - Batteria
- Johnny Noise - Chitarra.
- Estrella Ek Sanza - Synth
- Sagan - Voce
:
Side A
1. Against the Day
Side B
2. The Last Time
3. The Blanket Escape
Against the Day
Dopo l’esplosione dei social network musicali, sempre più band della galassia semi-sommersa del post-punk riescono a emergere e a creare attorno a sé una cerchia di fedeli appassionati. Poche però riescono a imporsi sul serio proponendo qualcosa di valido - questo è proprio il caso dei Los Llamarada, direttamente dal Messico.
Questi ragazzi di Monterrey nel giro di poco tempo hanno calamitato nel proprio scantinato, riadattato a sala prove, gli occhi, anzi le orecchie, di molti appassionati, oltre che le attenzioni della SSRecords e della nostrana Avant! Records. Difficile riuscire a etichettarli, l’unica cosa che pare certa è che i microfoni professionali e i mixer non siano proprio graditi, preferendo l’ultra lo-fi, anche se tale sigla da accostare loro pare ben poca cosa rispetto a tutto ciò che sono riusciti a catturare con un semplice registratore a cassette. Sono stati in grado di assimilare varie influenze punk e noise-rock con impliciti richiami ai The Fall.
Ma veniamo al disco in questione: “Against the day” è un vinile 7” (45 rpm) pubblicato nella seconda metà del 2008 dalla già citata Avant! Records, piccola label tutta italiana che con le sue poche produzioni è riuscita a ritagliarsi un posto di riguardo nella cerchia di chi ama e apprezza sonorità di nicchia. Carino l’artwork , un patchwork di immagini varie in tonalità di viola con disegni e scarabocchi a comporre le scritte, da elogiare la cura con cui sono state editate le label del vinile (di solito vengono sempre trascurate in queste piccole produzioni) ma sicuramente è un peccato che non sia presente anche solo un foglietto striminzito con scritto i testi.
Nel primo lato è presente la sola title track “Against the Day”, tre minuti e venti secondi che riescono a far capire molto bene già da soli tutto ciò che i Los Llamarada possono offrirci. Chitarra stridente che amalgama melodia e fischi, voce che a tratti scompare, a tratti ricompare rauca e sporca, la batteria gracchiante che si ostina a tenere un tempo, un ritmo che sembra più che altro soggiogato ai suoni striduli che non si capisce bene da dove provengano.
Tutto questo è il primo lato, ma girando il vinile i Los Llamarada ci stupiscono offrendoci nuove visioni del loro stile. Si certo, si è scritto che con la prima canzone la band riesca a mostrarci tutto l’arsenale in proprio possesso ma col side B riesce ad esplorare e mettere maggiormente in luce tutte le sonorità più disturbanti presentateci nella prima canzone.
Su questo lato sono presenti due canzoni, la prima delle quali è “The last time”: dopo pochissimi secondi, già dopo le prime note (leggi rumori) si capisce che qualcosa è cambiato. L’immediatezza della title track è completamente scomparsa, il ritmo viene scandito a mo’ di marcia, lento e ripetitivo, ossessivo, inesorabile… la voce e la linea melodica sembrano funzionali alla creazione di una sensazione di straniamento, come se si stesse ascoltando una cantilena in lontananza, in modo soffuso, quasi soffocato.
Ma è la terza traccia di questo EP, “ The blanket escape”, quella che più di ogni altra ci colpisce e ci infastidisce riuscendo anche nella giusta misura ad attrarci. L’intensità di questa canzone forse risiede nella sua durata, i nostri riescono infatti a racchiudere in una manciata di secondi ciò che molte altre band avrebbero partorito su più dischi. Il picco massimo di rumore, confusione e suoni stridenti è proprio qui, dove la batteria riesce ad emergere solo a tratti dal mare di suoni indistinti che l’avvolgono, ma quando ci riesce la fa da padrone e tenta per quanto possibile di domare tutto il resto, compresa la voce che sembra farsi trascinare dal fiume in piena senza opporre resistenza alcuna, risultando quindi in secondo piano rispetto al resto.
In attesa dei nuovi lavori, si può già notare un’evoluzione nel loro suono e nell’approccio alle canzoni, molto più veloci rispetto ai precedenti dischi e con una precisa volontà esplorativa di fondo, come se fossero alla ricerca di nuovi rumori da elevare a loro riconoscibile e unico stile. Aspettando novità dai Los Llamarada, concludiamo questa recensione consigliando questo piccolo, caotico disco a tutti coloro che, stanchi delle solite litanie e melodie tanto alternative quanto modaiole, vogliano cimentarsi con sonorità grezze ma non per questo rozze e con band che sappiano per davvero cos’è un suono sporco.
Lasciateli perdere se vi danno fastidio i fruscii e i crepitii tipici del vinile, loro hanno fatto dischi interi basati solo sull’imperfezione.