Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Victory Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
- William “WiL” Francis - voce, chitarra, pianoforte
- Angel Ibarra - chitarra, cori
- Nick Wiggins - basso, cori
- Jake Davidson - batteria, percussioni


Tracklist: 

:
1. Killing Machine (02:25)
2. Let The Right One In (03:02)
3. Scavengers Of The Damned (02:42)
4. Elizabeth (02:28)
5. Crusification (02:41)
6. The Asylum (02:47)
7. Portrait (01:38)
8. Excommunicate (02:36)
9. King On Holiday (01:58)
10. Black Market Hell (12:37) - contiene una hidden track, Lori Meyer, by NOFX

Aiden

Knives

Dopo l’eccellente A Shipwreck In The Sand firmato Silverstein, è la volta dei famigerati Aiden cercare di rinvigorire un genere ormai bistrattato come l’emo con il loro ultimo lavoro dal titolo Knives: ebbene, il successore del sorprendente Conviction si rivela un piccolo campionario di commistioni eterogenee fra stili e ritmi solo apparentemente inconciliabili che il quartetto statunitense dimostra di padroneggiare con estrema sicurezza, con solida convinzione nei propri mezzi e soprattutto con idee chiarissime. L’evoluzione stilistica già ampiamente manifestata nel loro precedente capitolo discografico viene, in questa circostanza, ulteriormente rinvigorita ed estremizzata: figli della più indolente e patinata scena emo nordamericana, gli Aiden hanno saputo evadere ben presto i canonici confini dell’emo-screamo più adolescenziale e costruirsi una spiccata personalità artistica, introducendo e sviluppando elementi di punk, rock ‘n’ roll, talvolta persino di rockabilly, senza mai rinunciare ad un gusto tutto personale in fatto di look e senso melodico. Knives dimostra alla perfezione come l’emo possa ancora ridefinire la propria dimensione avvicinandosi sempre più verso lidi alternative senza dover eliminare la propria componente strettamente emozionale: l’aggressività declamata sin dal minaccioso art work si rivela tutt’altro che uno specchio per le allodole, visto che ogni singola traccia dell’album trasuda un rinnovato spirito musicale ed esprime una maturità tecnica e compositiva da leader assoluti del proprio genere, lasciando trasparire il tutto attraverso una cura maniacale del sound (a dir poco nitido), delle parti strumentali (fresche, cristalline, impeccabili), persino dei cori, mai abusati ma dai gradevolissimi effetti atmosferici.

Tutte queste qualità non possono che preludere a pezzi di buon valore ed effettivamente l’ascolto di Knives non può che lasciare davvero soddisfatti: possiamo infatti riscontrare sorprendenti pattern di batteria, spesso in blastbeat sul battere (Let The Right One In, Excommunicate) o in levare (Killing Machine), linee di basso in piena evidenza e di gran classe (Crusification , The Asylum, King On Holiday), ritmiche punk di assoluto impatto (Killing Machine, King On Holiday) così come brillanti saltellamenti pseudo-rockabilly (Let The Right One In, Scavengers Of The Damned). E’ chiaro che i pezzi e soprattutto i chorus sono quasi sempre di natura prettamente emo, ma non mancano convincenti divagazioni rock’n’roll (Scavengers Of The Damned), modern rock à la Papa Roach (Elizabeth) o addirittura alternative in cui sembra di ascoltare il vocalist dei P.O.D. (Excommunicate); last but not least, la corposa Black Market Hell, traccia di chiusura più che discreta che certamente non lascerà con l’amaro in bocca.

L’unico elemento che può realmente lasciare perplessi di un lavoro come Knives è la scarsità numerica dei brani, il cui minutaggio spesso risicato finisce col rimarcare in maniera piuttosto fastidiosa, soprattutto in termini economici; per quanto una durata complessivamente ridotta eviti in gran parte il rischio di noia, grazie soprattutto ad un lavoro che non concede tregua e non manifesta cali di tono, è chiaro che qualche traccia in più avrebbe potuto incentivarne l’acquisto da parte anche dei non-fan e aumentare la soddisfazione di un investimento certamente meritevole.  

Ciò che importa davvero, comunque, è che la Victory Records riesce ancora una volta a centrare il proprio obiettivo: dopo il botto discografico dei Silverstein, il cui A Shipwreck In The Sand rappresenta davvero un piccolo gioiello di qualità musicale e vendibilità commerciale, ora tocca agli Aiden fare il pieno di consensi, giacché, per quanto si tratti di un lavoro tutto sommato esiguo, proprio nella sua spudorata concretezza riesce ad esalare il suo massimo pregio, ovvero quello di aver sviluppato un genere a suo modo limitato integrando un gran numero di idee con completezza, compattezza e coerenza. Se l’emo del 2009 è quello firmato Aiden o, in precedenza, Silverstein, non ci resta che dire: ben venga davvero.      


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