Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Necrosis Records
Anno: 
1990
Line-Up: 

:
- Michael Amott - Chitarra, basso
- David Blomqvist - Chitarra
- Fred Estby - Batteria
- Matti Kärki - Voce

Tracklist: 

:
1. Dark Recollections
2. Torn Apart
3. Blasphemies of the Flesh
4. Infestation of Evil
5. Gentle Exhuming
6. Deranged from Blood
7. Malignant Epitaph
8. Self-Dissection
9. Death Evocation
10. Outro

Carnage

Dark Recollections

Tutti noi che amiamo il vero death metal dalla Svezia, quello concepito tra la fine degli anni 80 e i primi anni del 90, conosciamo a menadito gruppi “storici” come Entombed, Grave, Unleashed e Dismember (praticamente tutti nati dalle generi dei mitici Nihilist). Questi gruppi costituiscono un vero e proprio punto di riferimento, un faro nella notte per coloro i quali amano il genere e per tutti quelli che hanno voglia di scoprire le realtà che hanno fatto scuola in quel periodo. La luce del death metal Svedese brillò per poco tempo, prima che le influenze groove e quelle melodiche prendessero il sopravvento, cancellando gran parte dell’originale, pura brutalità che risiedeva nelle band succitate. Tutti quei quattro gruppi che rappresentarono al meglio la nascente scena in Svezia, continuano ancora oggi a sfornare album più o meno convincenti, mentre altri si persero molti anni prima, lasciandoci poche testimonianze del loro passaggio. Una band in particolare attirò la mia attenzione, tra tutte le realtà dell’underground d’allora: Carnage.  

Tutto incominciò nel 1989, quando tre ragazzi con una passione viscerale per il neonato grindcore, decisero di dare vita ad una propria band che seguisse le stesse impronte dei pionieri del genere (Repulsion, Carcass e Napalm Death). La line-up d’allora già annoverava alcuni nomi che sarebbero diventati più famosi negli anni a venire: Johan “Liiva” Axelsson, basso sulla prima fatica discografica, ovvero il demo The Day Man Lost e futura voce degli Arch Enemy dal 1995 al 2000 e Michael Amott, chitarrista per il suddetto demo, futura chitarra sempre del gruppo ora capitanato dalla cantante Angela Nathalie Gossow e dei Carcass stessi. Infestation of Evil fu il secondo demo tape, sempre nello stesso anno e qui le influenze propriamente più death metal si fecero avanti, accompagnate da una registrazione migliore. Tutto era pronto per le incisioni del loro primo album, questa piccola gemma dal nome Dark Recollections.  

Prodotto dalla Necrosis Records, in collaborazione con la Earache, Dark Recollection squillò come un campanello d’allarme per la scena. Quando molte altre bands più accreditate non erano ancora uscite dal limbo dell’underground, ecco che i Carnage raggiunsero l’obiettivo e lo fecero con un anno d’anticipo. La formazione fu completata con Matti Kärki alla voce, David Blomqvist ad affiancare Amott alla chitarra e da Fred Estby. Di lì a qualche anno sarebbero stati tutti membri fissi dei Dismember. Le danze si aprono con quel macigno della title track. Le atmosfere sono estremamente plumbee e catacombali, i riffs sono lenti e la classica distorsione “a motosega” delle chitarre ci accoglie con veemenza. Sin dalle prime note capiamo di essere di fronte ad un prodotto rivoluzionario nel genere. Le sfuriate di batteria e i repentini cambi di tempi fanno da cornice a quel ruggito dall’oltretomba, ossia la malata tonalità del singer.  

Man mano che procediamo all’ascolto dell’album, possiamo notare quanto il suono dei Carnage d’allora fosse simile a quello degli Entombed degli esordi. Sicuramente gran parte delle influenze arrivò dai demo dei Nihilist, tuttavia una ferocia del genere lasciava a bocca aperta. Torn Apart, a parere di chi scrive, è la vera hit del disco: i riffs sono putridi ma conservano quel essere coinvolgenti ed estremamente memorizzabili. L’intensità non accenna a calare. Gli up-tempo si sprecano, mentre le chitarre puntano tutto sulla disumana quantità di riffs. L’atmosfera che si respira, manco a dirlo, è di pura decadenza. Le strutture sono pesanti e solide come macigni, sostenendo anche più che convincenti down tempo e parti rallentate. Talvolta ci troviamo nel bel mezzo d’assoli al limite del grottesco con quel lieve tocco delle tastiere a voler donare una maggiore dose d’oscurità a sezioni che potrebbero servire come colonna sonora ad un viaggio attraverso gli Inferi.  

L’andamento leggermente meno impulsivo di Blashemies of the Flesh fa emergere anche dei riffs che prendono a piene mani dal thrash per poi ricadere sovente in sezioni doom che odorano di decomposizione lontano un miglio. Infestation of Evil (canzone ripresa dall’omonimo demo del 1989) e Gentle Exhuming sono due schegge impazzite e i loro riffs s’incastrano alla perfezione, districandosi attraverso repentini cambi di tempo e blast beats. Non appena si arriva a Deranged in Blood, possiamo notare un leggero viramento di rotta che riguarda alcune parti di chitarra. L’impronta è leggermente più melodica, pur conservando la pesantezza e l’oscurità che si deve avere. In fin dei conti non stiamo parlando di melodic death metal, anche se i primi segni si potevano già notare. Malignant Epitaph letteralmente esplode dopo la metà, in un crescendo di violenza che fa riapparire i blast beats, prontamente ripresi dalla successiva Self-Dissection. Raramente si era assistito ad un tale massacro come quello operato da questi folli adoratori del death su questo disco.  

L’ultima parola spetta a Death Evocation, ai suoi rallentamenti imputriditi e volontariamente estremi. Alcuni frammenti si distaccano per dare maggior risalto alle parti veloci, sostenuti da una batteria che non la smette di pigiare sull’acceleratore e trascinare il gruppo intero in questa carneficina. L’Outro alla fine non fa altro che accrescere l’aura d’orrore con un bel lavoro svolto dalle linee soliste di chitarra, ponendo il sigillo finale ad un lavoro a dir poco eccezionale e rivoluzionario. Dark Recollections è pura violenza sonora, pura morbosità in musica e di album del genere non se ne pubblicano più. Sinceramente, me ne sbatto dei gruppi ultra tecnici d’oggi perché la maggior parte di essi non ha neanche un decimo dell’attitudine che animava i capiscuola negli anni d’oro del vero death metal, suonato con vera passione. Non lasciate che questo album sia dimenticato e trascurato come troppe volte è accaduto nella sua storia.


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