- Chris Hooson - Pianoforte
- David Darling - Violoncello
1. One Day Without Harming You
2. This Failing Sea
3. Hands Swollen With Grace
4. A Quietly Gathering Tragedy
5. All The Love I Had Was Not Enough
6. Very Early One Morning On Old Road
7. The End Of Trying Part I
8. The End Of Trying Part II
9. The End Of Trying Part III
10. The End Of Trying Part IV
11. Een Langzaam Lekkende Wond
12. The Night Keeps Coming In
13. How Could You Let Me Go
14. Second Hand Light
15. Things We Lost Along The Way
16. Z-Cars
The End Of Trying
Il sipario si apre ma sul palco non ci sono attori, non c'è scenografia alcuna. Gli abiti svuotati e consumati dal tempo sono le uniche forme presenti sul pavimento sporco e pieno di schegge. La musica si dipana sommessamente per espandersi in una sala vuota, senza orecchie, senza cuore. E' in questo teatro silenzioso e abbandonato che va in scena The End Of Trying, tragedia in sedici atti di Chris Hooson: la dolorosa consapevolezza della perdita e della solitudine; l'ultima confessione di un uomo malato. Nell'anima.
Chi segue i Dakota Suite da tempo sa di cosa si stà parlando: sempre meno artista e sempre più 'uomo', compositore introverso ed ermetico, Hooson è (senza usare troppi giri di parole) il cantautore più triste della musica contemporanea.
Ce n'eravamo già accorti con i suoi primi schizzi Alone With Everybody e Navigator Yards, con il minimalismo folk di This River Only Brings Poison e infine col malinconico slo-core di Waiting For The Dawn To Crawl Through And Take Away Your Life, penultimo fotogramma della sua discografia in bianco e nero: uno stile scarno ma avvolgente quello di Hooson, equilibrato punto d'incontro tra le commoventi cornici di archi e fiati e il (post) rock più lento e trascinato di Low e dei Red House Painters di Mark Kozelek.
Un crocevia di emozioni e ricordi, di delusioni e di amarezza (e qui viene fuori tutta l'influenza giocata su Hooson da Kozelek) reso attraverso una musica che punta dritto al cuore senza badare agli ostacoli del caso.
The End Of Trying in qualche modo segna il tramontare della parabola compositiva del progetto Dakota Suite: nei sedici fragili bagliori che compongono il suo ultimo lavoro, Hooson reinventa, o meglio, scarnifica il suo armamentario strumentale fino ai minimi termini, dissolvendo qualsiasi riferimento ritmico, abbandonando il calore della chitarra acustica e rinunciando addirittura alla sua stessa voce, quella voce che per anni aveva descritto e raccontato con tono singhiozzante la sua vita. Nient'altro che la sua vita, senza il bisogno di ricorrere a storie, favole e fantasie di ogni tipo. Adesso, nei panni di unici interpreti dei suoi stimoli melodici rimangono solamente un vecchio pianoforte e un violoncello che più triste non si può: ciò che ne viene fuori è una serie (forse un pò troppo prolungata) di decadenti carillon per cuori fragili, ballate avvolte nell'amarezza e in un sound povero ma non per questo privo di drammaticità.
Tutte le tracce di The End Of Trying, nel loro lento susseguirsi, sono un elogio alla malinconia più recondita e ad una solutidine inesprimibile: mancando completamente crescendi melodici e strumentali, il disco risulta sospeso (e a volte addirittura ingabbiato) in un'atmosfera incorruttibile e lontana, priva di qualsiasi possibilità di variazione e abbandonata alla sua stessa, inesorabile corrente. Nonostante alcuni episodi risultino estremamente monotoni (The Failing Sea, How Could You Let Me Go, Things We Lost Along The Way), non mancano assolutamente momenti più tragici e decisamente toccanti come Very Early One Morning On Old, splendida nel suo lacerante trascinarsi, o come la più inquieta A Quietly Gathering Tragedy che pacatamente si distende su morbidi rintocchi di pianoforte.
Fulcro dell'opera rimane comunque il quartetto centrale The End Of Trying I, II, III, IV, non eccellente in tutte le sue 'sottotracce' ma capace di aumentare col solito ed imperturbabile minimalismo strumentale la fragilità emotiva ed atmosferica dell'intero album che, inoltre, vede nella conclusiva Z-Cars uno dei suoi momenti più avvolgenti e piacevoli.
Sicuramente sedici brani per soli piano e violoncello non sono il massimo per quanto concerne la presa e l'attrazione dell'ascoltatore, soprattutto se l'intero insieme musicale viene espresso attraverso uno stile che fa della ripetizione incondizionata il suo punto di forza: potrà per questo risultare noioso, estremamente prolisso e soporifero per chi non è abituato a lavori del genere, ma di sicuro non si può dire che The End of Trying sia un prodotto scarso perchè, come tutte le precedenti creazioni firmate da Hooson, porta con sè quell'insondabile capacità di emozionare e commuovere che, in un modo o nell'altro, riesce a fare breccia nel cosmo emotivo di chi si avvicina a questa musica, triste colonna sonora della rassegnazione umana.