- Björn Gelotte - chitarra
- Anders Fridén - voce
- Peter Iwers - basso
- Jesper Strömblad - chitarra
- Daniel Svensson - batteria
1. Bullet Ride
2. Pinball Map
3. Only for the Weak
4. … as the Future Repeats today
5. Square nothing
6. Clayman
7. Satellites and Astronauts
8. Brush the dust away
9. Swim
10. Suburban me
11. Another day in Quicksand
Clayman
Un piatto sul giradischi, il rumore di un piatto sul giradischi appena acceso, il suono registrato del vinile che viene letto preannuncia l’inizio di Bullet Ride, traccia iniziale di Clayman. È un preludio che aumenta a dismisura l’attesa per l’imminente ritorno degli In Flames dopo un solo album.
All’epoca si vociferò abbastanza su Clayman, album per certi versi controverso che segnò il proseguimento degli In Flames sulla strada melodica totale che avevano già imboccato ma con alcune novità stilistiche. Segnò infatti anche alcuni nuovi cambiamenti dopo i cambi di line-up (che rimane solidissima): la copertina fiammeggiante non è di Marshall, ed è un dettaglio irrilevante. I testi sono scritti interamente da Fridén senza l’ausilio di Sundin, e questo è già più rilevante; si dimostra un autore di lyrics particolarmente personali, ma molto, molto meno poetico rispetto a Niklas, e l’interpretazione è meno diretta, forse ugualmente riflessiva, ma più impulsiva. Abbandonati del tutto molti filtri visti in precedenza in favore di altri più caustici. La matrice folk-acustica ormai è lontanissima, apparentemente abbandonata del tutto, e al suo posto vi si era inserita l’elettronica (sporadicamente accennata in precedenza), con risultati discreti seppur mai su larga scala come quanto fatto dai Dark Tranquillity in quello stesso anno. Questo perché non vi è nessun membro degli In Flames ad avere questo ruolo compositivo, tutte le poche apparizioni dell’elettronica sono realizzate da un collaboratore esterno. Questo spiega anche perché non sono affatto all’altezza in qualità rispetto sempre a quanto propongono i Dark Tranquillity sul versante tastieristico.
Nell'economia dell'album c'è un tendenziale riavvicinamento in certi punti alle coordinate del melodic death metal da cui il gruppo è partito, e che risaltano un po' di più rispetto agli altri elementi del disco; ma esso è comunque rivisto e reinterpretato, anzi, trasfigurato, per ottenere risultati differenti tramite la metabolizzazione stilistica adoperata dagli svedesi. Clayman segue uno stile metal a sè che è imparentato con l'heavy metal così come con il melodic death metal, ma in maniera troppo particolare per essere soltanto un mix dei due mondi e basta. Questo riflette anche il fatto che il metal svedese in questi anni si è diversificato molto, con diversi gruppi accomunati da certi fattori di base ma ciascuno che segue la propria strada con le proprie influenze.
In realtà la prima cosa che risalta all’orecchio è Fridén che, nel giro di un solo anno è passato ad una sorta di screaming particolarissimo, più lontano dal growl/scream precedente di quanto questi lo fosse dal growl basso e catarroso degli inizi. Subito dopo di questo si nota come il canto pulito venga usato molto più spesso che nel passato. A dire la verità dovrebbe essere questa la prima cosa che si nota, visto che in Bullet Ride Fridén comincia proprio cantando in pulito, ma solo in seguito ci si rende conto del ruolo del canto pulito in Clayman. Queste due novità si adattano probabilmente meglio di quanto le precedenti linee vocali si sarebbero adattate alla vena molto orecchiabile tenuta dall’album. Vena orecchiabile derivata proprio dall’attitudine tirata fuori dal cappello in Colony, ma qui in Clayman sembra esserci una reale intenzione di sperimentare nuove sonorità, che porta la linea generale dell’album a risultare più originale del disco precedente, con un songwriting più atmosferico e articolato; ma, purtroppo, con una parvenza sbrodolata che impedisce di raggiungere il capolavoro, eredità di quanto fatto l’anno precedente.
Non tanto ereditati sono invece i numerosi arpeggi clean inseriti in un modo o nell’altro nelle canzoni, a cominciare proprio da Bullet ride dopo la possente marcia alla Kashmir dei Led Zeppelin dei riff, in un susseguirsi più o meno rigido di parti prefissate. Ma giunti dopo il potente assolo il brano inizia a farsi ripetitivo, e il filtro elettronico che prende all’improvviso la batteria di Svensson è alquanto inutile; far terminare il brano con l’ultimo susseguirsi del riff dopo l’assolo sarebbe stato forse meglio. Ora che è stato menzionato, diciamo che Svensson non manca nel picchiare pesantemente la sua batteria in tutto Clayman, ma “spacca” di meno rispetto a Colony. Pinball Map è un brano molto pestato ma sempre melodico, non riesce però a far coesistere i due elementi in modo efficace dato che il ritornello non convince al 100% e stona un po' rispetto ai riff più vicini ad un melodeath "deviato".
Only for the Weak è il brano più famoso di tutto il repertorio e forse anche il più orecchiabile, dai tratti vagamente alternative per quel che concerne il piglio del riffing, rappresenta vista la sua fama uno dei biglietti da visita degli In Flames, e la molta melodia non disinvolge nel voler approfondire con altri brani. Per disabitudine si riceve impreparati la venuta di ... as the Future Repeats Today, un inattesa isola di rabbioso melodic death metal. Il suo punto di forza è nello stile di composizione originale, diverso dalla tradizione di Gothenburg, grazie soprattutto alla sua componente atmosferica molto evocativa e claustrofobica. Non sfigura affatto accostata agli altri brani in ogni caso. La dissolvenza elettronica sul finire si collega con Square Nothing, che trancia in maniera netta il girotondo di effetti con i suoi intreggi clean. Le chitarre dopo questo punto assumono funzione ritmica e, combinati con basso e batteria, danno l’idea di un quasi impercettibile crescendo che sarebbe poi sfociato in un’esplosione diretta, mentre la voce pulita di Fridén canta soffusamente interagendo con l’atmosfera da smarrimento nella nebbia. Difatti scatta a metà del brano la chitarra metallica (il motivo principale melodico e vagamente ottantiano si staglia sopra chords marcati maggiormente thrash/death) e la carica della batteria, oltre che lo scream di Fridén, ma, buono a dirsi non sembrando scontanti.
Clayman è come Pinball Map, pestata ma molto melodica, ma i due elementi qui combaciano in maniera migliore. Nel chorus Fridén adotta il canto tipico già visto in Coerced Coexistance e Insipid 2000, mostrando un richiamo a Colony. La struttura del brano è veloce e graffiante, vicina al melodic death metal per stilemi ma con un fine ben diverso che è comunque il privilegiare la melodia.
Il misto giri di note clean/chitarre distorte dell’affascinante Satellites and Astronatus richiama per davvero visioni spaziali, generando sensazioni che toccano con un dito l’immaginazione. È il brano meglio interpretato di tutti da Fridén, sia nei flebili clean vocals che nel chorus in scream particolarmente espressivo, e perdura una punta di nostalgia nei suoni fino al finale che è malinconico in tutto e per tutto. Ma ecco che l'heavy/death di Brush the Dust Away interrompe bruscamente con il suo veloce scandaglio di pedali di Svensson, dando una carica energica che è il proseguio ideale per Satellites and Astronauts.
Swim è banalotta ma ugualmente tiratissima e melodica, con alcuni dei richiami più vicini idealmente all'heavy metal, seppur sporcata da qualche elemento ritmico nelle chitarre che si ricollega al trademark più radicale del gruppo.
La successiva Suburban Me ne è l'esaltazione ancora più orecchiabile, ed è quasi senza ombra di dubbio il brano più melodico ed energico di tutti. Come Kei Marcello per Coerced Coexistance su Colony, su questa canzone l’assolo è composto da un ospite esterno, in questo caso Chris Amott. Il particolare utilizzo del bending conferisce una caratterizzazione molto sentita ed emozionale al brano, che risulta così fra i più riusciti del disco.
Ultimo brano, Another day in the Quicksand, il riavvicinamento più marcato allo stile At The Gates ma con i dovuti spunti dal resto dell’album (ed un secondo assolo molto melodico), e chiusura con il vinile apparso al minuto zero secondo zero di Bullet Ride che esce dal regime, ad informare con molta efficacia che l’album è terminato. In confronto al resto dell'album è uno dei pezzi meno originali e più scontati, ma si lascia ascoltare.
Le bonus track rilasciate nelle edizioni limitate di Clayman sono Strong and Smart, breve brano granitico e molto orecchiabile di grande impatto (cover del gruppo hardcore melodico svedese No Fun at All), e World of Promises, cover dei Treat, gruppo metal britannico ottantiano con molte reminescenze pop. La cover proposta, con inserimento di una registrazione a tratti lo-fi, rende molto più infuocato quanto fatto dai Treat, ma ne mantiene lo stesso molta orecchiabilità e sensazioni pure d’allegria, nonostante il chorus piuttosto significativo (“living in a world of promises, living in a world of dreams and hopes”).
Un album interessante Clayman, ancora più caratterizzato e ambizioso del suo predecessore, ma un po' discontinuo, con una serire di pezzi notevoli inframezzati da altri meno riusciti. Troppo particolare per essere superficialmente riunito nel calderone melodic death metal (nonostante sia un'etichetta che verso la fine degli anni '90 ha perso di significato per la maggior parte di gruppi) e per questo molto probabilmente i fan di vecchia data non lo digeriranno, mentre chi non è rigidamente seduto sui vecchi stilemi troverà di che apprezzare.
Peccato per alcune lacune, senza le quali si sarebbe potuto sfiorare il capolavoro. Forse per quello bisognerebbe tentare l’azzardo del reinventarsi del tutto, ma per l’appunto, sarebbe un azzardo, senza alcuna certezza sul risultato finale.