Voto: 
8.5 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Eat Metal Records
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Vanni Ceni - voce
- Mario Degiovanni - chitarra
- Salvatore Oliveri - basso
- Lorenzo Giudici - batteria


Tracklist: 

1. Lord Of The Wind (03:35)
2. Under The Sign Of Odin's Ravens (05:00)
3. Hussard De La Mort (03:08)
4. Ride Of The Templars (05:21)
5. Innoxia (Vercingetorix) (05:10)
6. Wrath Of North (03:42)
7. King Of Crows (The Dream Of Ronabwy) (04:07)
8. Stone Giants (04:35)
9. Black Conqueror (03:36)
10. The Cave (05:04)
11. Thermopiles (06:40)
12. Iron Shadows (04:08)

Wotan

Carmina Barbarica

Esistono band che si formano e dopo poco tempo incidono un disco, magari un capolavoro, destinato a rimanere nella storia, e ce ne sono altre, invece, per le quali un album rappresenta soprattutto il coronamento di anni ed anni di sacrifici. I Wotan appartengono senza dubbio alla seconda categoria. Il gruppo si forma nel lontano 1988 in Lombardia per volontà di Vanni e Marco, due amici accomunati dalla passione per l’Heavy Metal, per la storia e per la cultura pagana. Solo nel 1991 il complesso si esibisce dal vivo per la prima volte e si apre così un lungo ciclo di spettacoli. I concerti si contraddistinguono soprattutto per il grande impatto scenografico. Due anni dopo, nel 1993, i Wotan riescono finalmente a pubblicare un demo, intitolato Thunderstorm e contenente sette pezzi. Le poche copie del disco si esauriscono subito ma nonostante ciò il gruppo, l’anno seguente, decide di sciogliersi. Nel 1998 però i Wotan tornano in scena con una nuova line up. Under The Sign Of Odin’s Crows, secondo demo della band, esce nel 2000 e ha grande successo, soprattutto in Grecia. Bisogna aspettare però altri quattro anni per l’uscita del primo album.

Carmina Barbarica viene registrato nei Conquest Studio dei Doomsword, con i quali sono in ottimi rapporti. Il disco è ricco di interessanti spunti storici, a partire dalla copertina, sulla quale si trovano due fibule ostrogote a forma di aquila. E’ importante notare come la scelta non sia casuale, infatti le aquile, secondo i barbari ostrogoti, sono il simbolo della dignità imperiale. Ad aprire l’album troviamo un pezzo potente e tirato: Lord Of The Wind. I Wotan ricordano molto i primi Manowar ed altri gruppi storici quali Omen e Cirith Ungol. Il suono è grezzo e aggressivo, di stampo barbarico appunto, e la voce di Vanni lo rende ancora più oscuro. La traccia era presente anche nel secondo demo della band ma in questa occasione risulta essere più incisivo, grazie soprattutto alla buona produzione. La canzone seguente, Under The Sign Of Odin’s Ravens, invece, inizia in modo più dolce e armonico. Una batteria imponente scandisce poi un ritmo di guerra. La marcia è iniziata: i soldati vichinghi, guidati dai corvi di Odino, si preparano alla battaglia e la attendono senza alcun timore. Il pezzo in questione è più lungo, lento e ritmato del precedente e mostra i Wotan sotto il loro aspetto più sincero: quello epico. Hussard De La Mort, dopo un inizio cadenzato, esplode per diventare uno dei brani più duri dell’intero album. Ricorda molto la prima traccia ma ha comunque una propria identità. Da notare la partecipazione, nel ritornello, di Deathmaster, frontman dei Doomsword, a dimostrazione della già citata amicizia che lega le due metal bands. Il testo dimostra l’interesse, da parte del gruppo, per la storia e la guerra. L’ussaro era infatti un soldato di cavalleria leggera, armato di carabina, pistola e sciabola, in tempi Napoleonici.

Basta leggere il titolo di Ride Of The Templars per capire che i temi trattati nella canzone precedente non rappresentavano un caso isolato. Si cambia scenario storico: ora sono i membri dell’ordine militare-religioso del Tempio ad essere i protagonisti. L’ordine, fondato nel 1119 e soppresso nel 1312, aveva il compito di difendere il Santo Sepolcro dagli infedeli. Sono proprio questi gli argomenti di cui parla la canzone, a dimostrazione di una certa cultura di Vanni e compagni. Musicalmente si tratta di una vera e propria cavalcata, impetuosa e trascinante più che mai. Probabilmente si tratta del miglior pezzo di Carmina Barbarica. Tramite Innoxia (Vercingetorix) i Wotan rendono omaggio a Vercingetorige, immortale capotribù degli averni. Egli guidò, nel 52 a.C., il suo popolo in una rivolta contro la dominazione romana in Gallia. Nonostante alcune vittorie, venne catturato da Cesare e, portato a Roma, fu giustiziato. Il pezzo segue la linea musicale della canzone a cui succede ma si ascolta, in ogni caso, piacevolmente.

Tornano i guerrieri vichinghi nel pezzo seguente, intitolato appunto Wrath Of North. Si tratta di un ritorno alle sonorità di Lord Of The Wind e Hussard De La Mort: batteria martellante e ritornelli indelebili. Abbandonati nuovamente i ritmi più elevati, si prosegue con King Of Crows ( The Dream Of Ronabwy). E’ un buon pezzo e, come da abitudine, lascia un ricordo incancellabile nella mente di chi ascolta per via della sua immediatezza. Il Sogno Di Ronabwy è un’opera letteraria, di un autore sconosciuto, che tratta della guerra fra Artù e Owein, figlio di Uryen di Reget. Il racconto è un intreccio tra l’antico mondo celtico e quello cavalleresco, decisamente più raffinato. Ricca di contraddizioni e anacronismi rimane comunque un’opera interessantissima. Stonehenge affascina da sempre milioni di persone, tra cui i componenti dei Wotan, e Stone Giants ne è appunto la conferma. Molti sono i dubbi e gli interrogativi sul passato delle leggendarie rocce britanniche. Interminabili ricerche tentano di dare una soluzione ai tanti quesiti, senza però mai riuscirci. Neanche la band stessa sa come giustificare un monumento così straordinario e misterioso. In ambito musicale la canzone è caratterizzata da cori, che sembrano ricreare l’atmosfera di quei tempi lontani, e da un ritmo sempre incalzante, scandito dall’abile Lorenzo e dalla sua batteria. Black Conqueror non da un attimo di tregua all’ascoltatore. Vanni fa da padrone in questo brano e lo fa con grande stile, risultando molto più aggressivo del solito. Nonostante ciò però, la song non è all’altezza delle precedenti.

Dopo un mezzo scivolone, il gruppo si riprende con l’oscura The Cave. Aprono il brano possenti cori, che ricordano quelli di “Stone Giants”, e proseguendo si nota come la traccia sia molto più articolata delle altre. Chitarre classiche di accompagnamento, una struttura più complessa e frequenti cambi di ritmo mettono in mostra i Wotan nella miglior forma. Ma il vero e proprio capolavoro di Carmina Barbarica è Thermopiles, nella quale la band tributa gli eroi classici. Le Termopili (dal greco “porte calde”), per chi non lo sapesse, erano uno stretto passaggio che rendeva possibile il collegamento tra la Tessaglia e la Locride. Esse prendono il nome dalle sorgenti termali presenti nelle vicinanze. Oggi queste, a causa dei depositi alluvionali, sono una pianura paludosa. Famosa è la battaglia delle Termopili, evento di cui tratta il brano, che si svolse durante le guerre persiane. In quell’occasione perì Leonida, insieme a circa 1400 uomini, tentando di bloccare l’avanzata dell’esercito persiano, guidato da Serse, nella Grecia centrale. I Wotan riescono perfettamente a ricreare l’atmosfera di quel glorioso scontro, scrivendo così una delle migliori interpretazioni di sempre in ambito di Epic Metal nazionale. La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla narrazione centrale in greco antico, ad opera di Greg Varsamis, tratta dall’opera Storia di Erodoto. Il risultato ottenuto si avvicina molto a quello di Dark Avenger, illustre canzone dei Manowar. A chiudere il primo album dei Wotan si trova Iron Shadows, che paga molto la successione ad un brano del calibro di “Thermopiles”. La song è piacevole ma nemmeno paragonabile ad altri pezzi del disco, malgrado un ritornello semplicemente geniale.

Finisce così Carmina Barbarica, un disco voluto e sudato, suonato con rabbia e amore. E’ un buonissimo album di Epic Metal, pubblicato da un gruppo la cui storia è segnata dalla sfortuna ma anche dalla grinta. Un elogio particolare va a Vanni e Marco, che hanno superato, grazie alla voglia e alla testardaggine, numerosi problemi. Buona musica e testi culturalmente interessanti, cosa si può chiedere di più?

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