Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Epic
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Eicca Toppinen - violoncello
- Perttu Kivilaakso - violoncello
- Paavo Lötjönen - violoncello
- Mikko Siren - batteria


Tracklist: 


1. Worlds Collide (04:28)
2. Grace (04:09)
3. I'm Not Jesus (03:34)
4. Ion (03:46)
5. Helden (04:18)
6. Stroke (04:32)
7. Last Hope (04:47)
8. I Don't Care (03:57)
9. Burn (04:16)
10. S.O.S.(Anything But Love) (04:19)
11. Peace (05:49)

Apocalyptica

Worlds Collide

Dopo il successo internazionale, universalmente riconosciuto non soltanto per la diversità della proposta musicale ma anche e soprattutto per la qualità della creazione e dell’esecuzione, gli Apocalyptica hanno deciso di esplorare un nuovo mondo artistico cercando di far coincidere le evoluzioni dei loro tre violoncelli con una precisa struttura canora e, soprattutto, un interprete. Forse per attirare ulteriormente l’attenzione mediatica, o più probabilmente per avere la garanzia di ottime prestazioni vocali e validi contributi compositivi, per quest’ultimo “Worlds collideEicca Toppinen, Paavo Lötjönen e Perttu Kivilaakso (senza dimenticare il batterista, a tutti gli effetti membro della band, Mikko Sirén) si sono rivolti a Cristina Scabbia, frontwoman dei nostri Lacuna Coil, Corey Taylor, leader di Slipknot e Stone Sour, Adam Gontier, frontman dei canadesi Three Days Grace, e Till Lindemann, cantante della band industrial tedesca Rammstein: artisti, tutti, di assoluto livello internazionale, in grado di interagire al meglio con i 3 archi e di inserirsi in maniera tutt’altro che traumatica in un contesto musicale tipicamente metal.

Non può essere certamente casuale il fatto che i tre singoli estratti dall’album siano proprio le compartecipazioni del nostro orgoglio nazionale Cristina Scabbia, di Corey Taylor e di Adam Gontier, i quali riescono a valorizzare in maniera sublime il superbo accompagnamento musicale dei 3 archi. Non si può negare che uno strumento come il violoncello sia, per sua stessa natura, estraneo al ruolo di “canto”, pur tuttavia il trio finnico è da sempre riuscito a violare questa atavica regola trasformandone il suono, per molti versi opaco, proprio nel “canto” dei suo pezzi: il fatto che, in questo album, essi dovessero ricondurre i loro strumenti nel solco della tradizione compositiva, affidando il ruolo di guida ad una reale voce umana, non era impresa certamente facile né tantomeno immediata, giacché, essendo il metal un genere musicale che fa della potenza più propriamente elettrica l’emblema della sua geniale diversità, era alto il rischio di assistere al totale soffocamento del suono degli archi. Così non è stato. Al contrario, proprio l’alternarsi di brani (magnificamente) cantati e pezzi puramente strumentali finisce per valorizzare ulteriormente l’abilità dei 3 musicisti finlandesi: il contrasto di questi 2 “mondi” che “collidono” manifesta infatti in maniera ancor più evidente la difficoltà (ampiamente superata) di saper coinvolgere l’ascoltatore anche in assenza di parole da intonare, ed episodi del calibro di Worlds Collide (sorprendente il seppur breve assolo di violoncello), Stroke, Burn e Peace, seppure con ritmiche e sfondi sonori profondamente diversi, ne sono palese dimostrazione. Da sottolineare con ancor più vigore la traccia numero 2, Grace con il gradevole apporto del compositore/chitarrista giapponese Tomoyasu Hotei: ritmo trascinante, suono preciso e straordinariamente pulito, melodia accattivante ed estremamente piacevole.

Unico momento decisamente insoddisfacente dell’album è, in questo caso, Ion: gli archi vengono quasi completamente sommersi da un sound con nitide sfumature industrial e non si capisce fin dove questa scelta, a dir poco grottesca, rappresenti un nuovo fronte di sperimentazione o funga più semplicemente da introduzione alla traccia successiva, data la presenza del più valido esponente dell’industrial europeo, ossia Till Lindemann.

Tralasciando questo trascurabile peccatuccio (quale album non presenta mai almeno un brano non perfettamente riuscito?), anche questa volta gli Apocalyptica sembrano soddisfare appieno sia le esigenze di loro precedenti fan, affezionatisi ad una musica indubbiamente unica nel suo genere, sia le necessità economiche delle case discografiche, che quasi sempre richiedono un qualche appiglio ai gusti da mainstream: complimenti davvero.

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