- Alison Shaw - voce
- Jim Shaw - batteria
- Mark Francombe - chitarra
- Matt Cope - basso, chitarra
1. Everywhere
2. Cloudless
3. Jewel
4. Far Away
5. Adrift
6. Clear
7. Sun & Sky
8. And Ever
9. Golden
10. Rainbows
11. Shine Like Stars
Forever
La dimensione onirica ed eterea dei Cocteau Twins, dopo aver marchiato profondamente gli anni Ottanta, esercitò un’influenza elevata sulle formazioni che stavano per proiettarsi nella realtà del successivo decennio: una delle bands che recuperò l’eco di Elizabeth Fraser e compagni fu il progetto Cranes, nato a Portsmouth a metà degli anni Ottanta e all’inizio fortemente debitore del sound malato e claustrofobico dei Joy Division e dei Cabaret Voltaire.
Dopo aver prodotto le prime opere, epigoni non convincenti del Dark britannico, il quartetto capeggiato dai fratelli Alison e Jim Shaw si addentrò in composizioni più sperimentali, in cui la destrutturazione sonora dei tedeschi Einstürzende Neubauten incontrava una sensibilità più composta e raffinata, guidata dalla voce spettrale e bambinesca della stessa Alison.
Il tour mondiale del 1992 come supporto agli ormai storici ed affermati Cure, reduci dalla pubblicazione di Wish, permise ai Cranes di guadagnare popolarità e di giungere all’uscita di Forever, apice della maturità e della freschezza compositiva del gruppo inglese. I Cranes giocano con una tavolozza di colori freddi per tutta la lunghezza di Forever, dimostrandosi consapevoli nelle ballate di chitarra acustica e di pianoforte e glaciali negli episodi squisitamente Darkwave.
Il Dream Pop tessuto non ha tensioni verso l’etereo dei Cocteau Twins, ma resta più legato ad una matrice cupa e decisamente gotica: l’eleganza stilistica di una canzone tanto delicata quanto funerea come Everywhere ha ripercussioni già profonde sullo sviluppo di Forever, perché nei costanti accordi di chitarra acustica (dove riaffiora l'indole di Nick Cave) si cela tutta la perdizione esistenziale dei Cranes.
Tra capitoli intrisi di romanticismo oscuro (Cloudless e Far Away) e rivisitazioni malate di Joy Division e Cure (il meraviglioso singolo Adrift) prende forma un album dall’atmosfera inquietante e grave, completamente giocato sulla contrapposizione dell’alone tenebroso e della voce puerile di Alison Shaw. E’ proprio il cantato a garantire l’approccio dolce ed arcano tipico della band, conducendo ogni canzone verso meandri sonori esplorati in maniera più minimalista dai Dead Can Dance o più distesa ed elaborata dai Cocteau Twins.
Jewel poi riscosse un certo successo tra gli ascoltatori grazie anche al remix condotto da Robert Smith dei Cure, che lanciò i Cranes su scala internazionale, dando loro la possibilità di stregare il pubblico Dark nostalgico degli anni Ottanta.
Tra temi gravi e malinconici di pianoforte si evolve un album carico di esistenzialismo nero, dove l’aura funebre delle tastiere fa emergere un gusto ottantiano raro e prezioso. Sebbene Forever rappresenti il disco della svolta per il quartetto di Portsmouth ed appaia come più articolato e meno soffocante dei precedenti lavori, i Cranes non cedettero comunque ai cliché dell’ormai affermato Dream Pop dei maestri Cocteau Twins, fondendo elementi Dark ed Industrial con una maestria comune a poche formazioni del periodo: Forever è pertanto un piccolo gioiello non solo nella discografia della band, ma all’interno di un panorama individualista e costantemente votato alla ricerca sonora come quello derivato dal Post Punk inglese tra gli anni Ottanta e i Novanta.