- Peter Cetera – voce, chitarra, basso
- Bill Champlin - piano, tastiera, chitarra
- Robert Lamm - piano, tastiera, percussioni, backing vocals
- Lee Loughnane - tromba, corno, percussioni, backing vocals
- James Pankow - trombone, percussioni, backing vocals
- Walter Parazaider - sassofono, flauto, clarinetto
- Danny Seraphine - batteria, percussioni
Guests:
- Steve Lukather - chitarra
- Michael Landau - chitarra
- Chris Pinnick - chitarra
- David Foster - tastiera
- David Paich - tastiera
- Steve Porcaro - programming
1. What You're Missing
2. Waiting For You To Decide
3. Bad Advice
4. Chains
5. Hard To Say I'm Sorry
6. Follow Me
7. Sonny Think Twice
8. What Can I Say
9. Rescue You
10. Love Me Tomorrow
Chicago 16
Nati nel lontano 1967 nella città che oltre ai natali ha dato loro anche il nome, i Chicago, che in quanto a fama e popolarità negli States sono stati secondi solo ai Beach Boys, rappresentano da sempre una delle massime espressioni della West Coast music ed hanno influenzato tante altre celebri band americane, come Supertramp e Toto, solo per citarne un paio. Nel loro lungo ed intenso percorso artistico hanno affrontato diversi stili e generi, dal progressive rock alle varie sperimentazioni e alle contaminazioni jazz fino ad approdare negli anni ’80 a sonorità più melodiche che andavano ad inserirsi nel filone dell’Adult Oriented Rock, e più precisamente in quel sottogenere allargato che viene più specificatamente denominato Adult Contemporary Pop-Rock.
Nonostante siano stati una delle maggiori e più note, oltre che apprezzate, band rock d’oltreoceano la loro notorietà in Italia è sempre stata ridotta e legata a doppio filo con le loro due maggiori hit, If You Leave Me Now (da X del 1976) e Hard To Say I’m Sorry, quest’ultima tratta proprio dal qui discusso Chicago 16, probabilmente l’album che meglio li rappresenta nella loro veste più melodica e, tanto stilisticamente quanto temporaneamente, legata agli anni ottanta.
Questo cambio stilistico indirizzato verso sonorità più melodiche fu intrapreso ed agevolato grazie anche alla nuova diligente produzione del canadese David Foster e all’ingresso nel gruppo del polistrumentista Bill Champlin, pronto a divenire presto, insieme al cantante Peter Cetera, la vera anima della band, che nel giugno del 1982 confeziona questo magnifico esemplare di brillante ed elegante West Coast, chiamando anche a partecipare non pochi ospiti illustri tra i quali spiccavano lo stesso Foster e i tre Toto Steve Lukather, David Paich e Steve Porcaro.
La canzone che rese celebre l’album e che consolidava quel lustro che il combo di Chicago da lì a poco avrebbe visto gradualmente ridursi fu proprio la bellissima Hard To Say I’m Sorry, la quale divenne la hit di quell’estate oltre che indimenticabile colonna sonora di alcuni film e più in generale di quegli anni; aperta dalle note delicate del piano di Champlin ed interamente sorretta dalle melodie romantiche e struggenti e dalla malinconica interpretazione di Cetera, prima di lanciarsi in un altrettanto efficace e piacevole finale dal flavour jazzistico, in cui far risaltare il suono delle trombe e le abilità dei vari strumentisti coinvolti.
Quindi nonostante la chiara svolta più melodica, in direzione AOR ed arena rock, il loro sound non aveva mai perso le proprie radici, legate ad una commistione di elementi jazz, progressive e pop, lasciando talvolta predominare singole sfumature, come avviene ad esempio con le più jazzistiche Bad Advice e Sonny Think Twice, e preferendo tal’altra amalgamarle in un sound unico ed inimitabile, e basti in tal senso citare What Can I Say, delicata ed elegante composizione che si spinge fino a soluzioni quasi R&B. Anche l’attacco di chitarre in pieno stile arena rock dell’opener What You're Missing si stempera presto in soluzioni più morbide ed articolate, sempre caratterizzate dalle varie e quasi impercettibili sfumature tipiche del loro sound, quando invece le più solari e pop-oriented Waiting For You To Decide e Follow Me donano un’ennesima diversa nota di colore al platter.
Altra hit presente nel sedicesimo album del combo americano fu la closer Love Me Tomorrow, ballad dal delizioso quanto indiscutibile sapore West Coast/AOR, per merito soprattutto delle sognanti melodie perfettamente rese dalle tastiere di Bill Champlin e dalla voce suadente di Peter Cetera, come decisamente improntate a stilemi più tipicamente AOR erano la bella e particolare Chains e la più sontuosa Rescue You, in possesso di keys piene e pompose e bellissimi chorus.
Dieci eleganti e raffinate composizioni, affidate a musicisti di indiscusso valore e provata esperienza, ed in tal senso preme citare la performance pressoché perfetta del drumming di Danny Seraphine, dato che di Cetera e Champlin si era già abbondantemente detto, ed ancor di più una manciata di indimenticabili hit, Hard To Say I'm Sorry e Love Me Tomorrow su tutte, hanno fatto di Chicago 16 uno dei più famosi e massimi esempi di musica West Coast di sempre, oltre che uno spaccato storico di quegli anni.