Joel Fornbrant - Voce
Anders Bertilsson - Chitarra
Daniel Schröder - Chitarra
Oskar Pålsson - Basso
Anders Jakobson - Batteria
1. Reversing the Order
2. Citizens of the Cyclopean Maze
3. Symptoms of Sickness
4. The Black Dog Syndrome
5. Comatose State
6. Paradox Lost
7. The Last Bitter Twist
8. Seizures
9. The Machine
10. I Am the Doorway
11. Scare Tactics
12. Deliverance of the Rejected
Rotting Paradise
Ogni tanto è veramente piacevole avere delle conferme rapide è di qualità anche in ambito musicale. Se poi la conferma in questione riguarda un gruppo pressoché "giovane", capace di stupire e portare un pò di freschezza in ambito estremo, possiamo solamente sederci e gustare il nuovo lavoro degli svedesi Coldworker.
Avevamo lasciato la band di Örebro nel 2006 dopo la pubblicazione del gustosissimo debut The Contaminated Void, capace di mescolare alla perfezione grind tipicamente europeo/scandinavo con il death metal minimale di Dismember e soci. Ma soprattutto aveva visto il ritorno sulle scene di un ex membro dei Nasum, il batterista Anders Jakobson, dopo la morte di Mieszko Talarczyk, con l'intento di proseguire alcuni degli esperimenti iniziati con i compagni di un tempo.
La già straripante personalità dimostrata in particolare dagli sconosciuti musicisti che Jakobson ha chiamato alla sua corte, diventa in questo Rotting Paradise marchio di fabbrica. La prima cosa che si nota è il progressivo allontanamento dal grind in quanto tale e l'approdo ad un death metal canonico solo nella sua definizione. Non preoccupatevi: non mancano neppure qui le sfuriate in blast-beat, la voce gutturale, i riff caotici, ma il tutto è interpretato in una chiave più strutturata e meglio costruita che lascia ampio spazio ai classici mid-tempos pesanti e grezzi e a soluzioni melodiche meno confusionarie.
Si sente forte il richiamo a livello espressivo a band leggendarie come Brutal Truth e Napalm Death, al loro stile thrasheggiante e granitico. Ma i Coldworker riescono nell'impresa comunque di staccarsi, lanciandosi nella composizione di tracce che sono sia carne che pesce e puntando senza mezzi termini sulla potenza dei pezzi.
Un lavoro di qualità superiore che, come la tradizione vuole, colpisce e si fa apprezzare fin dal primo momento, presentandosi come un bel pugno in faccia all'ascoltatore desideroso di violenza musicale. Ciò che veramente stupisce è il livello medio altissimo del disco, che quasi non mostra cali nel suo scorrere. Dodici pezzi gustosi di puro death-grind nudo e crudo: già con Reversign The Order si viene catapultati nel pieno della battaglia sonora inaugurata dai Coldworker e si continua in questa sorta di "scilla e cariddi" con Symptoms Of Sickness, Paradox Lost, I Am The Doorway, Scare Tactics e via dicendo tutte le altre, in un vorticoso amplesso di potenza sempre maggiore.
Come si diceva in apertura, una delle poche conferme nello statico mondo del metal, arricchita dal fatto che i Coldworker rappresentano in parte una band ormai scomparsa e rimasta nel cuore di moltissimi fan (compreso chi sta scrivendo). Aspettando un fatidico terzo disco che li spedisca nell'olimpo quanto meno della musica estrema, godiamoci questo Rotting Paradise e un gruppo dotato dei così detti attributi.