- Mat Devine - voce, chitarra
- Dan Wiese - chitarra
- Jonny Radtke - chitarra
- Greg Corner - basso
- Elias Mallin - batteria
1. (Sleep Tight)
2. Believer
3. Lips Like Morphine
4. Boys & Girls
5. The Songs That Saved My Life
6. Crazy Angel
7. 10 More Minutes With You
8. The Collapse
9. Love You To Death
10. Kennedy
11. Black Poison Blood
12. They Can’t Save Us Now
13. (Life In The Arctic)
Bonus Tracks
14. The Chase
15. Nerve Gas
Until There's Nothing Left Of Us
Dopo quasi due anni dall’uscita oltreoceano, grazie alla mediazione della Roadrunner Records, anche in Italia è arrivato Until There’s Nothing Left Of Us, il cd che segna il debutto effettivo dei Kill Hannah. Come ogni produzione della casa di distribuzione, il lavoro del quintetto di Chicago giunge corredato da numerose lodi, tra cui spicca quella di Billy Corgan che li definisce “Il futuro della scena rock di Chicago”. Ritenuti il link mancante tra The Killers, The Cure, Smashing Pumpinks e My Chemical Romance, la band sembra invece proporre una versione semplicemente più melensa del sound di questi ultimi. Nonostante l’incredibile successo con cui sono stati accolti in quasi tutto il mondo, ottenuto tra l’altro con il solo ausilio di internet, i cinque americani ripropongono un emo-punk-pop, che tanto piace in questo periodo, senza assolutamente nulla di innovativo. Anzi, se esistesse un sottotitolo per questo album, sarebbe sicuramente “Variazioni Sul Tema”.
Il tema in questione viene presentato nella traccia di apertura Believer (che contiene anche il titolo: “I need you to believe in me/ until ther’s nothing left of us”) e rivisitato con pochissime modifiche in tutte le canzoni successive. Proprio questa monotonia impedisce all’eventuale bravura dei musicisti di emergere e l’unica cosa che si può effettivamente analizzare è la voce di Mat Devine: nasale e con un’estensione decisamente limitata. Arrivati a questo punto si potrebbe anche concludere che Until There’s Nothing Left Of Us è un cd pressochè inutile e la band è destinata a scomparire dalla scena musicale in tempi abbastanza brevi, ma è proprio qui che rimarrete stupiti: quest’album ha qualcosa di non meglio identificabile nella sua banale semplicità, una sorta di disperata malinconia che impedisce all’ascoltatore di spegnere lo stereo. Ovviamente sarà largamente apprezzato da chi già stravede per il genere “emo-soft”, ma potrebbe giovare anche a chi, pur avendo preferenze differenti, sente il bisogno di una sana dose di commiserazione in una giornata “no”: ogni tanto fa bene piangersi un po’ addosso, e è proprio quello di cui avete bisogno, provare per credere!