- Luca Ottoz - voce, chitarra
- Gregory Tampan - basso, voce
- Florian Blua - batteria, percussioni
- Danilo Mele - chitarra, voce
- Diego Tuscano - voce in L’Addio Ideale
- Stefano Blanc - violoncello in L’Addio Ideale e Dissoluto
1. Via Con Me
2. L’Addio Ideale
3. Che Non Sia Una Stella
4. Dissoluto
5. Giuly
6. Strani Voli
7. Ma Ha Un Senso (Piove)
8. Spazio/Tempo
9. Acquatica
L'Addio Ideale
L’Addio Ideale è l’ultimo lavoro dei Re Di Maggio, band nata nel 1996 a Courmayeur che arriva alla pubblicazione di questo disco appoggiandosi all’esperienza maturata da 2 precedenti full lenght nonché una lunga serie di date live, che dovrebbero aver fornito le condizioni necessarie per una calibrata crescita tecnica ed una ragionata ricerca della direzione stilistica da seguire.
A livello prettamente musicale la proposta di questo gruppo si rivela particolare sotto più aspetti, mescolando il più classico dei rock’n’roll dalle fattezze blueseggianti con distorsioni pesanti e riffs costruiti su poche note di ispirazione grunge, dilatando spesso i brani con divagazioni strumentali che si avvicinano al progressive, senza tuttavia raggiungerne la tipica complessità.
Via Con Me, traccia d’apertura, si rivela purtroppo decisamente debole, molto scontata e suonata con poca convinzione, priva delle influenze che il gruppo dimostrerà nel corso del disco.
Fortunatamente il suo rock sbiadito lascia spazio a pezzi come Che Non Sia Una Stella , chitarre pesanti che si fanno ipnotiche intrecciandosi nell’intermezzo strumentale e basso distorto che rende più spesso e corposo il tappeto sonoro sottostante la voce, purtroppo inadatta a questo tipo di pezzi, così come la batteria, veramente troppo timida per risultare convincente.
Con Dissoluto i musicisti trovano una dimensione più adatta al proprio approccio e al proprio stile: arpeggi puliti spolverati di riverbero lasciano spazio ad una voce rilassata che non deve sforzarsi di apparire più aggressiva di quanto in realtà non sia. Una batteria sempre in secondo piano, ma questa volta un tocco soft e privo di fronzoli o virtuosismi é giustificato a pieno, lasciando tutto lo spazio possibile all’emotività che cerca di trasmettere il pezzo.
Chitarre sporche ed aggressive tornano in episodi come Giuly o Ma Ha Un Senso (Piove), aggressività che purtroppo non rientra proprio tra le caratteristiche di questa band, perché ad eccezione dei distorsori carichi e dei rock cliché chitarristici, tutto il resto sembra totalmente estraneo a questo tipo di dimensione, assolutamente incapace di colpire l’ascoltatore con la forza e la decisione necessaria.
La voce non esce mai dai suoi stretti registri, non osa alcun urlo liberatorio, non lascia trasparire alcuna rabbia nemmeno nei pezzi in cui sarebbe necessaria.
Purtroppo i suoni deboli e più vicini agli standard di un demo rispetto a quelli di un disco vero e proprio (per giunta il terzo) non aiutano di certo, indebolendo ancora di più il risultato finale.
Tutto questo è un peccato perché le idee ci sono, anche se le melodie non particolarmente ispirate contribuiscono a rendere i pezzi meno accattivanti, aggiungendosi a tutti i difetti sopra elencati. Sembra che lo sbaglio principale dei Re Di Maggio sia proprio quello di inseguire un genere che è nelle loro corde, la dimostrazione è che danno il meglio durante le canzoni più rilassate, caratterizzate da passaggi più distesi nei quali si sovrappongono più strumenti, senza cercare di risultare “cattivi” a tutti i costi.
Ma al di là di ogni considerazione sia stilistica che tecnica, sembra che, più di ogni altra cosa, questa band abbia bisogno di maturare ancora concentrandosi prima di tutto sulle melodie, e successivamente eliminando dalla propria musica tutti quegli elementi che suonano solo come forzature.
Ci sono buoni spunti, ma la strada per raggiungere qualcosa di completo e convincente è ancora abbastanza lunga.