- David Yow - voce
- Duane Denison- chitarra
- David Sims- basso
- Mac McNeilly- batteria
1. Then Comes Dudley
2. Mouth Breather
3. Nub
4. Seasick
5. Monkey Trick
6. Karpis
7. South Mouth
8. Lady Shoes
9. Rodeo in Joliet
Goat
Mezz’ora di assoluta claustrofobia, nevrosi, follia. Il quartetto di Chicago artefice di questa mezz’ora indimenticabile nasce nel 1988 dall’incontro tra David Yow (già cantante negli Scratch Acid), David Sims (bassista dei Rapeman), il chitarrista Duane Denison e il batterista Mac McNeilly. E’ un incontro fatale per il rock, l’hardcore e il noise che verranno dopo, soprattutto dopo Goat, terzo lavoro, dopo l’EP Pure e l’album Head. Goat è senza ombra di dubbio il lavoro migliore di questa band innovativa e musicalmente capacissima, un lavoro dall’impatto devastante.
La forza espressiva dei tre musicisti è immensa, e si accompagna alla voce delirante e sgraziata di Yow, una voce che rifugge da qualsiasi melodia e che trasmette continuamente irrequietezza, delirio.
La chitarra di Denison si inserisce sempre in maniera perfetta in qualsiasi pezzo, e parla e comunica quanto la voce di Yow; è impressionante quanto i suoni di questo grande chitarrista fin dal primo brano Then Comes Dudley riescano a comunicare con esattezza la nevrosi, la rabbia del pezzo. Se poi alla chitarra si aggiunge una voce espressivissima come quella di Yow lo scopo è più che raggiunto. Il forte impatto è reso anche da basso e batteria, che creano suoni sempre originali ed energici. La bomba esplosiva di questi quattro artisti si snoda con la stessa violenza attraverso i brani, da quelli più rockeggianti come Nub a quelli più noiseggianti come Mouth Breather o la stupenda Seasick. Delirante la ripetizione dello stesso riff di chitarra in Nub, dall’inizio alla fine: sembra che prima o poi durante il pezzo possa cambiare qualcosa, invece no, la chitarra continua maniacalmente nell’intento di far scappare i tuoi neuroni impazziti. Impossibile non spendere qualche parola sulla bellissima Seasick: avete mai temuto di annegare? Se sì allora vi immedesimerete facilmente nell’attore Yow (Yow non è un semplice e canonico cantante che esegue i brani, è un attore di teatro carico di verve e di capacità espressiva); se invece non avete mai provato la paura di affogare, beh, anche in tal caso non sarà difficile immaginare...basta l’inizio del pezzo, con la chitarra che lentamente sembra scandire il momento in cui le mani del povero nuotatore tentano invano di trovare un appiglio; e a questi brevissimi attimi segue l’urlo disperato di Yow: I can’t swim, I can’t swim! Yow che aspetta qualcuno, Yow che trema di angoscia e che riesce a trasmetterti in modo impressionante le sue sensazioni.
Monkey Trick è un energico concentrato di tutta la paura e la rabbia che i Jesus Lizard hanno in corpo: ancora una volta perfetto è il mix fra la voce e gli strumenti, Yow & company si prendono davvero per mano in questo lavoro, e quando Yow è teso lo sono anche batteria, chitarra e basso; quando Yow con i suoi conati canta la sua più profonda rabbia lo stesso effetto ci è dato dagli strumenti. Bellissimi quei brevi momenti in cui la chitarra si lascia andare nella descrizione in pochi accordi e poco tempo della più completa disperazione. La rabbia di perdere qualcuno è invece al centro della bellissima Karpis: se io non posso averti, nessun altro potrà! Queste le parole di Yow, cantate con una certa sicurezza unita a nervisismo, nervosismo che esplode successivamente quando Yow urla e scandisce più volte il secco No!No!No! Il tutto accompagnato dagli strumenti che accentuano questa rabbia impotente.
In questo capolavoro si sente non poco l’influenza del grande e tuttofare Steve Albini, il padrino del quartetto; Goat è un melting pot di hardcore, noise, blues (un blues maniacale, malato, distorto). Tutto l’album è un continuo alternarsi di momenti di angoscia, altri di tensione, di suspance, di rabbia e scatti maniacali, dal primo brano Then Comes Dudley fino all’ultimo Rodeo in Joliet, passando per Karpis, Nub, Lady Shoes. L’ultimo brano Rodeo in Joliet (sembra quasi una parodia di Romeo and Juliet) è la fine perfetta di un album malatissimo; in questa ultima perla troviamo ancora una volta ma sempre in maniera originalissima le ripetizioni maniacali della chitarra, il tempo scandito dalla batteria, il suono metallico del basso, la voce tormentata e nervosa di Yow.
Semplicemente un capolavoro.