Ben Hogg - Voce
Erik Larson - Chitarra
Bo Leslie - Chitarra
Summer Welch - Basso
Dave Witte - Batteria
1. Bleed Blister or Cum
2. Show Him the Ground
3. Mentoring the Mongoloids (Return to the Attic)
4. Turning Big Rocks into Little Rocks
5. Murder the Homeless/Burn the Upper Class
6. Where Black Lungs Don`t Breathe
7. Lice Halo
8. Satisfy the 45
9. To My Victims
10. Overfucked and Underage
11. Liquor Blisters
Sulfur and Semen
E' con un poco di sorpresa che ci accingiamo ad analizzare il nuovo disco dei Birds Of Prey; sorpresa dovuta al fatto che dopo il mediocre debutto di due anni fa (Weight Of The Wound) non in molti avrebbero scommesso che questa sorta di side-project, che vede come protagonisti alcuni degli artisti di punta della scena sludge-core americana, avrebbe avuto un futuro certo. E invece questa volta siamo stati smentiti.
Insomma, non che se ne sentisse un bisogno impellente, anche perchè il precedente disco aveva mostrato grandi buchi compositivi e provocato sbadigli di noia già al secondo ascolto, pur salvato in extremis dalla buona produzione e da alcune soluzioni ammiccanti. In questo caso c'è da dire che comunque un minimo di impegno in più Ben Hogg e compagni ce l'hanno messo.
Rimane sempre e indissolubile lo stile che contraddistingue la band anche extramusicalmente. Ma non poteva che essere così perchè i Birds Of Prey sono la sintesi delle varie anime ed esperienze messe in campo dai suoi componenti. Abbiamo quindi una solida struttura sludge che puzza di southern, di whisky, di sabbia e si muove con fare grezzo, sporco in un mare che tocca i lidi del thrash e del death metal, fino addirittura al doom. Il che rende ogni canzone un macigno difficile da portarsi dietro.
Perchè in fondo il problema principale del gruppo (anche se forse è esagerato parlare di problema dato che si tratta di una ricerca sonora) è quello di essere estremamente duro da digerire e quindi terribilmente noioso. Si sa che lo sludge, come altre forme espressive simili ma meno pesanti, si ama o si odia, con i suoi tempi macchinosi e le sue sonorità stanche e sabbiose. Di conseguenza, soprattutto quando la velocità si abbassa, lo spettro della noia fa capolino e rischia di rovinare tutto il buon lavoro messo in mostra.
Ed infatti fino alla prima metà, il disco mette sul tavolo delle carte interessanti, soprattutto per quanto riguarda un drumming più thrasheggiante e alcune soluzioni pseudo melodiche a volte evocatiche a volte apocalittiche capaci di comunque focalizzare l'attenzione dell'ascoltatore. Ne sono esempi l'opener Bleed, Blister Or Cum, Mentoring the Mongoloids (Return to the Attic) oppure Murder the Homeless/Burn the Upper Class. Ma dalla traccia numero sei l'album continua a sprofondare in livelli di noia sempre più elevati, con uno stanco riproporsi di riff già sentiti. Trovano comunque spazio alcune belle prove come Lice Halo o la conclusiva Liquor Blisters (dove addirittura spunta qualche blast-beat).
Nella sua generalità il disco comunque tendenzialmente si fa ascoltare e rappresenta un esempio di alto livello in ambito sludge. Il problema è poi decidersi a riascoltarlo una seconda o terza volta. Nota di merito anche alla copertina in stile Evil Dead molto efficace. La conclusione è la stessa del lavoro precedente: consigliato a chi ama il southern e gli ultimi lavori degli Entombed.