- Eumel - chitarra, voce
- Volkmar - basso
- Pest - tastiera
- Skeletton - batteria, screams
1. The Last Hope Burned Down To Dust
2. Sometimes
3. Perfect Without Mercy
4. The March Of Revenge
5. Game Of Violence
6. Heavy Metal
7. Dance With Me
8. The Fire
9. The Naked Beauty
10. No Questions
11. The Smell Of Death
12. Revelation
13. Total Human End
Allegro Barbaro
Dopo due anni i Die Apokalyptischen Reiter tornano in campo con le stesse intenzioni dell’esordio: spaccare i timpani con un black metal molto sinfonico, arricchito da tastiere dal sapore epico ma non barocco colpevole solo di una corposa dose di egocentrismo. La coesione rappresentata dai nostri quattro eroi è in eterno equilibrio lungo l’intero ascolto e fin dalle prime note di The Last Hope Burned Down To Dust in cui il piano ci introduce un pezzo ai confini tra il lirico ed il dark; la malinconia delle note ci trasporta in un’altra epoca fin quando la firma a nome Die Apokalyptischen Reiter ci sputa addosso un black rabbioso, dalle sporadiche sfumature death e dalle unghie affilatissime, come già Soft & Stronger ci aveva abituati.Le tastiere la fanno sempre da padrone, pur non avvinghiandosi mai contro la rocciosa essenza del guitar style, mai grezzo e sempre ben concepito (molto più simile al black superprodotto che al grezzo true black).
È molto piacevole assaporare ritmi ed atmosfere distinte, pur mantenendo un approccio lugubre e concettuale che fa della loro proposta una vera esperienza musicale. Anche in pezzi diretti e convinti come Game Of Violence, traspare un’alta attenzione verso gli arrangiamenti, ancora più intensa nelle parti di tastiera rispetto all’album precedente ma pur sempre a 360° rispetto a quanto la band ci aveva abituati. I cori, i break, tutto è calibrato e incastonato con il massimo dettaglio.Per una band che si muove dal sovrappopolato terreno del black sinfonico alla epica isola dei defenders, non poteva mancare un brano chiamato Heavy Metal, un inno alla resistenza ed alla battaglia che non a caso in apertura presenta un Eumel a metà strada tra Eric Adams e l’indimenticabile Quorthon; solo nella parte finale la track trasmette un senso di parziale positività mentre un assolo dalle sfumature quasi power, abbellito dalle classiche vesti estreme, ci introduce all’oscurità del chorus.E mentre in Dance With Me si apprezza un favoloso duetto tra growling e screaming, intervallato da un cantato baritonale ed oscuro, scorrendo l’album si scopre sempre più un Pest presente come non mai, capace di prendere per mano l’ascoltatore e trasportarlo lungo ere ed ambientazioni diverse (The Naked Beauty), sorvolando sul pieno sapore di potenza che potrebbe esplodere in un pezzo duro e mirato (come No Questions) e facendo apprezzare un lato sicuramente inusuale delle quattro menti che si nascondono dietro questa opera.
La memoria corre all’esordio: i classici stacchi di batteria ereditati da V.A.D.E.R e presenti un po’ qua e là (vedi la parte finale della già citata Heavy Metal) sono solo un esempio, ma a ben vedere l’asso nella manica dei tedeschi DAR sta proprio nell’evoluzione dell’approccio mentale che loro ripongono nella musica e non nel sound vero e proprio, che resta, appunto, lo stesso di due anni or sono. In questo modo riescono a rafforzare la loro proposta musicale rimasta quasi immutata (per la gioia degli appassionati) pur con una notevole attenzione verso gli arrangiamenti che arricchiscono tutto il significato dei pezzi e mutano di album in album.L’opera si chiude con una lugubre e recitata Total Human End che conferma il lato spirituale e mistico della band, unito all’immancabile aspetto dark. Un pezzo che potrebbe dare interpretazione all’intero album: partito con una sferzata black, a tratti tramutata in un thrash/death colorato e viziato, continua con una pomposa ambientazione costruita intorno al dolore di una prossima Apocalisse, descrivendola nei minimi dettagli.Cosa può provocare? Cosa può restare oltre? Ascoltate il pezzo e vi sembrerà di viverla.