- Dave Wyndorf - voce, chitarra
- Ed Mundell - chitarra
- Jim Baglino - basso
- Bob Pantella - batteria
1. 4-Way Diablo (03:19)
2. Wall of Fire (03:44)
3. You're Alive (04:03)
4. Blow Your Mind (04:27)
5. Cyclone (05:32)
6. 2000 Light Years from Home (04:51)
7. No Vacation (05:01)
8. I'm Calling You (04:21)
9. Solid Gold (05:51)
10. Freeze and Pixillate (04:25)
11. A Thousand Stars (05:29)
12. Slap in the Face (04:26)
13. Little Bag of Gloom (02:18)
4 Way Diablo
La band statunitense Monster Magnet, fondata nel 1989 da Dave Wyndorf (voce e chitarra accompagnamento) e considerata tra le più influenti del genere stoner, ha all’attivo due singoli e sei album, a cui va ad aggiungersi l’ultimo 4 Way Diablo. Lo stesso Wyndorf ha ammesso che questo è il lavoro meno pianificato e quindi più spontaneo della sua carriera. I pezzi, generati di getto, tentano di dare nell’insieme un’idea positiva, cercando di mantenersi allo stesso buon livello dei lavori passati.
Si parte subito dalla title-track, 4 Way Diablo che presenta un buon pezzo di apertura, che le dà un senso di leggerezza e facilità di ascolto che incidono non poco sulla valutazione globale. Buoni e di evidente qualità risultano gli assoli, che malgrado la loro esigua lunghezza fungono da buon intermezzo tra il ritornello e le sue ripetizioni, fino all’esaurirsi del pezzo in un calare progressivo. Saltiamo alla traccia numero 3, You’re Alive, purtroppo piuttosto banale e ripetitiva, che ripropone il monotono ritornello fino all’esasperazione. Non eccellente la musicalità, carenza sottolineata da una traccia cui è stato attribuito uno scopo evidentemente accessorio e marginale. Finora l’impressione che l’album dà al primo ascolto, risulta nella media; tuttavia stiamo ancora aspettando un punto di svolta, un qualcosa che dia al disco un’atmosfera originale e particolare. Procediamo allora con Blow Your Mind, dall’incipit alquanto insolito e stravagante: una buona combinazione di chitarra e strani effetti di percussioni, cosa che conferisce al pezzo un’impronta dinamica che non si esaurirà se non con la cessazione della canzone stessa. L’intro prorompe nel ritornello quasi superlativo, pilastro portante dell’intera struttura musicale, sottolineato dall’ottimo lavoro di Baglino al basso e Pantella alle pelli. Impressionante e coinvolgente appare poi il pezzo di chitarra ritmica che costituisce l’intro di Cyclone, e che la accompagnerà per tutta la sua lunghezza. L’atmosfera muta, e diviene qui quasi malinconica; tuttavia spicca notevolmente il ritornello, climax indiscusso del pezzo. Il tutto è adeguatamente sottolineato dal consono e lento assolo, che si incastra alla perfezione nel contesto. Nondimeno l’accompagnamento diviene alla lunga ripetitivo, cosa che incrina l’equilibrio globale e abbassa seppur parzialmente il buon livello dimostrato da Cyclone. La successiva, 2000 Lightyears From Home, cover dell’originale siglata Rolling Stones, conserva il timbro mesto del pezzo precedente, udibile soprattutto nel ritornello, reso quasi afflitto. I Monster Magnet fanno spiccare, qui più che altrove, la loro grande abilità negli effetti, particolari e accattivanti che caratterizzano questa song e non solo; una volta tirate le somme insomma, questa appare come una decente cover, nient’altro: non troviamo nulla che metta la firma dei Monster Magnet su questo pezzo.
Finalmente passiamo a un livello decisamente superiore: I’m Calling You appare inequivocabilmente superiore ai pezzi precedenti. Perfetta, quasi sublime la combinazione tra la voce di Wyndorf e la chitarra di Mundell, che sa sostenere molto efficacemente il ritmo lento e cadenzato proprio della prima parte della canzone. Il testo, quasi catastrofico, si adatta precisamente al tono sommesso che aleggia per tutta la durata della traccia. Infatti l’armonia non raggiunge un culmine, resta sempre allo stesso, smorzato livello che però non riesce a non rendere questa traccia monotona e ripetitiva. L’album continua, giungendo a A Thousand Stars, che conferma l’impressione che ci è stata data precedentemente: il tono è calato, una volta passata la prima metà del CD e ha raggiunto un livello stabile, che caratterizza gran parte delle ultime tracce. Ne è un esempio proprio la traccia numero 11, che fornisce un paio di apprezzabili soli di chitarra che compensano il dozzinale ritornello. Al pari di I’m Calling You, l’ultima Little Bag Of Gloom, introdotta da un pezzo che da un’impressione quasi cerimoniale, appare una canzone altisonante, seppur contenuta, e accompagnata alla perfezione dallo stesso Wyndorf, che fa eco alla propria voce con la sua sei corde, riuscendo ad esaltare le sue più che buone qualità e le sue ottime capacità. Purtroppo la traccia appare assolutamente troppo breve, quasi fosse un cappello di chiusura invece di una vera e propria canzone. Non male. Questo album, che conta 13 buone tracce e qualche perla rara che alza il livello purtroppo troppo uniforme dell’intera produzione, appare tuttavia più che buono, considerato il fatto che è stato concepito senza essere stato adeguatamente pianificato e organizzato. Ancora una volta il quartetto americano sa dare un risultato buono, spontaneo, soddisfacente. Incoraggiante: ecco l’aggettivo che definisce pienamente 4 Way Diablo.