Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Atlantic
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Jonah Matranga - voce, chitarra
- Mark Weinberg - chitarra
- Jeremy Tappero - chitarra
- Bob Lindsey - basso
- David Jarnstrom - batteria


Tracklist: 

1. Drive Away (03:20)
2. Last (03:24)
3. All in a Row (02:53)
4. The Greatest Wonder (04:12)
5. This is the Part (02:54)
6. Feel Alright (03:55)
7. Sadie (03:46)
8. Someone to Love (04:36)
9. Division Street (03:44)
10. If Ever (03:39)
11. Dream, Again (03:09)
12. Begin Again (03:48)

Gratitude

Gratitude

La storia dei Gratitude è racchiusa in quella del loro unico, omonimo lavoro in studio. Un disco, nulla più, per un progetto che, a posteriori, potrebbe essere assunto quale esperimento tra i più interessanti nel filone Rock emozionale degli ultimi anni.
Trainata dalla voce e chitarra Jonah Matranga (già Fort Minor e New End Original, oltre che solista), la band californiana di San Francisco non ha saputo superare le difficoltà di gestione legate anche ad un rapporto non proprio idilliaco con Atlantic Records, appena dopo la pubblicazione del primo full-lenght. Un disco che, oggi, rimane l'unico episodio musicale di impatto comunque notevole, il che fa irrimediabilmente crescere il disappunto per non aver potuto assaporare un seguito dalle note di Matranga e soci.

Spesso avvicinati ai Jimmy Eat World, per caratteristiche ed affinità sonore, i Gratitude proprio con la band di Jim Adkins hanno condiviso il palco nel primo tour per promuovere il disco, uscito sull'onda dei singoli Drive Away e This is the Part, a ragione i due pezzi più orecchiabili e incalzanti, che ammiccano con l'ascoltatore. L'atmosfera è quella più classica per un disco che si avvicina alla corrente Rock emozionale. La commistione di suoni e differenti stili musicali in questo lavoro è tuttavia evidente fin dalle prime battute. Ci sono le chitarre di Weinberg e Tappero a ritagliarsi un ruolo di assolute protagoniste mentre l'album scorre tra le malinconiche note della traccia iniziale e della successiva Last. Ma c'è, soprattutto, un Matranga dalla voce avvolgente e densa di sensazioni, nella prima vera ballata del disco. The Greatest Wonder è tra i punti di maggior intensità emotiva del lavoro dei cinque ragazzi californiani. Un pezzo che si snoda tra scariche elettriche e una sezione ritmica in levare.

I Gratitude dimostrano di saperci fare, diciamolo. Lo fanno capire a chiare lettere mentre il loro Self Titled scorre, quasi un fiume che trascina ricordi e frammenti di passato lungo il suo percorso. Feel Alright e Sadie stendono il tappeto prima della seconda ballata. Someone to Love è forse il punto di maggiore intensità emotiva nel disco di Matranga e soci. Un pezzo denso, tanto da far suscitare sensazioni contrastanti, divise tra la malinconia e la dolcezza per un senso di strano vagare in cerca di qualcosa che ancora non c'è.
Nella parte conclusiva, anche Division Street e If Ever riescono a ritagliarsi uno spazio più che considerevole. Sull'onda di un disco che, una volta completato nell'ascolto, sembra davvero presentare le caratteristiche di un lavoro completo e ben suonato, seppur nei canoni di estrema semplicità entro i quali si presenta circoscritto.

Piace la capacità di Matranga e compagni di aver trovato la chiave giusta per comporre un'opera a nostro modo di vedere importante e valida.
Peccato, però, che la band californiana non abbia potuto (voluto) dare un seguito concreto ad un lavoro che anche a distanza di qualche anno lascia sul tavolo diverse aspettative. Oppure, forse, è ancor più bello mantenere dei Gratitude un ricordo che, per quanto ridotto, si mantiene nel tempo più che positivo.


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