- Janosch Rathmer - batteria
- Reimut Van Bonn - elettronica
- Jan Hoffmann - basso
- Florian Funtmann - chitarra
- David Jordan - chitarra
1. Jungfernflug
2. Fire In The Mountains
3. Aurora
4. Horizon
5. The Very Last Day
6. Built Without Hands
7. Swallow The Water
Satellite Bay
La musica è un’arte che non deve avere confini ma deve potersi esprimere in piena libertà: questa è la concezione che ha posto le basi del Post-Rock all’inizio degli anni Novanta, quando i Godspeed You Black Emperor! decisero di non inserire delle limitazioni alle loro canzoni, seguendo sotto alcuni aspetti la filosofia tipica del Progressive; tuttavia ai tecnicismi preziosi del Progressive si contrappose da subito l’incantevole fluidità delle atmosfere di un genere tanto complesso quanto spontaneo. L’idea di fondo del Post-Rock viene ripresa nella scena contemporanea da parecchie realtà emergenti, tra cui spiccano i Long Distance Calling, quintetto tedesco meno conosciuto rispetto alle “nuove” leve americane quali Explosions In The Sky, A Silver Mt. Zion, Tortoise o Red Sparowes.
Attiva solo dal 2006, la formazione di Dortmund ha saputo però conferire un sapore unico allo stile proposto, fondendo la tradizione Post-Rock sopra citata alle sperimentazioni Alternative di altri gruppi d’oltreoceano (Dredg in primis): il risultato più significativo è rappresentato da Satellite Bay, un album di debutto che trasuda malinconia e si pone come un grande occhio aperto sul mondo, capace di penetrare la realtà solo con la potenza del suono. Rimanendo infatti fedele ai canoni del Post-Rock, Satellite Bay presenta ben pochi spiragli vocali (registrati dal celebre Peter Dolving dei The Haunted e dei Bring The War Home), garantendo però più di un’ora di atmosfere oniriche e dimenticate.
La personalità dei Long Distance Calling fa leva sulle influenze dei Red Sparowes di At The Soundless Dawn o degli ultimi Isis Post-Rock, come testimoniano rispettivamente Fire In The Mountain, dotata di maestose aperture melodiche, e Aurora, dai tratti più incisivi nell’approccio della chitarra distorta.
Le vere protagoniste dell’opera sono invece le due chitarre clean di Florian Funtmann e David Jordan, supportate alla base da un’ottima elettronica e da una ricca sezione ritmica.
Il capolavoro di Satellite Bay è da ricercarsi comunque nella quarta Horizon, che all’ascoltatore apparirà come un’originale quanto magica commistione tra il lato più alternativo dei Cure di Robert Smith e le veloci cavalcate degli Explosions In The Sky.
Non mancano neppure i momenti più riflessivi e sospesi, che permettono al lavoro di acquisire una certa versatilità stilistica ed una varietà interna proprie di rari album nella storia del Post-Rock; la registrazione infine mette in evidenza tutte le qualità positive del song-writing dei Long Distance Calling, quintetto da poco addentratosi all’interno del mondo del Post-Rock e già in grado di emergere per abilità rispetto agli altri acts del panorama europeo.
L’Europa da alcuni anni ha ritrovato il proprio spirito musicale in questo scenario così di nicchia ma così colmo di emozioni: Mogwai, 65daysofstatic, Magyar Posse ed ora Long Distance Calling sono gruppi che hanno interpretato a loro modo l’anima del Post-Rock, traducendola chi in fraseggi densi di Noise, chi in strutture complesse degne dello Space/Progressive Rock del passato, chi in intrecci carichi di elettronica.
In definitiva si consiglia l’ascolto di Satellite Bay a coloro che desiderano prendersi una pausa dalla frenesia che spesso permea la giornata e che contribuisce all’eliminazione della meditazione su ciò che ci circonda. I Long Distance Calling, nella loro giovane età, sono un’esperienza da gustare con tranquillità e calma, un’esperienza che ci auspichiamo possa perdurare nel tempo con realizzazioni future altrettanto competitive e sognanti.