- Destructor - batteria
- Zerberus - voce
- Sacki - chitarra
- Teutonlord - chitarra, voce, tastiera
- Agressor - basso
1. Intro (00:54)
2. Stormriders (03:56)
3. Army Of Odin (05:39)
4. Black Viking Power (04:06)
5. Cold Steel & Frozen Blood (05:16)
6. Kingdom under Fire (03:58)
7. Northern Storms (04:07)
8. Deathcult (04:21)
9. To the Gates of Valhalla (05:28)
10. Bang Your Head (05:02)
Stormriders
L’avvio di carriera dei tedeschi Spectral, risalente al lontano 1995, non si può certamente definire valido ed interessante, poiché il combo di Gerolstein si è sempre limitato a proporre un orribile connubio di Black e Power Metal, che non ha neanche riscosso le attenzioni del pubblico più legato all’underground europeo. Nel 2007, dopo due album come Barbaric Assault e Dawn Of Gods, gli Spectral cercano di realizzare un’opera che possa testimoniare i cambiamenti di song-writing intervenuti dal discutibile secondo episodio discografico: ecco quindi giungere i cinque tedeschi a percorrere i meandri del Viking Metal tanto caro agli acts dei Paesi scandinavi con Stormriders, full-lenght prodotto dalla CCP Records e fortemente influenzato dall’approccio di Amon Amarth e simili.
Sebbene gli Spectral si siano parecchio evoluti dalle precedenti pubblicazioni, l’ascolto di Stormriders risulta alla lunga pesante, per via di una voce che non è paragonabile a quella profonda di Jonah Hegg o di altri front-men della scena Viking; il cantante Zerberus si limita a mostrare uno screaming insapore, che non varia registro e che non riesce a coinvolgere fin dalla prima vera traccia, la title-track Stormriders. I riffs si susseguono canonici e senza l’introduzione alcuna di elementi folcloristici di stampo nordico, costituendo così la brutta copia delle releases di qualità discreta del genere: basta accostarsi a Black Viking Power per comprendere come gli Spectral non riescono a sviluppare in modo coerente il loro sound, perseverando a raggruppare elementi di tradizioni musicali quasi opposte (Power Metal e Viking-Black) ed emulando senza apportare innovazione.
La scelta di affidarsi alle tematiche mitologiche scandinave o storiche è diventata ormai un cliché di troppe bands del panorama Metal dopo l’esplosione del Viking degli anni Novanta, oggi rappresentato vivamente solo da quelle realtà che hanno acquisito una certa maturità e una spiccata versatilità stilistica (Moonsorrow e Falkenbach in primis).
Pertanto non si consiglia l’ascolto di Stormriders perché già dai tipici titoli scelti per full-lenght e canzoni si riesce ad evincere qual è il reale contenuto del disco, che cerca di apparire epico attraverso l’artwork iniziale per nascondere una piattezza di base alquanto sconcertante. Per i tedeschi Spectral, lontani geograficamente e culturalmente (basti osservare le foto promozionali relative ai precedenti platters) dalla tanto amata Scandinavia, la strada è ancora in salita, sebbene si siano verificati notevoli miglioramenti rispetto ad un debutto quasi ridicolo e poco professionale.