- Bono - voce
- The Edge - chitarra, pianoforte, voce nella seconda e basso nella decima traccia
- Adam Clayton - basso e chitarra nella decima traccia
- Larry Mullen - batteria
Guests:
- Kenny Fradley - tromba nell'ottava traccia
- Steve Wickham - violino elettrico nella prima e nella quinta traccia
- Cheryl Poirier, Adriana Kaegi, Taryn Hagey, Jessica Felton - voci nell'ottava e nella nona traccia
1. Sunday Bloody Sunday (04:40)
2. Seconds (03:10)
3. New Year's Day (05:35)
4. Like A Song (04:46)
5. Drowning Man (04:14)
6. The Refugee (03:40)
7. Two Hearts Beat As One (04:03)
8. Red Light (03:46)
9. Surrender (05:34)
10. 40 (02:35)
War
“C’è un sacco di gente che si aspetta molte cose dagli U2 e gente che non otterrà mai quello che si aspetta.”
Dopo un album di transizione come October, gli U2 si ritrovano irrimediabilmente al centro dell’attenzione. Qui si decide il futuro del complesso irlandese: pubblicare un disco sullo stile del precedente significa, forse, perdere per sempre l’appuntamento con il successo; occorre dar vita a qualcosa di nuovo, di inaspettato, di unico. Gli U2, consapevoli di essere arrivati ad un crocevia nodale della propria carriera, ci provano. Riuscendoci.
Tornati in patria dopo le trentaquattro date di supporto a October negli U.S.A., Bono e compagni possono contare su qualche certezza in più rispetto ai giorni precedenti la tournee statunitense. Avevano scoperto, innanzitutto, di essere divenuti quasi per caso delle giovani rockstar. A Los Angeles infatti, con un pubblico che superava le quattromila unità, erano venuti a sapere che il proprio successo oltreoceano era dovuto fondamentalmente al video di Gloria, il primo girato dal complesso irlandese nella sua storia. La clip, che vede i quattro amici esibirsi su una chiatta nella darsena di Dublino, era uno dei pochissimi trasmessi dall’allora neonata Mtv, canale televisivo molto seguito dai giovani americani fin dai primi anni di attività. Ecco quindi spiegato un tale, inaspettato successo. A garantire una maggiore sicurezza al gruppo di Dublino era stato, in secondo luogo, l’incontro con il fotografo olandese Anton Corbijn, avvenuto sul battello The President in occasione della data live di New Orleans. Anton, che aveva già collaborato con diversi artisti e gruppi (fra cui i Joy Division), era riuscito ad entrare, fin da subito, in totale sintonia con la band irlandese, con la quale instaurò un rapporto di collaborazione ed amicizia che perdura ancora oggi.
Nuovamente a Dublino, gli U2 registrano il singolo A Celebration, ritenuto dalla band poco valido e quindi non inserito successivamente in alcun full length e compilation. Per il brano viene comunque girato un nuovo videoclip, che tuttavia non ottiene il successo sperato. Il complesso riparte quindi per gli Stati Uniti, dove accompagna la J. Geils Band con buoni risultati. Al ritorno in Europa, però, appare chiaro a tutti che è venuto il momento di tornare in studio ed incidere un nuovo album.
E’ un momento difficile, questo, per l’Irlanda: Bobby Sands muore dietro le sbarre in seguito ad uno sciopero della fame ed il suo coraggio conquista molti cuori, il nazionalismo sta prendendo piede in molte città dell’isola e la violenza non sembra destinata a diminuire. Gli U2, dal canto loro, cercano apparentemente di isolarsi da tutto questo: affittano una piccola casetta sulla spiaggia di Howth, a nord di Dublino, e lì iniziano a lavorare sul nuovo materiale. E’ una situazione diametralmente opposta a quella che aveva preceduto la pubblicazione di October, quando invece si respirava aria di spaccatura interna. Ora, al contrario, sembra che il gruppo abbia ritrovato una sua unità, unità suggellata dal matrimonio di Bono, a cui Adam (proprio colui che ai tempi di October pareva il più isolato del gruppo) fa da testimone. Al ritorno di Bono dal viaggio di nozze in Giamaica, la band al completo mette assieme le sue forze e si concentra totalmente sulla elaborazione del nuovo full lenght: War.
Dopo la parentesi di October, gli U2 tornano a raffigurare, nella copertina del proprio album, il bambino fotografato per l’artwork di Boy. Rispetto a tre anni prima, questo è cresciuto, perdendo tutta la sua innocenza (si noti lo sguardo ed il labbro ferito). War, contrariamente a quanto si potrebbe pensare in un primo momento, non parla della guerra in sé, ma vede come suo tema principale la resa. Una resa intesa però come principio di qualcosa, un nuovo inizio.
I can't believe the news today
I can't close my eyes and make it go away.
How long
How long must we sing this song?
How long, how long?
'Cos tonight
We can be as one, tonight.
Ad aprire l’album troviamo forse il suo brano più significativo: Sunday Bloody Sunday. Il pezzo, abbozzato da The Edge in una triste giornata di solutine, prende vita attraverso un drumming marziale e funesto, al quale si aggiunge poi il suono tagliente della chitarra. L’effetto è gelido, duro, e non a caso le parti di batteria vennero registrate nel giro scale esterno dello studio (al fine di ottenere un suono ancor più aggressivo). Da notare, inoltre, la presenza di un violino elettrico in sottofondo, strumento capace di conferire alla composizione un certo retrogusto Folk. Gli U2 abbandonano, una volta per tutte, le liriche adolescenziali di Boy, abbracciando quella filosofia pacifista militante che li accompagnerà nel corso di tutta la loro carriera. Sunday Bloody Sunday narra le vicende di domenica trenta gennaio 1972, quando, a Derry (in Irlanda del Nord), l’esercito inglese aprì il fuoco su una folla radunatasi per una manifestazione. Quattordici persone rimasero uccise, molte altre ferite. Gli U2 non chiedono vendetta, vogliono, come molti loro compatrioti, che avvenimenti di questo tipo non accadano mai più. Sunday Bloody Sunday non è una canzone di rivolta, come ribadirà più volte lo stesso Bono, ma un inno alla nonviolenza.
Seconds, sviluppatasi intorno ai giochi chitarristici del buon The Edge (sue anche le parti vocali), mette in mostra un lato meno prorompente di War rispetto a Sunday Bloody Sunday. La sezione ritmica ben sostiene l’intera composizione, mentre il cantato si impone criticando la sempre più pazza corsa agli armamenti dei potenti. Seconds è un brano particolarmente attuale: ipotizza, infatti, come in pochi secondi l’intera umanità possa essere spazzata via da un semplice gesto. Nelle liriche di Seconds ci sono l’impotenza e la rabbia di un’intera generazione segnata dallo spettro di una minaccia atomica. La terza traccia di War si intitola New Year’s Day, probabilmente uno dei pezzi più avvincenti mai scritti dal complesso di Dublino. E pensare che tutto ebbe inizio da un semplice soundcheck: Adam, tentando di suonare A Fade To Gray dei Visage (gruppo New Romantic londinese nel quale militarono Billy Curie e Midge Ure degli Ultravox), si inventò un giro di basso semplicemente clamoroso, entrato di diritto nella storia della musica. E’ proprio il connubio fra basso e pianoforte l’arma vincente di New Year’s Day, irrobustita dal ritmo incessante della batteria (troppo monotono, a detta di Larry) e da un trascinante coro durante il refrain. Per New Year’s Day, cui singolo entrò immediatamente nella top ten britannica, venne registrato l’ormai storico videoclip, girato nel nord della Svezia tra ghiaccio e neve. Il testo della canzone si ispira invece all’incarcerazione di Lech Walesa del sindacato polacco di Solidarnosc, vincitore, nel 1983, del premio nobel per la pace. Curiosamente, a brano già registrato, gli U2 ricevettero la notizia che in Polonia, proprio nella notte di Capodanno, sarebbe stata abolita la legge marziale…
L’impegno degli U2 verso la prolificazione di una politica pacifista non si limita alla sola Irlanda, all’Europa, ma si estende alle migliaia di guerre combattute in ogni angolo del pianeta, fino alle piccole realtà di ogni giorno. Non ha senso combattere, che sia per difendere un ideale politico o una religione, una bandiera o un’uniforme: è questo il messaggio di Like A Song. Attraverso un testo diretto ed ostinato, una sezione ritmica decisa ed una chitarra sempre pungente, gli U2 manifestano il proprio rifiuto verso la guerra e tutto ciò che la circonda. Like A Song è una canzone ribelle proprio per questo: ha il coraggio di schierarsi contro ogni ingiustizia ed ogni abuso. Grazie all’incedere frazionario di batteria e chitarra, nel finale di brano sembra di rivivere un vero e proprio scontro armato, al quale succede il capitolo più pacato e flemmatico di War: Drowning Man. Scritta dal pugno di Bono e dedicata, pare, al compagno di formazione Adam Clayton, Drowning Man è un altro esempio di vecchia gemma dimenticata nella carriera degli U2. Poco nota ai più e mai eseguita dal vivo (sebbene ci siano voci non confermate che affermino il contrario), la quinta traccia di War è caratterizzata dal dolce suono di un violino elettrico - lo stesso di Sunday Bloody Sunday - e dall’armoniosa chitarra acustica di The Edge. All’interno del brano non mancano i riferimenti biblici, a dimostrazione di un certo attaccamento, da parte di Bono, al misticismo religioso di October. Assolutamente unica nella sua amenità, Drowning Man meriterebbe ben altre attenzioni da parte del pubblico, fin troppo ostinato nell’apprezzare solamente le ballate di successo firmate U2.
Oh help me
How can you help me?
L’incipit del lato B di War riprende tematiche e sonorità di Sunday Bloody Sunday e Like A Song. E’ nuovamente la guerra a provocare dolore e miseria nei popoli, spesso costretti ad una disperata fuga verso nuove “terre promesse”. In particolare, The Refugee narra le vicende di una giovane profuga rimasta sola con la madre, dopo che il proprio padre è partito per andare a combattere. Le due donne tentano quindi di scappare in un paese lontano dalle devastazioni della guerra, in America. Musicalmente parlando, The Refugee si avvicina all’impetuosità di Sunday Bloody Sunday, le cui parti di batteria vengono riprese solo a metà, in favore di un drumming senza dubbio più vario e tecnico. La canzone, l’unica del disco a portare la firma del musicista-produttore irlandese Bill Whelan, risente però di un suono non eccelso, inferiore agli standard qualitativi dell’album stesso. Si ritorna alle liriche a sfondo personale con Two Hearts Beat As One, scritta da Bono durante la luna di miele in Giamaica, nella leggendaria villa Goldeneye, appartenuta al creatore di James Bond Ian Fleming. Two Hearts Beat As One altro non è che una sincera dedica d’amore del singer irlandese alla propria moglie, Alison. A farla da padrone è qui Adam, che con la sua quattro corde disegna irresistibili linee di basso tipicamente Post Punk. L’intero brano si sviluppa dunque sulla sezione ritmica, mentre la chitarra di The Edge continua ad esprimersi mediante uno stile personalissimo e poco convenzionale per l'epoca.
Ispirata al capolavoro cinematografico Taxi Driver, Red Light rappresenta una breve, ma significativa incursione della band irlandese in territori non prettamente Rock. Il brano vede la partecipazione di diversi ospiti: Cheryl Poirier, Adriana Kaegi, Taryn Hagey, Jessica Felton (ovvero le The Coconuts) nelle vesti di coriste e Kenny Fradley, abile trombettista che dà qui grande prova di sé. Sebbene il testo del pezzo risulti il più debole del lotto (parla di un ragazzo che, innamorato di una prostituta, le chiede di lasciare la strada in cambio del suo amore), Red Light offre senza dubbio un’ottima sezione strumentale. Sia chitarra che tromba riescono ad appassionare l’ascoltatore grazie ad un incredibile feeling, capace di dare colore ad un album piuttosto tetro (generalmente per le sue tematiche principali). Red Light resterà per sempre un esperimento unico nel suo genere e merita di conseguenza tutto l’interesse possibile da parte degli appassionati. Ritroviamo le The Coconuts nella successiva Surrender, anch’essa influenzata dal masterpiece di Martin Scorsese. Meno vivace rispetto alla traccia precedente, Surrender ne riprende i cori femminili sul finire di canzone, ottenendo un effetto abbastanza insolito, ma comunque apprezzabile.
Ultimo capitolo di War è 40, così intitolato perché trae ispirazione dal salmo numero quaranta. La creazione di 40 attira da sempre l’interesse dei fan per via delle sue particolarissime circostanze: gli U2, chiusi in studio da ormai svariate settimane, avevano ancora poche ore di tempo per comporre ed incidere la traccia conclusiva del nuovo album. Così, in tutta fretta, Bono prese in mano la Bibbia ed aprì una pagina, trovandosi davanti proprio il salmo quaranta. Da qui la decisione di riprenderne le parole, accompagnate da una dolce melodia basata su chitarra e basso (suonati stavolta a ruoli inversi da Adam e The Edge). 40, oltre ad essere stata per oltre dieci anni la canzone con cui gli U2 hanno concluso i propri concerti dal vivo, non potrebbe rappresentare finale migliore per War, i cui echi pacifisti continuano ancora oggi a risuonare nell’aria…
I will sing, sing a new song
How long to sing this song?
Uscito sul mercato tra febbraio e marzo, War, trascinato da due singoli di successo come New Year's Day e Sunday Bloody Sunday, balza immediatamente al primo posto delle classifiche inglesi, ottenendo inoltre un grande successo negli Stati Uniti (ad oggi, oltre quattro milioni di copie vendute nei soli U.S.A.). War non sarà forse il miglior album inciso dagli U2 nel corso della loro carriera, ma ne segna sicuramente la maturità, la consapevolezza di una crescita, soprattutto umana. Meno diretto ed immediato rispetto a Boy e October, War ne rappresenta il degno successore, al quale seguirà, pochi mesi più tardi, Under A Blood Red Sky. Ma questa, è un’altra storia…