- Stefan Dimle - basso
- Reine Fiske - chitarra acustica, chitarra elettrica
- Huxflux Nettermalm - batteria, percussioni, programmazione
- Petronella Nettermalm - voce, violoncello
- Johan Wallen piano elettrico, Hammond, Mellotron, tastiere
1. Sensor (05:11)
2. Hypnotique (08:32)
3. Téa (05:45)
4. They Are Beautiful (07:44)
5. Quits (12:17)
Timeloss
Gli svedesi Paatos possono essere considerati una delle formazioni più innovative della scena Progressive del terzo millennio in quanto, dopo ben trent’anni di esistenza del genere, vengono esplorati aspetti sconosciuti e spesso trascurati. Non un Progressive casuale, monotono e ispirato alla tradizione precedente, ma un sound fresco, fatto di Folk scandinavo, Jazz e Post Rock.
Timeloss propone gli elementi di straordinarie bands scandinave abbastanza di nicchia, come Anekdoten, Landberk e Ägg, uniti ad una voce particolare, quale quella di Petronella Nettermalm, capace di variare da toni determinati ad altri espressivi e distesi.
Musica d’atmosfera ideata per ascoltatori raffinati, non il solito Progressive/Jazz dozzinale aggressivo e potente: aperture melodiche quasi Alternative/Post Rock abbelliscono notevolmente il lavoro datato 2002 e, nonostante piccole cadute di brillantezza, Timeloss rimane una fusione tra passato e presente, presentando una gamma di timbri ampia ed efficace.
Sensor, la traccia d’apertura che nei primi momenti può parere attraversata da una corrente Jazz classica, si trasforma presto in canzone votata a sonorità più Alternative, dalla batteria altalenante al lavoro eseguito dalle innumerevoli chitarre sovrapposte. L’unica stranezza è la voce, non calda maschile ma quasi urlata femminile, unico esempio all’interno dell’album, forse un po’ azzardata ma di grande effetto. Gli sprazzi impetuosi sono quasi tutti inseriti in Sensor, ma il sottofondo di tastiera garantisce sensazioni avvolgenti e mai banali.
La semplice Hypnotique resta calma e tranquilla nella sua compostezza, trasportata dal ritmo lento della batteria e dalle sferzate finali di flauto traverso alla Ian Anderson: nei quasi nove minuti di durata il brano risulta molto vario e provvisto di idee convincenti.
Téa, il singolo precedente Timeloss, è forse il pezzo migliore del lotto, poiché i temi descritti dalle chitarre e dalla tastiera si ergono alla perfezione, andando a costituire un’atmosfera significativa per l’evoluzione della band scandinava.
They are Beautiful, pur seguendo la scia delle precedenti, rimane alquanto soporifera e leggermente piatta, non presentando la lucidità compositiva di Téa o dell’ultima lunga Quits, totalmente diversa nella sua direzione musicale.
Difatti Quits risente di notevoli influenze underground e Alternative e, nella parte finale, l’alone King Crimson diventa vivo più che mai, poiché i fiati svolgono un lavoro di elevato livello, stagliandosi dal contesto confusionario, simile a quello di Fripp e compagni.
Insomma Timeloss sembra essere formato da soluzioni abbastanza eterogenee e discostanti tra loro: la struttura forse doveva essere sviluppata più linearmente, conservando un solo genere e non legandone svariati; tuttavia la band, alla sua prima pubblicazione, si inserisce già nel nuovo panorama Progressive del 2000, costituito dalle formazioni che sanno osare e non ripetere gli stilemi del passato. I Paatos certamente riusciranno a distinguersi per questo motivo e già il futuro contratto con la grande Inside Out li premierà per il loro operato.