- Chris Carrabba - voce, chitarra acustica
- Scott Schoenbeck - basso
- John Lefler - chitarra
- Mike Marsh - batteria, percussioni
1. Where There's Gold.. (02:29)
2. Thick as Thieves (02:19)
3. Keep Watch for the Mines (02:46)
4. These Bones (02:59)
5. Fever Dreams (02:30)
6. The Shade of Poison Trees (02:58)
7. The Rush (03:51)
8. Little Bombs (02:33)
9. I Light My Own Fires Now (02:54)
10. Matters of Blood and Connection (02:24)
11. Clean Breaks (02:59)
12. Widows Peak (02:58)
The Shade of Poison Trees
Tornare all'antico per rinconquistare qualche cuore. Crediamo sia possibile raccogliere in queste parole il pensiero di Chris Carrabba e dei suoi Dashboard Confessional. A quasi un anno e mezzo da Dusk and Summer, la band capitanata dal songwriter di Boca Ranton (Florida, U.S.A.) se ne esce con un nuovo capitolo discografico dal titolo The Shade of Poison Trees.
Un ritorno al passato, appunto, perché tra le note di questo sesto full-lenght affiora con impeto e decisione la dimensione acustico-emozionale che aveva contraddistinto le origini del suono targato Dashboard Confessional. Una novità, per certi versi, proprio quando la band di Carrabba dava la netta impressione di aver indirizzato le proprie prospettive verso quel Rock Pop di stampo spiccatamente Emo fatto quasi esclusivamente per le copertine patinate delle riviste più commerciali o per un video da classifica su MTV.
Con buona pace di tanti fans che dopo le note poco convincenti di Dusk and Summer avevano in qualche modo voltato le spalle a Carrabba e soci, aggiungiamo noi. Questo The Shade of Poison Trees è un disco di difficile interpretazione, pur nella semplicità di accordi e melodie che lo caratterizzano. Carrabba torna ad imbracciare la sua fedele chitarra acustica, dipingendo quadretti emozionali come faceva un tempo. Where There's Gold..., traccia d'apertura, mette le cose in chiaro con meno di due minuti e mezzo di intrecci acustici. L'atmosfera del full-lenght non trova però piena corrispondenza con gli animi affranti ed i cuori spezzati di episodi quali The Swiss Army Romance o The Place You Have Come to Fear the Most. La musica di Carrabba è posta in una dimensione più scanzonata, in un perfetto clima di inizio autunno che le fa da contorno.
Il disco si snoda lentamente, con una scorrevolezza che mette quasi in difficoltà l'ascoltatore. C'è il singolo Thick as Thieve, lanciato anche sul My Space della band diverso tempo prima del lancio ufficiale, ma non smuove granchè l'ascoltatore. Tocca alla successiva Keep Watch for the Mines, in coppia con These Bones, riportarci con la mente alle dimensioni acustiche degli esordi. Una Fever Dreams dal ritmo più incalzante anticipa la title-track, The Shade of Poison Trees, primo vero lento del full-lenght, caratterizzata dall'innesto di piccole gemme sonore qua e là. E' uno degli episodi migliori del lavoro di Carrabba e soci.Little Bombs anticipa la parte conclusiva e rappresenta uno dei rimandi più evidenti ai pezzi delle origini musicali della band.
The Shade of Poison Trees continua il suo viaggio tra paesaggi che alternano colore e zone d'ombra. Luci ed oscurità si rincorrono, insomma. Anche Matters of Blood and Connection riempie l'atmosfera di sensazioni nascoste. Così come la conclusiva Widows Peak, tra gli episodi più dolci e, se vogliamo, tristi di questo nuovo album targato Carrabba e Dashboard Confessional.
Si chiude con un pianoforte in lontananza, il sesto album della band di Boca Ranton. E ci accorgiamo, con non poco stupore, che alla fin fine Chris Carrabba è tornato a colpire nel segno.
Urge ritornare al punto di partenza e ricominciare tutto da capo, perché Dashboard Confessional è tornato ad essere un nome legato a musica da ascoltare e dalla quale lasciarsi cullare.
The Shade of Poison Trees piace. Potrebbe tornare a far recitare a Carrabba e soci un ruolo di prim'ordine. E' un po' come un collage, fatto con ritagli di un passato luminoso ed un futuro che si vorrebbe altrettanto felice.