- Henrik "Hea" Andersson - voce
- Micke Dahlqvist - chitarra
- Figge Danielsson - basso
- Calle "Tuka" Boman - batteria
1. My Own Sin
2. Glass Jar
3. Born A Winner
4. Human Hologram
5. Dead And Gone
6. Not Welcome Here
7. Blind
8. One
9. Other Way Around
10. In A Life
11. Away From Me
12. Undivided
13. You And Me
14. Rain Must Fall
III
I Dogpound sono un quartetto svedese, dedito ad un hard rock di stampo scandinavo, che ha esordito nel 2003 con The Hellbum a cui ha fatto seguito solo due anni dopo A Night In The Gutter. Non sono ancora riusciti però ad esportare il loro nome al di fuori dei confini scandinavi, probabilmente soffocati da una concorrenza fin troppo agguerrita che vede nei più quotati Backyard Babies, Hardcore Superstar o The Poodles, solo alcuni tra i maggiori rivali artistici, così hanno ben pensato di rinfrescare il ricordo della loro presenza con quella che rappresenta la terza uscita nello spazio di quattro anni, come si può facilmente intuire dallo stesso titolo.
I rockers nordici per l'occasione confezionano ben quattordici brani di alterne qualità, esibendo il loro hard rock melodico e pompato, facendo affidamento su un songwriting spesso fresco e piacevole che da vita a composizioni orecchiabili e dal sicuro impatto, in cui tutto, compresi gli arrangiamenti e la buona produzione, tendono ad assegnare un ruolo di assolute protagoniste alla chitarra di Micke Dahlqvist e alla bella voce di "Hea" Andersson. Evidente poi la continua e spasmodica ricerca della buona melodia e del ritornello ad effetto, cosa che magari riesce a valorizzare anche quelle composizioni meno riuscite.
L'inizio è sicuramente ben augurante, grazie ad una serie di brani intrisi da azzeccate melodie e da quello spirito spensierato e brioso che viene trasmesso anche all'ascoltatore, il quale non faticherà ad apprezzare la diretta e dinamica My Own Sin, facendosi trascinare dall'ottimo guitar-work e dal timbro caldo e graffiante del singer che affiora in tutto il suo splendore nel bel refrain, i riffoni che aprono Glass Jar sembrerebbero annunciare una svolta più heavy, ed invece ci si ripresenta una melodica rock song, sempre graziata dall'interpretazione del singer e da armonie vocali davvero azzeccate, come avviene anche nella briosa e tuttavia grintosa e ruspante Born A Winner.
Si presentano così con un sound in parte ottantiano, senza comunque abbandonare quello stile più moderno e nordico tipico di molte attuali formazioni scandinave, e soprattutto senza mai mostrare influenze troppo marcate, ma elaborando piuttosto uno stile fresco e proprio, così proseguendo con l'ottima Human Hologram ci si rende conto che i Dogpound sembrano unire una buona attitudine melodica a tutta la carica energetica di Hardcore Superstar, Backyard Babies e simili, e la stessa idea verrà presto riconfermata da altri brani come la carina e trascinante Blind, che esplode in un bel refrain arioso e melodico, o la frizzante ed esaltante Away From Me.
III prosegue così in maniera piacevole e leggera, tra sbocchi quasi AOR-oriented, come nel caso di One, dal chorus pieno un po' in stile Treat, rimandi agli eighties di brani come Dead And Gone, melodica e con un chorus orecchiabile che pare fatto apposta per essere canticchiato, e contaminazioni sleaze/glam sempre caratterizzate da una decisa e piacevole impronta melodica, come avviene con l'elettrizzante e velenosa Other Way Around, molto bello qui il riff, un brano la cui peculiarità risiede nel diminuire dei tempi e dei toni in prossimità del delicato e sommesso bridge che riconduce alla strofa anziché esplodere nel refrain, o con l'altrettanto ottima Not Welcome Here, altro grintoso ed elettrizzante pezzo stavolta suggellato da un irresistibile refrain.
Sul finire dell'album però si susseguono una serie di pezzi poco convincenti, non certo filler ma che comunque stonano al cospetto degli altri brani, è il caso della lenta In A Life, che si riprende un po' nel solito refrain, di Undivided, che pare possa considerarsi la peggiore del lotto, o anche la stessa You And Me, che per quanto sembri avere una marcia in più rispetto alle altre rimane comunque inferiore al resto, del tutto fallito poi il tentativo di piazzare una ballad ad effetto, infatti Rain Must Fall risulta abbastanza tediosa e non in possesso di quell'appeal necessario a lanciare l'album anche da un punto di vista commerciale, ed è un vero peccato poiché un album del genere meriterebbe la giusta attenzione.
III è quindi un disco particolarmente consigliato agli amanti del melodic hard, che potranno ritrovare in esso una serie di piacevolissimi brani messi su da una band in gran forma, con buona tecnica e tanta attitudine, e soprattutto con un songwriting fresco e coinvolgente. Si attendono conferme, ma nel frattempo gustiamoci III.