- Francesca Nicoli – voce
- Vittorio Randelli – chitarre acustica, classica, elettrica, chitarra battente
- Giovanni Pagliari – tastiere
- Riccardo Spaggiari – percussioni elettriche, manjira, tar, gong, caxixi, darbuka, ghaval
:
1. The Song Of Axieros
2. The Nine Rituals
3. Kremasta Nera
4. Ochram
5. Therma
6. Efestia
7. Ebur
8. Kaviria
9. Fengari
10. Klethra
11. Gria Vathra
12. Migratio Animae
13. Wings (I Had Once)
14. La Fame e la Danza
Kremasta Nera
Melodie profetiche, templi in rovina, mantra e sussurri di un’inquietudine profonda. Non potrebbero che essere gli Ataraxia, nuovo fiore all’occhiello della Ark Records, nonché esponenti italiani di maggior spicco della corrente neo-classical e dark ambient; il quartetto modenese aggiunge ancora, per niente stanco di comporre e inventare, un altro importante capitolo alla propria gigantesca discografia che ha visto, proprio recentemente, l’uscita di quello che forse è uno degli episodi più sperimentali di tutto il 2007, Paris Spleen. Abbandonando dunque le sonorità infernali, cabarettiste e prettamente baudelairiane, gli artisti italiani, guidati dalla bellissima, e ormai riconosciuta in tutta Europa, voce di Francesca Nicoli, ci regalano questa volta un viaggio atemporale e affascinante, oltre le grandi civiltà del passato, prima ancora dei culti olimpici e della fiorente civiltà greca. Con Kremasta Nera – letteralmente “acqua impiccata”, cascata che si butta a trenta metri d’altezza nel Mar Egeo - veniamo catapultati, attraverso le parole magiche e profetiche dell’iniziale The Song Of Axieros, nell’isola di Samotracia, a captare delle tracce del suo culto primordiale, della sua magia, del suo mistero. Tutto il fascino di una cultura decaduta, tutto l’esoterismo dei culti iniziatici (The Nine Rituals) concorrono a caratterizzare i quattordici brani del full-lenght.
Settantacinque minuti di tribalismo (Ochram), litanie orientali (Efestia), arpeggi latini e di fumi mistici (Ebur). Un percorso che ci accompagna a rivisitare le prime sonorità degli Ataraxia e, con esse, dei Dead Can Dance e dei lavori solisti della loro (ex) vocalist Lisa Gerrard. Si ha a che fare insomma con quello che –secondo quanto sostiene la band – è il naturale completamento di Lost Atlantis (2000), con un altro riuscito episodio di epicità, classicismo ed esoterismo. Il passato viene qui riesumato e concretizzato in formule magiche, luoghi sonori, rituali, scenari di temenos (propriamente τέμενος, l’area riservata al culto del Dio): una malinconia delicata diventa la veste ideale per presentare un mondo di perfetto equilibrio tra uomo, donna e natura circostante. Come bagliori di una luce improvvisa, i brani di Kremasta Nera abbagliano l’ascoltatore di un fascino impalpabile, per poi spegnersi nuovamente nell’oblio del tempo.
Cosi, forse ispirati direttamente dalla dea Axieros – triplice dea della terra, della notte e dell’ordinario ciclo naturale – gli Ataraxia realizzano un atto di una non inusuale bellezza, abituati come sono, a plasmare opere raffinate e ricamate nei minimi particolari (dalle liriche all’artwork, dalla ricerca sonora alla produzione). Non resta perciò che correre a procurarsi una delle duemila copie digipack di Kremasta Nera – dotate anche di abbondante booklet (sedici pagine) – testimonianza d’elite di una delle punte di diamante della musica neo-classica europea.