Voto: 
7.7 / 10
Autore: 
Federico Cataldo
Etichetta: 
Web of Mimicry
Anno: 
2003
Line-Up: 

- Timb Harris - violino, viola, tromba, chitarra, mandolino, mandolino turco, voce, percussioni
- Jason Schimmel - chitarra, banjo, organo, piano, synths, clavicembalo, voce, percussioni, beatboxing
- Tim Smolens - basso, chitarra bari, piano, synths, violino/viola/violoncello, voce, percussioni
- John Whooley - sassofono, flauto, voce, beaboxing, organo

Tracklist: 

1. Mekapses Yitonisa (04:22)
2. Dubway (03:39)
3. King Krab Battle (08:31)
4. Speck (04:34)
5. Hardball (13:40)
6. A Car Ride In Idealitic Ethiopia (05:47)
7. Crystal Blue (03:40)
8. Jungle Warfare (05:42)
9. Body Slam (03:09)
10. At Least We'd Have Today (09:40)

Estradasphere

Quadropus

California…per molti una mecca dorata, per altri il paradiso del surf, per altri ancora una canzonetta rimandante ad un telefilm per adolescenti in tempesta ormonale. In questo caso, invece, la terra natale di tante band cosiddette “aliene”, tra cui questa sghemba e magnifica orchestrina avantgarde, Estradasphere. Dopo due full considerevoli, ma non esaltanti, si arriva finalmente ad un buon prodotto, sicuramente più accessibile e variegato dei precedenti, Quadropus. Capiamoci, accessibile non certo perché ubbidisca alle regole di mercato o perché sia entrato nella top 100 di Billboard, ma solamente per una decisione compositiva e stilistica, che ha portato questi ragazzi di Santa Cruz ad isolare un genere per ogni canzone, anziché commistionare migliaia di influenze diverse in una sola traccia (nel più puro avant style). L’intera tracklist è un'enciclopedia multimediale dell’eclettismo e, a giudicare da come è stata assemblata, sembra quasi che a farlo sia stato il Peter Gabriel dei tempi di Passion.

Il viaggio sonico dei nostri cominicia nel migliore dei modi con Mekapses Yitonisa, una marcia nuziale greca che riunisce allo stesso tavolo lo Zorba Theodorakis e il Morricone dell’arena, il tutto dominato da sirtaki e trombe, per una traccia di grande impatto (tra le migliori dell’album) che in certi frangenti sembra ricordare un’orchestrina mariachi deliziosamente tradizionalista. Si prosegue con Dubway che, come suggerisce, è ammantata da una certa aura dub, ma la vera sorpresa è che qui gli Estradasphere giocano a fare i Neri per Caso, riuscendoci fino ad un certo punto. Il canto a cappella mescolato ad una base elettronica simil break ne fanno un pezzo interessante ma non incredibile e forse l’obiettivo di emulare un Richard D.James ubriaco di gospel non è riuscito. La terza traccia, King Krab Battle, è un pezzo lungo (8 minuti e mezzo), dall’intro cadenzato e piuttosto enigmatico, sfociante poi in una colonna sonora da spy-story, a metà tra gli Ozric Tentacles di Erpland e il James Bond del domani non muore mai. Ottimo l’utilizzo dell’orchestrazione, che ricrea adeguatamente certe atmosfere da Spectra corporation.

Dopo questo inizio incoraggiante segue una canzonetta non irresistibile, Speck, chill-out ballad al vago sapore di acid jazz (si veda l’intermezzo pianistico verso la fine del pezzo) tra tetri arpeggi e stacchi ambient, e Hardball, la traccia più lunga dell’album,e tra le più interessanti. Il gruppo qui sembra di nuovo indossare i panni dell’orchestrina folk di Mekapses Yitonisa, riprendendone il tema, ma trasformandolo in un epiteto magiaro, tra una capatina qua è la di Dvòrak e l’eccellente sax di John Whooley, che ricama un grande assolo in un perfetto mix slavonico/Miami anni Ottanta.
A Car Ride in Idealistic Ethiopia (Part 1) riprende il tema della spy-story, rendendola però più progressive nei cambi di tempo e di strumentazione (archi, sax, synth e banjo) e meno immediata di quanto ci si aspetti. A Crystal Blue e Jungle Warfare sono invece la coppia delle meraviglie, essendo la prima una surf song beachboysiana molto divertente, mentre la seconda un inno death metal di tutto rispetto, magari non outstanding, ma comunque godibile, soprattutto per il buon dosaggio del synth, l’attitudine pur sempre avant nella stesura del pezzo e le vocals vaderiane. Rimanendo sempre in ambiti metallici la successiva Bodyslam si sposta decisamente su lidi Nu/Crossover, quasi l’avesse scritta Corey Taylor in overdose di melodicità solistica e inserti live. L’album infine si conclude con l’inaspettata At Least We'd Have Today, un esperimento soul decisamente meglio riuscito di Dubway, dove le vocals di Tim Smolens sembrano uscite direttamente dal songbook di D’Angelo o R.Kelly, mentre il gruppo fa capolino qua e là con qualche coretto.

Nota negativa, le lunghe pause del pezzo (9 minuti e 40 dichiarati, 5 effettivi). Plauso speciale va infine al curatissimo artwork fumettistico, molto saggio ad utilizzare un palette di colori limitata al viola e verde, dando l’idea di qualcosa di alieno e comico al tempo stesso. Dopo questa analisi non si può che ringraziare gli Estradasphere per un album così genuino e sincero, che pur non suonando le trombe dell’epicità capolavoristica, riesce ad andare sopra le righe con garbo e delicatezza, dispiegando come un prisma una notevole quantità di colori differenti lungo tutte le tracks, tra (molti)alti e (pochi) bassi. Per avanguardisti, habitué delle sonorità più disparate, o per il rocker in cerca di qualcosa di particolare ma non inaccessibile, Quadropus risponde a tutte queste esigenze. Non soddisfarle sarebbe un gran peccato.

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente