- Ulf Theodor Schwadorf (Markus Stock) - chitarra, basso, tastiera
- Allen B. Konstanz (Tobias Schönemann) - voce, batteria, tastiera
1. Amala & Kamala (01:56)
2. She Wolf (05:13)
3. The Demon of the Mire (06:42)
4. Part I: Introduction (03:21)
5. Part II: The Shining Trapezohedron (05:10)
6. Part III: The Vault Of Nephren-Ka (06:02)
7. The Eldrich Beguilement (04:57)
8. Evil is of Old Date (04:50)
9. By Our Brotherhood With Seth (05:08)
The Wolves Go Hunt Their Prey
The Wolves Go Hunt Their Prey, terzo capitolo discografico dei The Vision Bleak di Ulf Theodor Schwadorf e Allen B. Konstanz, scaturisce dall’intenso lavoro di sei mesi in studio di registrazione, due anni dopo il concept Carpathia. Dalle misteriose lande dell’Europa orientale i The Vision Bleak si spostano spazialmente in Africa, ambientando The Wolves Go Hunt Their Prey nell’antico Egitto, ma conservando l’atmosfera inquietante che aveva caratterizzato i precedenti platters. Il duo tedesco si presenta come al solito elegante e tenebroso nel suo aspetto dandy, nonché gotico ed immerso in un alone affascinante quanto arcano.
Musicalmente si riscontra una certa continuità con gli episodi The Deathship Has A New Captain e Carpathia, perché i The Vision Bleak scavano nei meandri del Dark/Gothic Rock ottantiano (Sisters Of Mercy e Fields Of The Nephilim in primis), aggiungendo un approccio decisamente più metal-oriented ed una parvenza horror.
Le sinfonie acquistano sapori più orientali, mentre la voce permane a cavallo tra il timbro oscuro di matrice gotica e lo scream debitore del metal estremo: She-Wolf è imponente nel suo incedere maestoso e profano, mentre The Demon Of The Mire lascia spazio a strumentazioni ancora più buie e ad un ritmo maligno che stregherà l’ascoltatore.
Dopo le tre canzoni di apertura, legate alla storia vera di Amala e Kamala, bambine allevate in India da un branco di lupi e ritrovate nel 1920, i The Vision Bleak si concentrano finalmente sulle leggende dell’antico Egitto, nella Black Pharaoh Trilogy: le tastiere orientali scandiscono la quarta Introduction, mentre le chitarre distorte si intrecciano in riff demoniaci validi ed efficaci. Meno competitiva è Part II: The Vault Of Nephren Ka, che comunque presenta una buona varietà di fraseggi e di intervalli di quiete, mentre più ci si addentra nel disco, più si scoprono tracce ordinarie dotate del fascino di Carpathia: basti accostarsi alla conclusiva By Our Brotherhood With Seth per comprendere come le soluzioni adottate dai The Vision Bleak siano coinvolgenti e trascinanti, pur nella loro ripetitività all’interno della discografia.
I due poeti maledetti Ulf Theodor Schwadorf e Allen B. Konstanz mettono a segno un nuovo lavoro enigmatico e segreto, che potrà essere apprezzato dai cultori del Gothic ottantiano, come da chi ama le sonorità più contemporanee e non prive di un feeling impetuoso. The Wolves Go Hunt Their Prey non è certamente un capolavoro del genere ed è inferiore all’immenso Carpathia, ma i The Vision Bleak sono ancora attivi nello scenario internazionale e ciò rappresenta un ottimo segno per coloro che rimpiangono ancora i defunti Empyrium.