Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Locomotive Records/Frontiers
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Derrick Lefevre - voce
- Steve Blaze - chitarra
- Sam Poitevent - chitarra
- Eric Moss - basso
- Ken Koudelka - batteria

Tracklist: 

1. Waters Rising
2. Antarctica
3. Become A Monster
4. Quarantine
5. I Have To Die, Goodbye
6. Fear Of Time
7. Until The End Of The World
8. Fields Of Yesterday
9. Thirst
10. The 2nd Of May
11. Deep In The Black
12. 5

Lillian Axe

Water Rising

Condotti per mano dal bravo chitarrista e compositore Steve Blaze, unico componente rimasto della line-up originaria e qui anche in veste di produttore, i Lillian Axe esordirono con l'album omonimo nel 1988 e, pur non assurgendo mai ad un ruolo di primo piano del panorama hard n' heavy, riuscirono ugualmente a conquistarsi un loro seguito confermandosi con buoni lavori come Love And War dell'anno successivo e soprattutto Poetic Justice del 1992.
Purtroppo per loro, neanche ottimi brani come No Matter What o Nobody Knows sono serviti a lanciarli definitivamente, e non è andata molto meglio neanche con i successivi album, Psychoschizophrenia del 1993 o Fields Of Yesterday del 1999, cosicché questo combo statunitense non è mai uscito da quel limbo che raccoglieva molti gruppi, più o meno di culto, propri di generi come hard, heavy ed AOR.

Water Rising, loro sesto studio album, esce quindi a ben otto anni di distanza dall'ultimo lavoro che ha portato la loro firma e con una formazione ampiamente rimaneggiata, che vede i soli Sam Poitevant e Ken Koudelka aver già lavorato con Blaze nel solo Live 2002, mentre alla voce si presenta il nuovo arrivato Derrick Lefevre con una prestazione ampiamente convincente, che ancor di più oltretutto, vista una certa similitudine interpretativa con David Readman, avvicina i Lillian Axe ai tedeschi Pink Cream 69.
Il lavoro viene aperto dalla title-track in maniera abbastanza dura, all'insegna di un buon rock duro e che strizza l'occhio al melodic metal, e a proseguire questo discorso ci pensano brani come Antarctica, Become A Monster o Fear Of Time, tutti pezzi che tra reminiscenze ottantiane in stile Tesla e suoni più moderni mettono in evidenza il buon lavoro della coppia d'asce Blaze e Poitevent. Non mancano comunque i momenti più dolci e rilassati, quasi sempre imbevuti di sapori southern e malinconici, a tal proposito fanno la loro ottima figura canzoni quali Quarantine, in cui a tratti è possibile risentire richiami agli Eagles di Hotel California, o I Have To Die, Goodbye, anche se a convincere maggiormente sono di certo Until The End Of The World ed in particolare la bellissima ballad Fields Of Yesterday, per merito soprattutto delle loro azzeccate linee melodiche.
Qualche episodio sottotono come Thirst, The 2nd Of May o la closer 5 decretano purtroppo un finale in completa discesa, a cui non basta neanche la particolare, darkeggiante e dagli echi pinkfloydiani Deep In The Black per riprendersi.

Ne viene fuori così un lavoro apprezzabile, che non vive su melodie marcate ed immediate, ma valorizzato dal buon lavoro delle chitarre e da una produzione un po' modernista che come sempre però rischia di scontentare i fan di vecchia data e gli amanti del sound ottantiano, ed in cui si assiste ad un buon bilanciamento di brani rock tirati e grintosi e delicate ballad.

 

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