- Phil Collins – voce, batteria e tastiere
- Daryl Stuermer – chitarra
- Dominic Miller – chitarra
- Leland Sklar – basso
- Eric Clapton – chitarra (in I Wish It Would Rain)
- Pino Palladino – basso (in Do You Remember?, I Wish It Would Rain)
- Steve Winwood – hammond (in All Of My Life)
- Nathan East – basso (in Hang In Long Enough, Something Happened On The Way To Heaven)
- The Phoenix Horns: - Don Myrick – sassofono
- Louis Satterfield – trombone
- Harry Kim – tromba
- Rhamlee Michael Davis - tromba
- Alex Brown – backing vocals
- Marva King – backing vocals
- Lynn Fiddmont – backing vocals
- David Crosby – voce (in That’s Just The Way It Is, Another Day In Paradise)
- Stephen Bishop – voce (in Do You Remember?)
1. Hang In Long Enough
2. That’s Just The Way It Is
3. Do You Remember?
4. Something Happened On The Way To Heaven
5. Colours
6. I Wish It Would Rain Down
7. Another Day In Paradise
8. Heat On The Street
9. All Of My Life
10. Saturday Night And Sunday Morning
11. Father To Son
12. Find A Way To My Heart
...But Seriously
Una carriera colma di soddisfazioni e sempre all’apice quella di Phil Collins, dapprima protagonista come batterista dei Genesis, con i quali si affermarono come una delle maggiori e più apprezzate progressive rock band dei primi anni ‘70, e poi da solista, fase in cui diede libero sfogo a quella sua vena più “easy-listening” che aveva già manifestato con l’avvento degli anni ’80 anche nella sua band, che proprio sotto la sua direzione, in seguito alla dipartita di Peter Gabriel, subì una rotta meno cerebrale e più legata al mainstream, cosa manifestatasi, almeno in parte, fin da subito grazie a brani quali Follow You, Follow Me (… And Then There Were Three…, 1978) o Misunderstanding (Duke, 1980). E così Phil Collins per molti fan di vecchia data dei Genesis è anche e soprattutto colui che si è macchiato della colpa di avere reso più semplice ed accessibile il verbo dei Genesis, spostandosi sempre più dal progressive degli inizi, che ebbe la sua ultima e flebile vampata con Abacab del 1981, a quel pop, sempre pronto a strizzare l’occhio alle classifiche, di album come Genesis del 1983 ed Invisible Touch del 1986, odiatissimi dalla critica e dai loro più fedeli sostenitori, accusati di essere troppo leggeri e vuoti, mentre parallelamente aveva già iniziato la sua carriera solista con album di assoluto valore, quali Face Value del 1981, contenente la storica In The Air Tonight, o No Jacket Required del 1985.
Ma la realtà dei fatti è tutt’altra, e cioè che mr. Collins ha dimostrato di essere un’artista completo e duttile, capace di emozionare sia con le lunghe suite cerebrali sia con quelle melodie semplici e dirette che vanno dritte al cuore, in grado di comporre o cantare o suonare la batteria o la tastiera, facendolo sempre con risultati che vanno oltre il semplice e mero apprezzamento. Così quando nel 1989 esce …But Seriously, lo storico batterista dei Genesis non ha nessun bisogno di ulteriori conferme o definitive consacrazioni, ma si muove nel panorama musicale con quella sicurezza propria di chi non deve dimostrare niente a nessuno, sicurezza che gli permette di uscire allo scoperto con un semplice album di pop-rock che rimarrà per sempre nella storia della musica, affrontando nelle liriche temi politici e socio-economici che trovavano perfetta simbiosi nei toni spesso seriosi delle musiche.
Singoli come la bellissima e malinconica I Wish It Would Rain, che vede la presenza di Eric Clapton alla chitarra, o la più dolce Do You Remember?, che vede la partecipazione di Stephen Bishop come seconda voce, si distinguono subito per le loro deliziose ed incantevoli melodie, mostrando un Collins in gran forma sotto ogni punto di vista, sorprende poi l’incredibile cura riposta in ogni minimo particolare e che produce la presenza di numerosi strumenti e strumentisti, in particolare la “The Phoenix Horns” che dona il proprio contributo con trombe e sax nei brani più ritmati e sostenuti come l’opener Hang In Long Enough o la briosa Something Happened On The Way To Heaven, altro singolo che si caratterizza anche per il bel lavoro di backing vocals, o ancora la breve strumentale dal sapore jazzistico Saturday Night And Sunday Morning.
Collins non dimentica il proprio passato progressive che esplicita nella quasi suite Colours, brano che parte lento e malinconico per poi velocizzarsi in una bella seconda parte che manca però del definitivo guizzo vincente e che tratta dell’oppressione della gente di colore in Sud Africa, anche se forse è in quei brani più lenti, nostalgici e romantici, che il cantante e batterista inglese sprigiona il meglio di sé, e questo lo si nota nella triste e struggente That’s Just The Way It Is, brano che tratta del c.d. “The Troubles”, conflitto che ha interessato l’Irlanda del Nord tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90, nella sognante e rilassata Father To Son, senza poi dimenticare il capolavoro nel capolavoro, cioè Another Day In Paradise, una perfetta “instant classic”, tanto da insediarsi presto nelle charts di mezzo mondo e soprattutto in grado di ritagliarsi un suo posto nella storia della musica, un brano emozionante e suggestivo che affronta il problema sociale dei senzatetto, molto sentito dall’autore dopo una sua visita a Washington, e che vede la presenza di David Crosby come seconda voce.
Non ci sono punti deboli o inutili riempitivi, e canzoni come All Of My Life, bellissima la sua introduzione con quel dolce solo di sax, rappresentano sicuramente un apice assoluto in ambito pop, grazie alle sempre splendide melodie, impreziosite dall’ottimo lavoro di backing vocals, dalla presenza del sax di Don Myrick e dal contributo dell’hammond di Steve Winwood, ma lasciano il segno anche la più solare Heat On The Street ed ancor di più la conclusiva ed emozionante Find A Way To My Heart.
Apice nella carriera solista del buon Collins e capolavoro assoluto nel suo genere, …But Seriously è tuttavia un album di alta qualità, destinato quindi a ricoprire un posto importante nella storia della musica rock in senso lato; ben prodotto, ben suonato e particolarmente curato, risulta comunque adatto ad ogni tipo di pubblico, proprio perché riesce in quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario di una qualsiasi opera musicale, cioè emozionare.