Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Atlantic
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Ben Gibbard – voce, chitarra
- Chris Walla – chitarra, tastiere
- Nick Harmer – basso
- Jason McGerr – batteria, percussioni

Tracklist: 

1. Marching Bands of Manhattan (04:12)
2. Soul Meets Body (03:50)
3. Summer Skin (03:14)
4. Different Names for the Same Thing (05:08)
5. I Will Follow You into the Dark (03:09)
6. Your Heart Is an Empty Room (03:39)
7. Someday You Will Be Loved (03:11)
8. Crooked Teeth (03:23)
9. What Sarah Said (06:20)
10. Brothers on a Hotel Bed (04:31)
11. Stable Song (03:42)

Death Cab for Cutie

Plans

Due anni dopo il roboante successo di Transatlanticism si accendono (finalmente) le luci dei riflettori per i Death Cab For Cutie di Ben Gibbard e Chris Walla. Ci voleva un po’ di quel che in gergo musicale si dice “sputtanarsi”, ovvero una breve comparsata nel telefilm The O.C. che per qualche anno ha ammaliato migliaia di adolescenti americani e del nostro continente. Ci voleva un poster del suddetto disco del 2003 nella ultra-tecnologica stanza da letto di Seth Cohen ed un loro concerto nel club di Newport per far capire che i Death Cab For Cutie valeva la pena di ascoltarli. Ci voleva, insomma, un disco di difficile costruzione (tante erano le aspettative), Plans, che si sapeva mai avrebbe raggiunto i livelli eccelsi del predecessore, per scatenare le orde di fans pronte ad ammirare i nuovi protagonisti dell’Indie Rock modernamente inteso.
Doverosa premessa, questa, per dire che la band di Gibbard e Walla, invece, si è dimostrata in grado di zittire anche le male lingue, a dispetto della loro piccola “caduta” che comunque è valsa la copertina e la parte più importante del palcoscenico. Scrivere un disco che desse un seguito al pluridecorato Transatlanticism non era cosa da poco. Farlo con il carattere ed il temperamento di una band sulla definitiva rampa di lancio che non può permettersi di fallire è risultata impresa ancor più ardua.

Il singolo Soul Meets Body è un assaggio della portata che Gibbard e soci hanno preparato per l’ascoltatore. Ma non è nell’importanza del singolo di lancio che si esaurisce un disco comunque piacevole e caratterizzato dalla presenza di molteplici situazioni. I Will Follow You Into The Dark, ad esempio, sembra un regalo alla memoria di Elliott Smith, con l’incedere lento e quasi spettrale (come il titolo, del resto) di una chitarra acustica suonata quasi in sordina. In mezzo c’è una più anonima Summer Skin, con il pianoforte ed una sezione ritmica dall’andamento insicuro a recitare il ruolo di protagonisti. Arriviamo al punto forte di Plans. La monumentale Your Heart Is an Empty Room è il giro di boa del disco. Pezzo semplice e costruito attorno agli accordi ripetuti dell’acustica, con un ritmo ribattuto alla nausea in sottofondo ed un arpeggio di chitarra elettrica a fare da contrappunto. Senza scordare una parte centrale in cui le note del pianoforte si riverberano nell’ambiente, contribuendo a creare quelle atmosfere che rimarranno impresse come quelle peculiari in questo lavoro dei Death Cab For Cutie.

Segue la più insipida Someday You Will Be Loved, prima di Crooked Teeth, altro singolone da hit radiofonica, estratto dall’omonimo EP che ha di poco preceduto l’uscita di Plans. Sembra perdersi in mezzo bicchier d’acqua, la sostanza di questo disco. Idea che il pianoforte iniziale di What Sarah Said spazza via con decisione. Si ritorna alle atmosfere che più si addicono ai Death Cab For Cutie. Si ritorna a pensare che, in fondo, quello di Lake Of Color che accompagnava i baci di Marissa e Ryan nelle avventure dei piccoli ricchi di Orange County, è un dettaglio. Un piccolo incidente che i fans più affezionati dimenticheranno nel cammino di questo Plans che, pur non raggiungendo le vette di Transatlanticism, riesce a tenere la scena con dignità. Si pone come un album che deve stare in ombra al fratello maggiore, ma che piace per le melodie disincantate e le atmosfere sognanti che Gibbard e Walla hanno saputo costruire ancora. Arriviamo in fondo, quindi, con un rifacimento di Stable Song, presente (e più emozionante, a dire il vero) con il titolo Stability, dal finale strumentale nell’EPThe Stabilty del 2002. E allora ripartiamo da capo, perché l’intro di archi di Marching Bands of Manhattan è lì ad attenderci.
Plans sa conquistare senza inutili ruffianaggini. In molti l’hanno definito un lavoro incompleto o comunque “di transizione”. Per noi è una prova di coraggio per una band che saprà stupire ancora.
 

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