Jonatan Nordenstam - Voce
Joakim Rosén - Chitarra
Niklas Sundin - Chitarra
Jonnie Tell - Basso
Joel Lindell - Batteria
1. Parasite
2. Clothing for the dead
3. Revolution at hand
4. Imposters
5. Black void remembrance
6. Repulsive
7. The scum of us all
8. Y.M.B.
9. Warbitrary
10. Facing earth
March Of The Parasite
Quello che ci si presenta tra le mani una volta inserito nel nostro lettore March Of The Parasite dei death-grinders svedesi Laethora, altro non è che l'ennesimo esempio di "spin off" di membri appartenenti ad altre ben più famose band, esperimento che spesso porta a risultati ammirevoli, ma, con la stessa frequenza, anche a deprecabili uscite discografiche.
In questo particolare caso, a far coppia sono stati Niklas Sundin, noto chitarrista degli altrettanto noti Dark Tranquillity, e mezzi The Provenance, altra band svedese dedita ad un metal alternativo e un pò lontano dei canoni espressi in questo disco. E' evidente la voglia di entrambe le parti di dare sfogo alla propria vena creativa più estrema, mettendo insieme dieci tracce di un grind fortemente sporcato dal death di matrice americana (ma effettivamente i due termini sono interscambiabili), che esprime appieno l'identità svedese dei musicisti.
Quindi molto spazio a soluzioni old-school che richiamano gli ultimi Napalm Death, soprattutto nella ricerca di composizioni atmosferiche e ricche di disarmonie come The Scum Of Us All o la conclusiva Facing Earth, canzoni lente e granitiche, quasi doom addirittura, che pesano sull'ascoltatore come macigni. Ma è soprattutto l'elemento che da sempre contraddistingue il grind nato in Svezia a dominare su tutto: il gusto per sonorità apocalittiche (ambito dove i Nasum hanno fatto storia) incontra una marcata predilizione per l'epicità tipicamente morbidangelliana, come dimostrano la perfetta opener Parasite e Revolution At Hand (quest'ultima fortemente influenzata dallo stile della band di Tampa). Il resto del disco si muove all'interno del più classico universo death e grind, con qualche richiamo melodico, una buona prova del cantante Jonatan Nordenstam, molto simile a Barney dei già citati Napalm Death, un velocità media elevata e tracce che si fanno ascoltare senza problemi.
L'unica cosa veramente negativa, dato che anche in questo caso la produzione è ottima, è il fatto di essere un buon disco di maniera, semplice e non troppo estremo rispetto ad altri dischi grind e mancante quindi di quella verve necessaria per conquistare l'ascoltatore. L'idea che ci si fa è proprio quella di un album di evasione dalle band principali, dove, mentre con i più blasonati nomi si sperimentano vie nuove, qui semplicemente si applica quello che si è imparato in anni di professionismo in ambito metal. Divertente, ma in fondo abbastanza vuoto. Meglio di tanta "robaccia" proveniente dalla scandinavia, ma peggio di ottimi lavori come quello dei connazionali Coldworker di qualche mese fa