- Mattias Friberg – voce, chitarra
- Mattias Jeppsson – chitarra
- Jens Hellgren – chitarra, tastiera
- Mathias Oldén – basso
- Karl Arvidson – tastiere
- Marco Hildén – batteria
1. Saturday Nightmares (03:26)
2. Weather Island (03:32)
3. The Invitation (04:07)
4. All the Trees (03:52)
5. Death to My Home Town (03:22)
6. The Black Box (04:00)
7. Forest Eyes (04:25)
8. Thieves in the Palace (07:56)
9. Sometimes (03:14)
10. A New Hope (05:06)
North
La svedese Bad Taste Records ci ha abituati da tempo a produzioni di spessore. Non fa eccezione il nome Logh, band annoverata nel roster dell’ambiziosa label.
Tornano sulla scena dopo quattro anni dal loro ultimo disco in studio; lo fanno con il consueto stile fatto di melodie che colpiscono dritte al cuore e con atmosfere degne di paesaggi surreali da colossal americano. North è il titolo di questo nuovo disco: dieci tracce, senza troppi convenevoli, con l’anima della musica emozionale al limite tra l’Indie Rock ed il Post Emo/Rock, tanto per fare i sofisticati. Sarebbe preferibile, tuttavia, evitare di perdersi in definizioni e ricercate etichette, perché il nome Logh si consolida con questo disco come espressione di sonorità del tutto personali, che poco hanno a che fare con certi canoni dell’attuale scena musicale internazionale.
Sono le chitarre a rappresentare la peculiarità decisiva di North. C’è l’acustica, ma non mancano arpeggi slegati e pieni di riverbero a traspostare l’ascoltatore alla continua ricerca di un punto d’arrivo al quale non si giungerà mai. E’ un paesaggio che si muove piano, di fronte ai nostri occhi, con una certa somiglianza ai Sigur Ros, che balza all’orecchio in maniera via via più decisa, ascoltando North. C’è lo spettacolare inizio di Saturday Nightmares, ma altri momenti emotivi di grande impatti si ergono qua e là. La sconsolata lirica The Invitation culla una melodia dolce e rattristata nel contempo, mentre The Black Box è l’essenza dei Logh in questo capitolo della loro discografia. Intrisa di sconcertante bellezza, la traccia si snoda senza incertezze tra un fondo di chitarra acustica e la voce di Mattias Friberg, in un crescendo di emozioni e tappeti sonori che emergono nel finale con l’affiorare della sezione ritmica, decisiva per quanto poco marcata.
E’ la più limpida immagine di North, che con questa traccia si avvia verso un delicato finale.
L’interpretazione personale ed accattivante delle sonorità dei Logh cambia quasi radicalmente. Emergono ritmi più incalzanti (Thieves in the Palace, ad esempio) che nella parte iniziale del disco non avevamo constatato. Fino alla perla finale, A New Hope, sulla quale scorrono i titoli di coda. L’atmosfera rarefatta della traccia ci riporta davvero ai quadretti più tipici dei Sigur Ros, con un intrecciarsi di suoni lontani e distorti ed il pianoforte sotto la luce dei riflettore con la voce di Friberg.
E’ la conclusione ideale per un disco che ci ha regalato momenti di intensa emozione. E’ l’immagine che ci fa sentire scorrere sul viso la brezza che spazza via le ultime note. E’ l’ultimo respiro di North, insomma.
Un full-lenght così pieno di atmosfera, per gli amanti del genere rappresenterà certamente una novità gradita. Soprattutto perché corrisponde al ritorno sulla scena di una band, i Logh, che ha saputo far tesoro dei dubbi suscitati dalla precedente fatica, dipingendo un quadro di grande raffinatezza e di indiscusso fascino.