- Philip Price - voce, chitarra acustica
- Flora Reed - voce, tastiere
- Dennis Crommett - chitarra elettrica
- Dave Hower - batteria
- Brian Akey - basso
- Jose Ayerve - basso
1. A Benedictation (03:34)
2. Laughing (04:09)
3. Cranky (02:55)
4. Threshing Machine (03:36)
5. Want The Want (05:04)
6. Pills For Sara (04:01)
7. Found Weekend (03:14)
8. Portrait (05:36)
9. Letter To A Friend In Jail (03:48)
10. Looking Down (02:49)
Winterpills
Ascoltare questo disco d'esordio dei Winterpills è un po' come riprendere in mano un vecchio libro di favole. Si, quello che da bambini tutti abbiamo sfogliato con attenzione, attenti a non sciuparne le pagine, per scorgere le immagini più belle e colorate. E' come immergersi in atmosfere sognanti e talmente leggere da permettere di fluttuare un po' con la fantasia. Verso che cosa? Nella direzione di un qualcosa che non è così preciso e definito, a dire il vero, ma che proprio per questo rappresenta un'immagine che si vorrebbe poter mettere a fuoco.
E' il primo appuntamento con la scena che conta, per i Winterpills, che escono nel 2005 con questo self-titled che si presenta davvero con una serie di favole da leggere e da immaginare. Nei toni, nei protagonisti, nei colori; in uno scenario, insomma, che dovrà l'ascoltatore stesso sognare per potervisi immedesimare.
E' musica di grande raffinatezza e priva di sbavature, quella di Philip Price e soci. Con la preziosa voce di Flora Reed, tra le cose più belle di questo disco che scorre lento, disincantato e piacevole, regalandoci momenti di emozioni cristalline. Non c'è nulla di artificioso, soltanto melodia in tono semi acustico, con una sapiente miscela di tappeti sonori e innesti di chitarra acustica ed elettrica.
Fin dalle prime battute i Winterpills dispongono con cura le carte in tavola. Laughing è già in vetta, per ritmo, emotività ed una costruzione melodica di alto livello. Ma il picco vero e proprio è raggiunto con l'ipnotica Cranky. Potrebbe rappresentare il momento Pop essenziale dei Winterpills in questo omonimo album. Non è una definizione azzardata, tutt'altro. Ci fa tendere l'orecchio, cercando di scrutarne ogni singolo antro, cercando di captarne l'accordo decisivo. E' tutto semplice, forse immediato, ma è proprio questa la peculiarità più interessante.
I Winterpills riescono al meglio, dunque, dimostrandolo anche con la successiva Threshing Machine, altro pezzo dalle atmosfere dolci e disteste, con spruzzate di Folk ed un'impronta cantautoriale non indifferente (Conor Oberst, alla storia Bright Eyes, sembra dietro le quinte e dirigere l'orchestra strizzando l'occhiolino al pubblico). Senza troppi fronzoli i Winterpills dipingono quadretti favoleggianti, lasciando la scena quasi priva di scenografia, con un impianto sonoro minimale a regalare poesie ed immagini di impatto emotivo notevole. Ci sono anche Portrait e la conclusiva Looking Down a rimandarci a qualcosa di già sentito: c'è un po' della chitarra di Elliott Smith, forse anche un po' dei suoi momenti struggenti. L'atmosfera, tuttavia, è sempre intrisa di un grande senso di speranza.
Profondità ed emozione sono i tratti dominanti di questo disco, colmo di luci ed ombre che si rincorrono in sentieri tortuosi, tenendosi per mano. Immergersi nel suono dei Winterpills significa entrare in un museo e prendere posto di fronte al quadro più attraente. Significa guardare oltre la tela, e scorgere le immagini della propria vita. Immagini di gioia, stupore, serenità o di tristezza: tutto assieme, un flash dopo l'altro. Significa rimanervi incollati per scorgere l'immagine più lontana, che non a tutti è dato vedere. E' quello a cui i Winterpills, in questo disco pieno di magia, vogliono farci arrivare.