Voto: 
6.8 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Autoproduzione
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Axel - voce, chitarra solista, chitarra acustica, basso elettrico

- Franky - voce, violino

- Dani - chitarra ritmica

- Gigi - batteria




Tracklist: 



1. Longobardia (02:30)

2. Brian Boru's March (02:50)

3. Ragnarok (04:56)

4. Mountainfest (03:10)

Death Army

Ragnarok

I Death Army sono una formazione lombarda che, dopo la pubblicazione di un singolo e di un promo tra il 2002 e il 2003, nel 2004 dà vita a questo primo demo autoprodotto, una mini opera con cui il l'ex quartetto italiano (ora sestetto) cerca di riunire diversi generi, come Folk celtico, la musica medievale e un tocco di Gothic.
La band si distingue dalla quasi totalità del panorama underground nazionale per l’impiego di un violino a sostegno delle sezioni ritmiche e del cantato corale espressivo. Al momento nella band si è anche aggiunta un’arpista che cercherà di fornire un aiuto importante per elevare la qualità complessiva dell’impatto sonoro.
Ragnarok è strutturato in quattro tracce, quattro ballate che a livello lirico descrivono le emozioni del gruppo legato alla sua terra d’origine, la Longobardia, a cui è dedicata la breve introduzione lenta e atmosferica.

Le canzoni sono abbastanza brevi e l’impatto verso l’ascoltatore è buono, nonostante i riff siano a volte sconnessi l’uno con l’altro e numerose influenze sono derivabili completamente dai timbri nordici. Oltre alla strumentale Brian Boru’s March, arrangiata attraverso il soave uso di un violino all Otyg, il brano principale è la title-track Ragnarok, che sarà contenuta all’interno del prossimo full-lenght e dotata di liriche epiche di stampo scandinavo.
Sono ricercabili ottimi spunti compositivi e interessanti scelte stilistiche sebbene l’andamento rimanga abbastanza piatto e prevedibile: si possono riscontrare alcune somiglianze con il genere presentato dai Therion di Theli e Vovin, con numerosi cori su un’architettura sinfonica e tendente al Folk, ampie sezioni di archi e voci incrociate.
Mountainfest chiude questo Ragnarok attraverso il solito accostamento di un tessuto potente e dei temi di violino celtico, che garantisce l’eccellente riuscita del brano, sebbene non siano contenuti passaggi tecnici di elevata difficoltà o altre soluzioni virtuose e intricate: abbastanza carente la stesura del testo di questo pezzo, formato solo da quattro versi che continuano a ripetersi per tutta la durata della festosa ballata.

Tuttavia la band, nelle esibizioni live che hanno seguito l’uscita del primo demo autoprodotto, è notevolmente cambiata in positivo: i toni si sono fatti più oscuri e al tempo stesso più armoniosi grazie all’apporto della piccola arpa celtica, e l’impatto live si prospetta sempre diretto e molto coinvolgente per l’interpretazione del nuovo cantante. In ogni caso la formazione lombarda dovrà ora concentrarsi sul prossimo full-lenght, cercando di strutturare le canzoni con maggiore raffinatezza e regalando così agli ascoltatori le magie ritmiche che riesce a creare in sede live: parlando di Ragnarok invece, esso costituisce una discreta prova da parte del combo italiano, che potrà già distinguersi con le successive pubblicazioni.


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